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Giurisprudenza

Per gli accertamenti bancari è regolare l’inversione probatoria

Legittimo l’utilizzo dello strumento presuntivo secondo cui versamenti e prelevamenti sono considerati ricavi

sportello banca
Nell’ambito di un accertamento bancario, avente a oggetto la contestazione di movimentazioni di denaro sul conto corrente del contribuente, l’Amministrazione finanziaria non è onerata a fornire alcuna prova circa la sua pretesa. Al contrario, spetta al contribuente provare, con giustificazioni precise e analitiche, l’irrilevanza, ai fini reddituali, delle movimentazioni contestate.
Questo, in sintesi, il principio di diritto desumibile dalla sentenza della Cassazione n. 18339, del 17 agosto 2009.

La vicenda
La controversia trae origine dall’emissione di un avviso di accertamento bancario (ai sensi degli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 51 del Dpr 633/1972), relativo all’anno 1996, con il quale l’agenzia delle Entrate aveva rettificato il reddito di una società attraverso l’utilizzo, in via presuntiva, dei dati emersi dal controllo dei conti correnti intestati ai soci. 
Il ricorso del contribuente veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale.
Successivamente, i giudici di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, mettevano in discussione il legittimo utilizzo dello strumento presuntivo in relazione all’accertamento in questione.
 
La sentenza
In seguito al ricorso dell’agenzia delle Entrate, la Suprema corte, cassando con rinvio ad altra sezione della Ctr, ha ritenuto che il collegio giudicante abbia mal interpretato il valore della presunzione stabilita dagli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 51 del Dpr 633/1972.
Secondo i giudici di piazza Cavour, i richiamati articoli, devono essere interpretati tenendo presente che“… Il Dpr n. 600 del 1973, art. 32, nel caso di acquisizione di conti correnti bancari, impone di considerare ricavi sia le operazioni attive, sia quelle passive. Il legislatore considera, fino a prova contraria, ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti, in quanto non ritiene che il contribuente evasore occulti in pari misura i ricavi ed i costi; anzi, la norma muove dal presupposto che il contribuente tenda ad occultare i ricavi, ma non i costi…”.

Per i giudici di legittimità, in tema di accertamenti bancari, seppure non nominata dalla norma, sussiste una presunzione legale a favore dell’Amministrazione secondo la quale, i prelevamenti e i versamenti operati dal contribuente sul proprio conto sono considerati ricavi.
Tale presunzione dispensa, di per sé, l’Amministrazione dal fornire qualsiasi prova in merito alla sua pretesa e, al contrario, pone l’onere probatorio a carico del contribuente. Pertanto, quest’ultimo può “vincere” la presunzione oppostagli, attraverso la dimostrazione che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari e che i versamenti sono stati registrati in contabilità o sono irrilevanti ai fini della determinazione del reddito.

Osservazioni
La sentenza, nell’affrontare il tema della prova negli accertamenti bancari e del soggetto tenuto a fornirla, si sofferma inoltre su ulteriori problematiche.
In particolare, su due aspetti: l’uno a carattere oramai consolidato, l’altro, invece, innovativo.
Con riferimento al primo, si ribadisce il principio più volte evidenziato dalla Cassazione (cfr Cassazione, sentenze nn. 11750/2008, 18868/2007, 28324/2005 e 8422/2002), secondo cui i precetti di cui agli articoli 32 e 51, seppure implicitamente, contengono una vera e propria presunzione legale a favore del Fisco. Il legislatore, in questo modo, ha inteso predeterminare il legame fra “l’evento noto” (prelievi e/o versamenti sul conto corrente del contribuente) e l’“evento ignoto” riguardante la produzione di ricavi per l’impresa.
Sulla base di questi presupposti, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente basare un proprio accertamento, senza avvalersi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, previsti dall’articolo 2729 del codice civile. In ogni caso, trattasi di presunzione legale relativa, per la quale è ammessa la prova contraria che, nel caso in esame, consiste nella dimostrazione che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari e che i versamenti sono stati registrati in contabilità o sono irrilevanti ai fini della determinazione del reddito.
 
L’altro aspetto riguarda la “qualità” della prova che il contribuente deve fornire. La Cassazione, infatti, ritiene che per vincere la presunzione di cui sopra non sia sufficiente giustificare le movimentazioni con argomentazioni “fondatamente giustificabili”e che non sia affatto irrilevante che esse “non siano giustificabili analiticamente”.
 
Pertanto, il contribuente che vuole sostenere le sue ragioni davanti ai giudici del merito, deve provare, in maniera rigorosa e per ogni singola operazione di conto corrente, che le giustificazioni da lui addotte siano riconducibili, sicuramente e univocamente, alla singola movimentazione di conto corrente contestata nell’avviso di accertamento. Nel caso contrario, tali giustificazioni non potranno mai costituire una prova sufficiente a superare la presunzione stabilita dalla legge.
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