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Giurisprudenza

Agevolazione prima casa.
Attenzione alla residenza

Il beneficio fiscale compete solo se l’immobile è ubicato nel comune in cui abita l’acquirente, mentre è irrilevante la realtà di fatto se contrasta con il dato anagrafico

prima casa
Non compete l’agevolazione “prima casa” per l’acquisto di un immobile destinato al figlio minore che ha mantenuto la residenza con la madre in altra città, anche se l’altro genitore si è successivamente trasferito nel Comune in cui si trova l’immobile. Con la sentenza 3384 del 12 febbraio, la Cassazione conferma una giurisprudenza in materia, ormai costante.
 
Il fatto
La vicenda è quella di due coniugi che acquistano un immobile da destinare a prima casa del loro figlio minore, usufruendo dei relativi benefici previsti dall’articolo 1, nota II-bis), Dpr 131/1986 (registro al 3% e ipocatastali in misura fissa).
Dopo l’acquisto, il padre aveva trasferito la sua residenza nel comune dell’immobile, mentre il figlio, pur dimorando di fatto presso il genitore, manteneva la propria residenza anagrafica all’indirizzo della madre, sita in altro comune.
 
L’ufficio disconosceva l’agevolazione recuperando, ai sensi del comma 4 della nota II-bis), le imposte dovute in misura ordinaria, oltre la sanzione del 30 per cento.
 
I contribuenti impugnano l’avviso di liquidazione, sostenendo che il trasferimento della mera residenza di fatto nell’immobile è idoneo alla fruizione del beneficio, e la Commissione provinciale accoglie il ricorso, con analogo esito in appello, nonostante l’univocità pluriennale della giurisprudenza di legittimità che assegna valore dirimente alla residenza anagrafica rispetto a quella di fatto.
 
La pronuncia della Commissione tributaria regionale viene opposta dall’ente impositore con ricorso per cassazione, insistendo nella pretesa impositiva.
 
La decisione
Sovvertendo l’esito dei giudizi di merito, la Suprema corte accoglie il ricorso, rendendo così irrilevante il (solo) trasferimento di residenza del genitore e non anche del minore. La sezione tributaria conferisce così valenza decisiva alla residenza anagrafica, poiché, dopo l’acquisto, il minore risiedeva di fatto con il padre che aveva trasferito la sua residenza nel comune ove era ubicato l’immobile, ma lasciando la residenza anagrafica del figlio presso la madre.
La doglianza dell’Amministrazione finanziaria è stata ritenuta fondata dalla Corte regolatrice in virtù del consolidato principio secondo cui, in tema di imposta di registro e ai sensi del comma 1, lettera a), della nota II-bis), all’articolo 1 della Tariffa allegata al Dpr 131/1986, ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa, assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente (già stabilita o da trasferire, nel termine prescritto, nel comune dell’immobile acquistato), mentre, attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto (cfr Cassazione 4628/2008, 1173/2008, 22528/2007 e 18077/2002).
 
Infatti, come previsto dalla richiamata disposizione del Dpr 131/1986, che ricalca sostanzialmente la norma contenuta nell’articolo 2 del Dl 12/1985, l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa compete se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente ha la propria residenza (intesa, ex articolo 43 codice civile, come luogo in cui la persona ha la dimora abituale) o ve la “stabilisce” entro diciotto mesi dalla data dell’acquisto, ovvero se l’immobile è ubicato nel comune in cui l’acquirente svolge la propria attività. La circostanza che il beneficio venga espressamente subordinato alla “condizione che l’immobile acquistato sia ubicato nel Comune ove l’acquirente ha la propria residenza” si rivela emblematica e, di per sé, non consente il ricorso a un’interpretazione estensiva della norma, né ad applicazione in via analogica (Cassazione 8377/2001).
 
Ciò, tanto per la chiarezza e l’inequivocità del dato letterale, quanto per la specialità della norma, che, portando deroga all’ordinario regime di tassazione, non consente interpretazioni sottese all’ampliamento della prefigurata casistica (cfr Cassazione 14399/2010, 18580/2010, 5570/2011, 6905/2011 e 17597/2012).
 
Sul tema, la giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione 1530/2012) è attestata sul fatto che per avvalersi dell’agevolazione “prima casa” non è sufficiente la volontà, dichiarata dall’acquirente, di adibire l’immobile a propria abitazione, ma occorre che lo stesso venga effettivamente impiegato a uso abitativo, è un principio dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato sicuro, certificativo della situazione di fatto enunciata nell’atto di acquisto. Da qui la manifesta infondatezza dei riferimenti a presunte violazioni di disposizioni costituzionali.
Occorre, peraltro, ricordare, in conclusione, che, ai sensi dell’articolo 44 codice civile, il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge.
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