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Giurisprudenza

Affidare a terzi la contabilità
non differisce il versamento Iva

Ne consegue solo una diversa modalità di calcolo dell’importo dovuto a seguito della liquidazione: occorre far riferimento all’imposta divenuta esigibile nel secondo mese precedente

In materia di Iva, l’affidamento a terzi della contabilità comporta esclusivamente una differente modalità di calcolo dell’imposta da versare in base alle liquidazioni mensili (dovendosi far riferimento all’imposta divenuta esigibile nel secondo mese precedente), senza incidere sul termine di versamento, il quale deve essere in ogni caso effettuato entro il giorno 16 di ciascun mese.
Infatti, dal tenore delle norme di riferimento non vi è ragione di ritenere che al diverso calcolo dell’imposta da versare (determinato dalla non pronta disponibilità della documentazione contabile, quando la contabilità viene eseguita non nell’ambito della stessa azienda) corrisponda anche un diverso termine per effettuare il versamento dell’imposta stessa.
Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 5401 del 18 marzo 2016, confermando sulla questione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità.
 
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Un contribuente riceveva la notifica di una cartella di pagamento ai sensi dell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972 per tardivo versamento dell’Iva. In sede di impugnazione eccepiva il proprio comportamento concludente di affidamento della contabilità a un dottore commercialista.
 
Sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale accoglievano le doglianze del contribuente annullando, l’atto impugnato.
 
Con il successivo ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione dell’articolo 1, Dpr 100/1998, ritenendo che la liquidazione dell’Iva il secondo mese successivo a quello in cui l’imposta sia divenuta esigibile integri la fattispecie di tardivo versamento (articolo 13 del Dlgs 471/1997) anche per il contribuente che affidi a terzi la contabilità.
La Cassazione ha ritenuto fondata la censura, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria.
 
Secondo i giudici di legittimità, il chiaro tenore dell’articolo 1 del Dpr 100/1998 (secondo cui “il contribuente che affida a terzi la tenuta della contabilità può fare riferimento, ai fini del calcolo della differenza di imposta relativa al mese precedente, all’imposta divenuta esigibile nel secondo mese precedente”) non comporta alcuno slittamento dei termini per il versamento dell’imposta.
Infatti, lo stesso legislatore prevede espressamente che la liquidazione Iva, e dunque il versamento dell’imposta, debba essere effettuato entro il termine previsto dal comma 1 e, quindi, entro il giorno 16 di ciascun mese seguente, anche nell’ipotesi in cui il contribuente abbia optato per il regime di contabilità presso terzi.
 
Ulteriori osservazioni
Il Dpr 633/1972, articolo 27, comma 1, successivamente abrogato, dispone(va) che “... il contribuente che affida a terzi la tenuta della contabilità, ai fini del calcolo della differenza di imposta relativa al mese precedente può fare riferimento alle annotazioni eseguite per il secondo mese precedente...” e il comma 2, che “entro il termine previsto dal comma 1, il contribuente deve versare l’importo della differenza a norma dell’articolo 38”.
La disciplina è analoga a quella successivamente dettata dal Dpr 100/1998, articolo 1, come modificato dal Dpr 542/1999, articolo 2, comma 3, il quale dispone, nel comma 3, che “il contribuente che affida a terzi la tenuta della contabilità può fare riferimento, ai fini del calcolo della differenza di imposta relativa al mese precedente, all'imposta divenuta esigibile nel secondo mese precedente” e, nel comma 4, che “entro il termine stabilito nel comma 1, il contribuente versa l’importo della differenza nei modi di cui al Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 38”.
 
I contribuenti tendono ad applicare tale disposizione, ritenendo che essa incida sul termine di versamento piuttosto che sulle modalità di calcolo: da tale discrepanza di vedute con l’amministrazione finanziaria, deriva l’emissione di numerose cartelle di pagamento emesse ai sensi dell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972, oggetto poi di contenzioso presso le commissioni tributarie.
 
