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Giurisprudenza

Accertamento illegittimo per insufficiente indicazione delle aliquote

Ma il vizio di invalidità può essere sanato mediante l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva

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Con la sentenza 27 giugno 2005, n. 13810, la sezione V della suprema Corte di cassazione ha considerato illegittimo un avviso di accertamento emesso ai fini Irpef e Ilor, per il recupero a tassazione di ricavi non contabilizzati, a causa della mancata indicazione di tutte le aliquote Irpef applicate per la determinazione dell'imposta. Nei due gradi di merito, l'atto d'imposizione veniva dichiarato nullo ai fini Irpef per la mancata indicazione, in violazione dell'articolo 42 del Dpr 600/73, dell'aliquota massima concretamente applicata, mentre ai fini Ilor veniva considerato legittimo l'atto d'imposizione e, nel contempo, rideterminata la pretesa dell'ufficio.

La suprema Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell'atto d'imposizione, ha riformato la sentenza d'appello sulla base dei seguenti principi:

  • l'atto di accertamento, relativamente all'Irpef, deve contenere la precisa indicazione delle aliquote applicate per la determinazione delle imposte dovute
  • la mancata indicazione delle aliquote progressive Irpef travolge l'intero atto d'imposizione, posto che la base imponibile è la stessa anche ai fini Ilor.

Il primo principio enunciato dai giudici di legittimità, si fonda su un consolidato orientamento della Cassazione (cfr. Cass., sez. tributaria, 21 marzo 2001, n. 4061; sez. I, 2 agosto 1994, n. 7188; sez. I, 22 gennaio 1993, n. 777) in base al quale "l'avviso di accertamento ai fini Irpef il quale non riporti l'aliquota applicata ma contenga solo l'indicazione delle aliquote minima e massima viola il principio di precisione e chiarezza delle 'indicazioni' che è alla base del precetto dell'art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973, alla funzione di tutela del diritto di immediato e agevole controllo che al contribuente deve essere consentito, ed incorre, pertanto, nella sanzione di nullità disposta dal comma 3 dello stesso articolo". In particolare, la Corte giustifica questo orientamento sul fatto che il Dpr 600/73, a differenza di quanto previsto nella previgente disciplina di cui al Dpr 645/58, indica compiutamente i requisiti essenziali dell'avviso di accertamento, comprendendovi tutte le componenti che evidenziano il collegamento dei presupposti d'imposta alla determinazione in concreto e quantitativa dell'imposta netta. In tale quadro normativo, il contribuente deve essere in grado di poter facilmente determinare l'imposta netta richiesta con l'avviso di accertamento, non essendo sufficiente a tal fine l'indicazione delle aliquote minima e massima, né il generico riferimento alla tabella allegata al Dpr 600/73.
Viene inoltre evidenziato, con la sentenza 23 novembre 1994, n. 9905 (nello stesso senso cfr. Cass. 10 novembre 2000, 14626), che il terzo comma dell'articolo 42 del Dpr 600/73 prevede che "l'avviso di accertamento è nullo se non reca, tra l'altro, le indicazioni stabilite nel secondo comma; tra queste indicazioni, il secondo comma annovera le aliquote applicate. La mancata specificazione delle aliquote è, quindi, per legge, motivo di nullità dell'accertamento, sicché la relativa dichiarazione da parte del giudice non è ... espressione di eccessivo garantismo, ma costituisce solamente corretta applicazione della norma".

A tale consolidato orientamento, se ne contrappone un altro più datato (cfr. Cass., sez. I, 2 giugno 1992, n. 6714; 26 giugno 1992, n. 8020), secondo il quale è legittimo l'avviso di accertamento contenente l'indicazione delle sole aliquote minima e massima applicate (e l'allegazione della tabella delle aliquote progressive per scaglioni vigenti) e l'esposizione della metodologia utilizzata per la determinazione dell'imposta dovuta, in quanto non comprime l'esercizio del diritto alla difesa del contribuente.

