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Giurisprudenza

Agevolazioni Asd, l’iscrizione al Coni
è solo uno dei requisiti necessari

E la gestione del bar-ristoro da parte dell’associazione può essere qualificata “non commerciale”, solo se strumentale ai fini istituzionali dell'ente e se svolta unicamente in favore degli associati

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La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 3746 del 14 febbraio 2020, ha chiarito rilevanti profili in tema di presupposti per la spettanza del regime agevolato per le associazioni sportive dilettantistiche.
Nel caso al suo esame, la società contribuente, un’associazione sportiva dilettantistica, impugnava diversi avvisi di accertamento, con i quali l'ufficio ne aveva rettificato il reddito sul presupposto che la stessa svolgesse una significativa attività d'impresa.
La Commissione tributaria provinciale riteneva che i proventi e i costi funzionali all'attività istituzionale non dovessero essere oggetto di tassazione. E anche la Ctr confermava la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del regime agevolativo.
L'Agenzia delle entrate proponeva infine ricorso per cassazione, denunciando la violazione dell'articolo 148 del Tuir, dell'articolo 4, comma 7, del Dpr n. 633/1972, nonché dell'articolo 90 della legge n. 289/2002 e dell'articolo 2697 del codice civile, non avendo, a suo avviso, la società contribuente diritto alle agevolazioni destinate alle associazioni sportive, presentando le attività svolte carattere commerciale.

La sentenza
Secondo la Corte suprema il ricorso è fondato.
Evidenziano, infatti, i giudici di legittimità che l'esenzione prevista in favore delle associazioni sportive dilettantistiche dipende non solo dall'elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull'interessato e non può ritenersi soddisfatto dal dato del riconoscimento, meramente formale, da parte del Coni (cfr Cassazione, pronuncia n. 11492/2019).
La Corte sottolinea quindi che, ai fini della qualifica di ente non commerciale, rileva l'esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari, non rientranti nelle fattispecie di cui all'articolo 2195 cc e svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione. Dall’analisi di tali presupposti emerge che all’ipotesi in esame va disconosciuto il regime di favore previsto dall'articolo 143 del Tuir, per carenza, appunto, dei requisiti di “decommercializzazione” in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell'ente (cfr Cassazione, pronuncia n. 229392018).
E, ancora, evidenzia la Cassazione, l'attività di gestione di un bar-ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere qualificata come “non commerciale”, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e di quella sui redditi, solo se strumentale rispetto ai fini istituzionali dell'ente e solo se svolta esclusivamente in favore degli associati (cfr Cassazione, pronuncia n. 15474 del 2018).
In conclusione, l'esenzione d'imposta prevista dall'articolo 148 del Tuir in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall'elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche (e soprattutto) dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, dovendo, in concreto, le associazioni interessate conformarsi alle clausole relative al rapporto associativo, come inserite nell'atto costitutivo o nello statuto (cfr, Cassazione n. 10393/2018 del 2018).
Nella controversia in esame, pertanto, la Ctr non si era conformata ai suddetti principi, non spiegando, da un lato, perché i proventi della contribuente derivassero da un'attività funzionale all'attività istituzionale dell'associazione e, dall'altro, non imputando, come invece dovuto, alla parte contribuente l'onere della prova dello svolgimento di attività senza fine di lucro.

Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.
Le associazioni sportive, pur non essendo obbligate alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie, devono, comunque, porre in essere una serie di adempimenti documentali, da cui si possa dedurre la natura “dilettantistica” e le modalità di esercizio dell'attività.
In particolare, a tal fine, il rendiconto economico finanziario rappresenta, senza dubbio, uno strumento di trasparenza e di controllo dell'intera gestione economica e finanziaria dell'associazione, da cui poter desumere, non soltanto il risultato economico dell'anno, ma anche la corretta destinazione degli utili di esercizio, ovvero delle modalità di copertura delle eventuali perdite.
Nell’ambito dell’attività di controllo può dunque essere richiesta e acquisita tutta la documentazione contabile ed extracontabile necessaria, sulla base della quale l’ufficio può anche escludere la natura non lucrativa dell’ente sottoposto a controllo e concludere per la sua natura commerciale.
I controlli riguarderanno, quindi, in questi casi, sia l’aspetto formale che l’aspetto sostanziale, ovvero la verifica dell’effettiva sussistenza delle condizioni previste dalla normativa vigente per l’applicazione del regime agevolato per le associazioni sportive dilettantistiche, ovvero, tra le altre, la dimostrazione della partecipazione, da parte dei soci, alla vita e alla gestione dell’associazione, la dimostrazione della validità delle assemblee, del numero legale dei presenti e della effettiva partecipazione alle stesse, il riscontro del divieto di distribuzione di utili.
Trattandosi di agevolazioni fiscali, è evidente, del resto, che sulle stesse associazioni pende l’onere della prova, al fine di dimostrare che tutti i proventi riscossi rientrino tra quelli di natura istituzionale e che l’eventuale avanzo di gestione sia stato reinvestito nell’ambito dell’attività sociale.
E, in assenza di tale prova, per il conseguimento del regime agevolativo non sarà sufficiente (pur essendo comunque elemento necessario) la mera affiliazione a federazioni sportive nazionali, o l'iscrizione nei registri del Coni. E questo in particolare laddove sia stata rilevata una serie di indizi, gravi, precisi e concordanti, circa la reale natura dell'ente e dell’attività dallo stesso esercitata.
Le stesse associazioni sportive dilettantistiche, quando svolgono attività di natura commerciale, diventano peraltro soggetti passivi Iva, essendo escluse dal campo di applicazione dell’imposta solo le prestazioni di servizi o le cessioni di beni effettuate nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, laddove è comunque incompatibile con la natura di associazione dilettantistica sportiva la prevalenza dell’offerta di servizi funzionali a una strategia di tipo commerciale, che nulla abbiano a che vedere con la promozione di specifici valori sportivi.
 

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