Con un 36-bis che non lascia dubbi
inutile l’invito prima della cartella
Lo Statuto del contribuente non impone il contraddittorio preventivo quando dal controllo automatizzato da cui deriva l’iscrizione a ruolo non emergono incertezze interpretative
Lo ha precisato la Corte di cassazione con l’ordinanza 19664 del 27 agosto.
I fatti
Il ricorso di una contribuente avverso una cartella di pagamento per Irpef 2002, dovuta al controllo automatizzato della dichiarazione e non preceduta da alcuna comunicazione, è stato accolto in primo grado.
La controversia, tuttavia, è stata definita con l’accoglimento dell’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate e con il rigetto del successivo ricorso per cassazione della contribuente.
In particolare, la signora ha assunto anche la violazione dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 e dell’articolo 6, commi 1 e 5, della legge 212/2000, in quanto la Commissione tributaria regionale di Napoli aveva ritenuto non obbligatoria la preventiva comunicazione indicata nel predetto articolo 6.
La Corte ha respinto il ricorso affermando che “… come chiaramente risulta dal testo di legge …, l’art. 6, comma 5, cit. non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’ (v. Cass. n. 7536/2011; n. 795/2011; n. 26316/2010)…” (Cassazione, ordinanza 19664/2013).
Osservazioni
Sulla base delle diposizioni contenute nell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 (e, ai fini Iva, nell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972), l’Amministrazione procede (anche) alla liquidazione delle imposte entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo.
Tale liquidazione è operata mediante un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge relativi a errori materiali e di calcolo immediatamente rilevabili e manifestamente evidenti (senza la necessità, quindi, di alcuna istruttoria) ovvero a vizi di forma nella compilazione o, ancora, a indicazioni oggettivamente contraddittorie, qualora, tali vizi e irregolarità siano intrinseci alla dichiarazione stessa (senza cioè desumere aliunde i parametri della verifica e senza pervenire alla correzione dei vizi o delle irregolarità riscontrate sulla base di una diversa valutazione qualitativa o quantitativa del presupposto di imposta – Cassazione, sentenza 9224/2011).
Se dal controllo automatico emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l’esito della liquidazione viene comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.
Comunicazione, questa, che è obbligatoria solo laddove vi siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (articolo 6, comma 5, della legge 212/2000).
Fuori da tali ipotesi, l’omessa comunicazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle irregolarità emerse dalla liquidazione delle imposte all’esito del controllo automatizzato della dichiarazione (articolo 36-bis del Dpr 600/1973) non determina alcun vizio per la successiva cartella di pagamento.
Ciò per due motivi: uno, chiaramente enunciato dai giudici di legittimità nella fattispecie sottoposta al loro vaglio, è costituito dal dettato della disposizione; l’altro, richiamato con un rinvio al costante orientamento seguito dalla stessa Corte, è relativo alla “ratio” di tale comunicazione.
In tema di riscossione delle imposte, l’articolo 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, impone l’obbligo del contraddittorio preventivo non in tutti i casi in cui si deve procedere a iscrizione a ruolo, ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, ma solo “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.
Situazione, quest’ultima, che non ricorreva nella fattispecie esaminata dai giudici di piazza Cavour e che, invece, supponeva un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo.
Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione” come condizione del contraddittorio (Cassazione, ordinanza 19664/2013 e sentenza 8342/2012), né l’avrebbe indicata quale suo presupposto (Cassazione, sentenza 795/2011, ordinanze 7536/2011 e 23557/2012).
La legittimità della cartella di pagamento non preceduta da alcuna comunicazione emerge quindi sia dal dato letterale dell’articolo 6 della legge 212/2000, sia perché la norma in materia di liquidazione delle dichiarazioni (articolo 36-bis del Dpr 600/1973) in generale non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento (Cassazione, sentenza 26361/2010 e ordinanza 16779/2012), sia infine per la funzione della stessa comunicazione.
La comunicazione, infatti, non costituisce un atto prodromico necessario della riscossione delle imposte a titolo definitivo (Cassazione, sentenza 15649/2013).
Tenuto conto che lo scopo di tale comunicazione è espressamente indicato dalla legge nel fine di “evitare – al contribuente – la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione di aspetti formali”, la Corte ha ritenuto che si è in presenza di un adempimento rivolto a orientare il comportamento futuro dell’interessato e che esula dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti della cartella di pagamento (Cassazione, ordinanza 18549/2012; sentenze 17396 e 26361 del 2010).