Per quanto riguarda l'illegittimità dell'atto d'imposizione nel suo complesso, la Corte di cassazione ha evidenziato il carattere unitario dell'accertamento, con la conseguenza che non può sostenersi la parziale nullità, ad alcuni effetti, e la parziale validità per altri.
Più esattamente, la sentenza n. 13810 del 2005, richiamando la precedente pronuncia del 4 marzo 1999, n. 1809, ha precisato che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la nullità, per mancata o insufficiente indicazione dell'aliquota Irpef, dell'avviso di accertamento, emesso sia ai fini Irpef che Ilor, colpisce l'atto nel suo complesso, senza possibilità di configurare una nullità parziale dello stesso, atteso che l'accertamento ha ad oggetto il reddito imponibile, che resta identico nelle due imposte". L'illegittimità dell'intera pretesa trarrebbe fondamento dall'articolo 38, secondo comma, del Dpr 600/73 che prevede che la rettifica deve essere fatta con un unico atto, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta locale sui redditi, e dall'articolo 42, terzo comma, del medesimo Dpr 600/73 nella parte in cui prevede la sanzione della nullità dell'accertamento per la mancanza della sottoscrizione, delle indicazioni e della motivazione.
Sulla scorta delle due disposizioni, e non essendovi contrarie disposizioni del legislatore, la Corte ha affermato la unicità dell'avviso di accertamento, con la conseguente impossibilità di ipotizzare una nullità parziale (limitata alla sola Irpef) dell'atto d'imposizione.

La Corte, poi, ha anche specificato che l'Ilor concretamente applicata alla materia imponibile non è sempre pari all'aliquota ordinaria del 15 per cento, essendo possibile, per talune fattispecie, l'applicazione di una diversa aliquota agevolata (cfr, Cass., sez. tributaria, 6 aprile 2002, n. 4944; 17 dicembre 2001, n. 15919). Pertanto, anche per l'imposta locale sui redditi, è necessaria l'esatta indicazione dell'aliquota applicata nella determinazione dell'imposta dovuta.
Peraltro, sulla specifica questione dell'aliquota Ilor, si segnalano divergenti orientamenti della suprema Corte. In particolare, con la citata sentenza n. 777 del 1993, è stata affermata la sostanziale semplicità nella determinazione della pretesa per quelle imposte ad aliquota unica (come l'Ilor) rispetto a quelle imposte progressive per scaglioni (come l'Irpef), per le quali non basta l'indicazione dell'aliquota media o delle aliquote minima e massima. Più precisamente, come sostenuto dai giudici di legittimità, "l'indicazione dell'imponibile e dell'aliquota consente, con agevole calcolo diretto, il controllo quantitativo dell'imposta, identicamente mediante l'indicazione dell'imponibile e dell'imposta, con un altrettanto agevole calcolo inverso, il contribuente può determinare l'aliquota, per cui potrebbe ben sostenersi che, in tal caso, l'indicazione dell'aliquota sia avvenuta nell'avviso in modo indiretto, tramite gli elementi di calcolo dai quali ricavarla, senza tuttavia incidere sul livello di semplicità e di agevolezza della tutela dalla legge voluta".

Per completezza, si evidenzia che il vizio di invalidità dell'avviso di accertamento per la mancata indicazione delle aliquote può peraltro essere sanato dall'Amministrazione mediante l'esercizio del potere di "autotutela sostitutiva", esperibile attraverso la rinnovazione ex nunc dell'atto viziato. Tale possibilità è stata riconosciuta dalla stessa consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione (su tutte cfr. sez. V, 16 luglio 2003, n. 11114), che ha ritenuto legittimo l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva, a condizione che l'atto impositivo sia inficiato esclusivamente da nullità derivante da vizi di natura formale (ad esempio, omessa indicazione delle aliquote d'imposta ovvero errata individuazione del destinatario della notifica) tali da non incidere sull'esistenza o l'ammontare del credito tributario.

Tuttavia, la rimozione degli errori formali sarebbe condizionata, secondo l'orientamento della stessa suprema Corte, dai seguenti limiti:

  • la rinnovazione dell'avviso di accertamento presuppone il mancato decorso del termine di decadenza dell'azione accertatrice, previsto, per le imposte dirette, dall'articolo 43 del Dpr 600/73
  • la rinnovazione è preclusa qualora sia intervenuto giudicato di merito in relazione all'atto da annullare. Si tratta del generale limite frapposto al potere di autotutela, comune sia all'autotutela sostitutiva che all'annullamento d'ufficio
  • la rinnovazione deve "essere preceduta dall'annullamento del precedente atto impositivo, ai fini della tutela delle ragioni di difesa del contribuente e del divieto della plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto ex art. 67 DPR n. 600 del 1973".


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