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Liguria

A Imperia l'identikit degli imprenditori stranieri

Per le Entrate il 51% sono adempienti, i dati completi in una ricerca dell'Università di Genova

"Gli imprenditori stranieri in provincia di Imperia” è il titolo dello studio, presentato a dicembre presso la Camera di Commercio di Imperia e condotto da Guido Locarno, docente di Geografia dell’Università di Genova. L'indagine si è avvalsa della collaborazione delle sedi locali dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inail e dell’Inps e con il patrocinio della Camera di Commercio. La ricerca ha cercato di tracciare una mappa degli imprenditori stranieri del Ponente Ligure evidenziando il ramo merceologico delle attività ed il luogo dove essi si sono radicati. L’imprenditoria degli stranieri è stata analizzata incrociando diverse dimensioni: i rapporti intercorrenti tra nazionalità dell’immigrato e predisposizione all’imprenditorialità, le caratteristiche culturali del fenomeno e il grado di integrazione e di rispetto del complesso di regole che disciplinano l’attività d’impresa.
Un punto di particolare interesse è stato quello relativo al rispetto, da parte degli stranieri divenuti imprenditori in provincia di Imperia, della normativa fiscale, assicurativa e previdenziale. A questo fine sono stati confrontati i dati del Registro delle Imprese con quelli forniti dall’Inail, dall’Inps e dall’Agenzia delle Entrate sedi di Imperia, per verificare quante imprese condotte da stranieri continuino nel tempo ad operare regolarmente.
L’ufficio delle Entrate di Imperia, sulla base dei dati relativi a dichiarazione e versamento dell’IVA, ha così ripartito gli imprenditori stranieri residenti sul territorio di propria competenza: 871 (51%) posso essere considerati adempienti in quanto completamente in regola, 589 (pari al 34,5%) sono parzialmente adempienti in quanto dichiarano regolarmente, ma versano le imposte solo in parte o per nulla, mentre 249 (14,5%) sono inadempienti, cioè non versano completamente il dovuto e dichiarano solo parzialmente le imposte da versare o non le dichiarano del tutto. Ed ovviamente proprio nei confronti di questi si concentra l’azione accertatrice degli uffici.
In generale l’adempimento tributario viene percepito come obbligo “più forte” rispetto a quello relativo al versamento di contributi assicurativi e previdenziali, per cui la percentuale di irregolarità è inferiore. Se guardiamo in dettaglio i vari gruppi nazionali, tra i cittadini comunitari il primato di irregolarità spetta ai britannici, con oltre il 38%, seguiti da anche belgi, tedeschi ed austriaci. I serbi e i montenegrini guidano invece la classifica dell’Europa orientale, seguiti da turchi, albanesi e romeni. Questi ultimi, per il periodo considerato dalla ricerca, non erano ancora cittadini comunitari. Tuttavia sono gli africani a mostrare la maggior percentuale di irregolarità: tra senegalesi, algerini, marocchini e tunisini meno di 4 su dieci sono in regola nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Tra gli asiatici infine è ampia la forbice tra il comportamento dei cinesi (solo il 23% di irregolarità) e dei bengalesi, dove la quota sale al 65%.
La ricerca evidenzia, inoltre, che la propensione alla regolarità è legata alla durata del progetto migratorio: quanto più questo è stabile, come nel caso dei cinesi, tanto più l’imprenditore cerca di avere un rapporto generalmente corretto con le autorità fiscali, per non pregiudicare il prosieguo della propria attività. Invece, dietro casi di evasione totale dell’IVA vi sono spesso aziende precarie, con progetti migratori “a tempo” che puntano a procrastinare quanto più a lungo possibile gli accertamenti fiscali nella consapevolezza che alla resa dei conti l’attività sarà comunque destinata a cessare.

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