Sul punto, si registra ormai un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, favorevole all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate.
Seppure con riferimento all’articolo 27 del Dpr 633/1972, parzialmente abrogato dall’articolo 1 del Dpr 100/1998 riproponendone tuttavia il medesimo contenuto, la Corte di cassazione, con sentenza 26336/2009, ha chiaramente affermato che “da siffatta opzione circa la scelta della contabilità non discende affatto contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, che essa fosse autorizzata a ritardare i versamenti periodici dell’Iva di un mese”.
 
A parere della giurisprudenza di legittimità (cfr anche Cassazione, 21192 e 18676 del 2008) “tale scelta infatti va intesa nel senso che il versamento doveva sempre essere relativo al mese precedente, anche se il calcolo dell’imposta dovuta era basato su annotazioni eseguite per il secondo mese precedente. In altri termini, non vi è alcuna ragione per ritenere che al diverso calcolo dell’imposta da versare (giustificato dal fatto della non pronta disponibilità della documentazione contabile quando la contabilità viene eseguita non nell’ambito della stessa azienda), dovesse corrispondere anche un diverso termine per effettuare il versamento dell’imposta stessa, ciò che non sarebbe legittimato da alcuna plausibile esigenza, né di ordine formale, né di ordine pratico”.
 
Emblematica da tale punto di vista è la vicenda conclusasi in Cassazione con la sentenza 9958/2013. Con una sentenza del 2006, la Ctr della Toscana rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di primo grado. I giudici di merito ritenevano infatti legittimo il comportamento del contribuente che, in relazione all’Iva, aveva effettuato tutti i versamenti mensili, pur procrastinando il pagamento al secondo mese successivo, in forza dell’articolo 27, Dpr 633/1972, oggi sostituito dall’articolo 1, Dpr 100/1998.
 
A seguito della “doppia conforme”, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione, affidato a un unico motivo. In particolare, l’Amministrazione finanziaria denunciava, si sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, del codice di procedura civile, violazione e falsa applicazione del suindicato articolo 27 vigente ratione temporis. Tale articolo, nel dettare le modalità di liquidazione e versamento mensili dell’imposta sul valore aggiunto, prevede una deroga per chi affida la tenuta della propria contabilità a terzi: costoro, infatti, ai fini del calcolo della differenza di imposta relativa al mese precedente, possono fare riferimento alle annotazioni eseguite per il secondo mese precedente, dandone comunicazione all’ufficio. La deroga, secondo la parte pubblica, riguarderebbe soltanto le modalità di calcolo dell’imposta (per cui bisognerebbe far riferimento alle annotazioni sui registri del mese antecedente a quello cui si riferisce la liquidazione) e non anche i termini per i versamenti, che vanno effettuati mese per mese.
Nella fattispecie concreta, la società contribuente non aveva effettuato i versamenti nei termini di cui all’articolo 27, ma con trenta giorni di ritardo (nel secondo mese successivo), violando in tal modo il disposto di legge: da qui, era scaturita la sanzione per tardivo versamento comminatale con la cartella di pagamento impugnata.
 
Con la sentenza 9558/2013, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e, decidendo nel merito, ha cassato la sentenza di secondo grado, rigettando il ricorso introduttivo della contribuente. Secondo i giudici di legittimità, il motivo di ricorso è fondato “non essendo consentito differire di un mese i versamenti mensili previsti dall’articolo 27 DPR 633/1972 rispetto al termine fissato nemmeno in caso di contabilità affidata a terzi”.
 
La Corte richiama, a tal proposito, un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo il quale, in materia di Iva, la scelta di affidare la contabilità a terzi non comporta alcuno slittamento dei termini per i versamenti periodici dell’imposta; partendo da un’interpretazione letterale dell’articolo 27 (oggi non più in vigore) che, al comma 2, prevedeva espressamente che la liquidazione Iva, e, quindi, il suo versamento, debba essere effettuato entro il termine previsto dal comma 1, cioè entro il giorno 18 (oggi 16) di ciascun mese seguente, anche nel caso di opzione per la tenuta della contabilità presso terzi, “non vi è ragione di ritenere che al diverso calcolo dell’imposta da versare (determinato dalla non pronta disponibilità della documentazione contabile quando la contabilità viene eseguita non nell’ambito della stessa azienda) corrisponda anche un diverso termine per effettuare il versamento dell’imposta stessa” (cfr Cassazione, 21192/2008).
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