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Giurisprudenza

Abuso del diritto, dalla Cassazione
puntuali chiarimenti e principi

Integrano gli estremi del comportamento abusivo quelle operazioni economiche, che hanno la sola finalità di ottenere vantaggi fiscali, cioè che non hanno alla base altra spiegazione

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Con la sentenza n. 1166, del 16 gennaio 2023, la suprema Corte di cassazione si è espressa riguardo all’abuso del diritto, fornendo utili chiarimenti e principi.
Nella carta costituente e nelle indicazioni della raccomandazione n. 2012/772/Ue è rinvenibile il generale principio antielusivo, il quale è stato decodificato dal legislatore nazionale con l’introduzione del comma 1, articolo 10-bis della legge n. 212/2000, recante la “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, il quale definisce quando un’operazione può essere considerata abusiva.

La norma antielusiva prevede che l’amministrazione finanziaria debba identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:

  • l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni realizzate, consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali
  • l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale
  • la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.

Conseguentemente, il mancato riscontro di anche solo uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina, ovviamente, l’assenza di abusività dell’operazione.

Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali.
Quindi, l’amministrazione finanziaria può contestare l’abusività di un’operazione, se riesce a dimostrare che ricorrono contestualmente i seguenti tre requisiti:

  1. mancanza di sostanza economica
  2. essenzialità dei vantaggi fiscali, ovvero assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali
  3. conseguimento di vantaggi fiscali indebiti.


Da un punto di vista metodologico, tale riscontro dovrebbe basarsi in primis sull’assenza della sostanza economica dell’operazione, in secondo luogo sull’assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali, e nel caso in cui vi fosse la rispondenza di entrambi i requisiti, l’eventuale vantaggio fiscale sarebbe da considerarsi “indebito”.
Pertanto, all’amministrazione finanziaria spetta delineare i termini del disegno elusivo e l’uso strumentale di determinati schemi negoziali, al fine di conseguire un vantaggio fiscale. Invece, compete al contribuente fornire la prova dell’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non marginale o teorico che ne escludano l’abusività.

La vicenda processuale
Una società si è dedotta, fiscalmente, una minusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione che deteneva in una società controllata non residente. Gli uffici finanziari hanno recuperato a tassazione la suindicata minusvalenza milionaria, considerandola fiscalmente non deducibile, in quanto ha rilevato l’uso strumentale di determinati schemi negoziali al solo fine di conseguire un vantaggio fiscale, ovvero uscire dal regime di detassazione pex.
Infatti, la partecipazione oggetto di cessione possedeva i requisiti pex, tale regime prevede una detassazione al 95% delle plusvalenze di partecipazioni, in presenza delle quattro condizioni di cui all’articolo 87, primo comma, del Tuir, ovvero:

  • holding period, ovvero una durata minima di detenzione
  • iscrizione dal primo anno nelle immobilizzazioni finanziarie
  • società non in paesi black list
  • commercialità dell’attività svolta dalla società partecipata,

simmetricamente, non riconosce deducibili le eventuali minusvalenze derivanti dal realizzo delle medesime partecipazioni.
Invece, nel caso in cui non vi siano i suindicati requisiti, le eventuali minusvalenze sarebbero deducibili dal reddito di impresa e le eventuali plusvalenza sarebbero imponibili.

Principi delineati nella sentenza
Dalla lettura della sentenza in commento emergono principi e chiarimenti degni di approfondimento. In particolare, viene chiarito, che la presenza di specifiche disposizioni antielusive non limita l’ambito di applicazione della disposizione antielusiva generale, disciplinata dall’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione.

I giudici di legittimità evidenziano che integra gli estremi del comportamento abusivo quell'operazione economica che ponga, quale elemento prevalente della transazione, la finalità di ottenere vantaggi fiscali, se quell’operazione non ha altra spiegazione che il mero conseguimento di risparmi d'imposta.
Ovviamente, incombe sull’amministrazione finanziaria provare che il disegno elusivo e le modalità di manipolazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato, sono perseguiti al solo fine di ottenere il vantaggio fiscale. Parimenti, spetta al contribuente dimostrare l'esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti, che giustifichino le operazioni strutturate in quel determinato modo.

Il collegio evidenzia che è configurabile l'abuso del diritto se viene dimostrata dall’ufficio la mancanza della sostanza economica, l’assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali e la presenza di un vantaggio fiscale indebito. Conseguentemente, deve esistere un’operazione alternativa, più funzionale al raggiungimento dell'obiettivo economico perseguito dalle parti, per la quantificazione del suindicato vantaggio fiscale.
Nella sentenza, la Corte suprema, richiamando la raccomandazione 2012/772/Ue, definisce “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni” quella costruzione, o serie di costruzioni, prive di sostanza commerciale, ovvero di sostanza economica.

Risulta opportuno ricordare, che la scelta di un'operazione fiscalmente più vantaggiosa è legittima e non è sufficiente a integrare una condotta elusiva, quando è l’ordinamento tributario a prevedere tale facoltà. Si configura un abuso del diritto se si traduce in uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d'impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio, ma esclusivamente o essenzialmente il beneficio fiscale.

Conclusioni
Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, secondo il quale l'amministrazione finanziaria disconosce e dichiara non opponibili le operazioni e gli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti solo a conseguire vantaggi fiscali.
Come già ampiamente evidenziato, incombe sull'amministrazione l'onere di spiegare e dimostrare che il complesso delle operazioni hanno carattere anomalo o inadeguato rispetto all'operazione economica intrapresa, in considerazione delle alterazioni degli schemi negoziali, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale.
Invece, spetta al contribuente provare la sostanza economica dell'operazione, o la presenza di ragioni extra fiscali non marginali, diverse dal mero risparmio fiscale, che giustifichi le operazioni strutturate in tal modo.
Da un punto di vista sanzionatorio, il legislatore non ritiene gli atti elusivi quale criterio scriminante per l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie, che, al contrario, sono irrogate quale naturale conseguenza dell'esito dell'accertamento volto a contrastare il fenomeno dell'abuso del diritto.
All'opposto, da un punto di vista penal-tributario, la normativa esclude espressamente che le operazioni che siano prive di sostanza economica e realizzino vantaggi fiscali indebiti possano dar luogo a fatti penalmente rilevanti.

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