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Giurisprudenza

Accertamento con parametri, conferma di legittimità

Non obbligatorio, per i decreti di approvazione, l'ok preventivo del parere del Consiglio di Stato

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L'Agenzia delle entrate di Roma aveva notificato un avviso d'accertamento determinando il reddito Irpef sulla base dei parametri di cui ai Dpcm del 29/1/1996 e 29/3/1997.

La Ctp di Roma, accogliendo l'eccezione sollevata dal contribuente, aveva annullato l'accertamento, in quanto per tali decreti non era stato osservato il procedimento prescritto dall'articolo 17 della legge n. 400 del 23/8/1988, il quale, al comma 4, stabilisce che i regolamenti governativi e quelli ministeriali possono essere adottati solo dopo aver sentito il parere del Consiglio di Stato, che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, e dopo essere stati sottoposti al visto e alla registrazione da parte della Corte dei conti.
In altre parole, i primi giudici hanno ritenuto che tali decreti fossero di natura regolamentare, in quanto tali soggetti al rispetto della inapplicata ma obbligatoria procedura di cui al citato articolo 17 della legge n. 400/1988.

Sull'impugnazione dell'ufficio, la VII sezione della Ctr di Roma, con sentenza n. 138 pubblicata il 6/3/2006, ha statuito la legittimità di tali decreti, ribadendo e ampliando la motivazione espressa sul tema in una recente sentenza resa dalla stessa Ctr (sentenza numero 127, depositata il 25/1/2006).

E' il caso di precisare che ben tre sezioni della Ctr di Roma nell'anno 2006 sono intervenute, diversamente statuendo, su tale fattispecie; esse, inoltre, fanno seguito ad altre pronunce rese in passato da diverse Commissioni tributarie regionali (Ctr Puglia n. 42/2005, Ctr Toscana n. 78/2005, Ctr Lombardia n. 10/2005, tutte schierate per l'illegittimità, e Ctr Basilicata n. 215/1999, di segno opposto).

In particolare, con la sentenza n. 9, la XVIII sezione della Ctr del Lazio si è espressa nel senso di ritenere illegittimi i decreti, ritenendo che gli stessi, contenendo disposizioni emesse in applicazione di norme primarie previste dall'articolo 3, commi 181 e 184, della legge n. 549/1995, hanno natura sostanziale di un regolamento d'esecuzione.

Con la sentenza n. 3 del 2006 (vedi "Salvi gli accertamenti parametrici", su FISCOoggi del 22 febbraio 2006), invece, la X sezione della medesima Ctr del Lazio ha statuito la legittimità del decreto con due diversi motivi:

  1. la procedura d'adozione del decreto attuativo della legge n. 549/1995, puntualmente individuata dall'articolo 3, comma 186, non prevede l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato
  2. trattandosi di norma speciale, si deve ritenere che essa prevalga, in deroga, sulla disposizione generale sulla formazione degli atti governativi prevista dall'articolo 17 della legge n. 400/1988, in cui si rinviene l'obbligo del previo parere consultivo.

Le sentenze con le quali i giudici tributari si sono pronunciati sull'illegittimità o meno dei decreti contenenti i parametri da utilizzare ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi non si sono mai soffermate su una previa e necessaria qualificazione giuridica dei decreti in parola, ovvero sulla "previa enunciazione dei criteri di riconoscimento di siffatti atti normativi" per utilizzare le parole utilizzate dal collegio laziale; questione che, invece, viene puntualmente analizzata con la sentenza n. 138 in commento.

Ai fini della risoluzione della controversia, torna utile riferirsi ai principi contenuti nella sentenza della Suprema corte a Sezioni unite n. 1024/1994, condivisi, peraltro, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. In tale sentenza, la Corte ha avuto modo di precisare che "i regolamenti sono espressione di una potestà normativa attribuita all'Amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano, appunto, i caratteri della generalità e dell'astrattezza, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell'applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono".

Nel caso dei decreti in commento, osserva il collegio, essi "recano approvazione della metodologia d'accertamento di proventi, avuto riguardo a singole attività economiche, su base statistica"; non hanno, in altre parole, effetti innovativi sull'ordinamento, ma si limitano alla predisposizione di strumenti statistici idonei a sorreggere una presunzione di ricavi.
Com'è stato riconosciuto anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 105 del 2003), le norme che prevedono l'emanazione dei suddetti decreti (articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549/1995) delineano "ogni aspetto fondamentale dell'accertamento fiscale fondato su parametri presuntivi, definendone la tipologia d'accertamento (analitico presuntivo ex art. 39, comma 1, del Dpr n. 600/1973),...i criteri generali di elaborazione dei parametri (comma 184)".

Dunque, la parte rimessa dalla legge ad atti amministrativi ha un presupposto normativo nella legge stessa e definisce il loro contenuto esclusivamente come elaborazione di un metodo statistico: per questa ragione, non rivestendo carattere innovativo dell'ordinamento, non soggiacciono alle regole fissate - ai fini della loro legittima efficacia - dal più volte citato articolo 17, comma 4, della legge n. 400/1988 e sono, pertanto, da ritenere legittimi.

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