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Giurisprudenza

Aiuti di Stato, il “legittimo affidamento” non intenerisce i giudici

Il caso è relativo al recupero delle imposte non versate, sulla base della vecchia normativa, dalle ex municipalizzate

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A nulla vale il tentativo del contribuente di difendere il principio del “legittimo affidamento” (alla normativa nazionale) al fine di inibire gli effetti della decisione della Commissione europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002. Così ha deciso la Commissione tributaria di primo grado di Trento, che ha rifiutato di portare, ancora una volta, la questione dei “benefici fiscali/aiuti di Stato” al vaglio della Corte di giustizia europea. Occhio però all’articolo 1 del Dl 10/2007: l’ufficio deve indagare in che misura i benefici fiscali sono stati fruiti come “aiuti di Stato”. Solo così l’ingiunzione è ben motivata.
Nel settore dei servizi pubblici locali, a partire dai primi anni ’90, è stata introdotta in Italia una serie di leggi che, permettendo alle “municipalizzate” di trasformarsi in “società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria”, hanno attribuito a queste le disposizioni tributarie già applicate all’ente pubblico di appartenenza, generalmente un Comune.
Disposizioni tributarie di vantaggio: niente Irpeg e Ilor da versare allo Stato. Mentre la legge 142/1990 trasformava le municipalizzate in Spa pubbliche, le successive 427/1993 e 549/1995 le facevano crescere in un sistema protetto, anche se solo per tre anni a partire dalla data di acquisizione della personalità giuridica.

Un sistema italiano che difficilmente poteva essere compatibile con il progetto europeo di libero mercato comune. Per questo, nel 2002 la Commissione europea aveva dichiarato illegittime le esenzioni fiscali per le Spa pubbliche italiane, le quali, anche se non in forma diretta, venivano di fatto finanziate, per tre anni, con denaro dello Stato. E’ il motivo per cui nel 2006 la Corte di giustizia europea aveva condannato il nostro Paese, con la sentenza dell’1/6/2006 nella causa C/207/05, per violazione degli obblighi comunitari; appunto, per non aver fatto nulla, in circa quattro anni, nella direzione indicata dalla Commissione europea al fine di ristabilire condizioni di equo trattamento fiscale nel settore dei servizi pubblici locali, quali la fornitura urbana di acqua, luce e gas, la gestione delle farmacie comunali o i sevizi di igiene ambientale. Solo nell’aprile 2007 le prescrizioni dell’organismo di governo dell’Ue sono state recepite nel nostro ordinamento con la legge n. 46.

All’articolo 1 della legge 46/2007 si stabilisce che il recupero degli “aiuti di Stato”, vale a dire il recupero delle imposte non versate dalle Spa pubbliche per tre anni, più i relativi interessi, viene effettuato dall’agenzia delle Entrate mediante una comunicazione-ingiunzione. Con tale atto amministrativo vengono liquidate le somme che sono dovute allo Stato sulla base sia delle comunicazioni trasmesse dagli enti locali sia delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle stesse società beneficiarie; soltanto in caso di mancata presentazione delle dichiarazioni, l’Agenzia liquida in base all’accertamento diretto di elementi reddituali acquisibili. Ed é esattamente questo il punto di diritto su cui una Spa pubblica di Trento aveva fatto ricorso alla Commissione tributaria. E veniamo così alla narrazione del nostro caso.

Con due distinti ricorsi, una Spa pubblica locale aveva adito la Commissione tributaria contestando le comunicazioni-ingiunzioni per gli anni 1998 e 1999, emesse dall’ufficio di Trento che richiedeva la restituzione di circa 255mila euro, in quanto “aiuti di Stato”, più gli interessi.
Da subito, la parte ricorrente chiedeva l’annullamento delle comunicazioni-ingiunzioni e chiedeva addirittura che le stesse venissero dichiarate illegittime ai sensi degli articoli 24, 25, 113 della Costituzione. In un secondo momento, e con maggior avvedutezza, la parte ricorrente chiedeva, in forza dei poteri attribuiti dall’articolo 1, comma 2, della legge 46/2007, la sospensione del procedimento da parte della Commissione, in quanto, a suo avviso, c’era stato un “errore di persona” nell’individuazione del soggetto da parte dell’agenzia delle Entrate. Evidentemente, pensava che il soggetto della comunicazione-ingiunzione dovesse essere il Comune che deteneva la maggioranza delle quote azionarie.

Il caso di un “errore di persona” è proprio uno dei tre che la legge prevede a garanzia del contribuente. Si legge, infatti, che "l'autorità giudiziaria, previo accertamento della gravità ed irreparabilità del pregiudizio allegato dal richiedente, può disporre la sospensione in sede cautelare delle ingiunzioni solo nelle ipotesi di: a) errore di persona; b) errore materiale del contribuente; c) evidente errore di calcolo". Naturalmente, in via cautelare il procedimento veniva sospeso finché il locale ufficio delle Entrate, con la memoria dell’ottobre 2007, riusciva a dare ai giudici tributari l’ineccepibile argomentazione che, dimostrando di non aver commesso alcun errore di persona, faceva riprendere il corso del dibattimento. E in più confutava un elemento giurisprudenziale che, nel frattempo della sospensione dell’esecutività dell’ingiunzione, era diventato decisivo: l’affidamento legittimo.

Nel frattempo, la Spa pubblica aveva dirottato l’attenzione dei giudici trentini sull’Europa. Sostanzialmente, essa chiedeva che il processo in corso venisse rinviato alla Corte di giustizia.
La società voleva far emergere, con questa manovra, il fatto asserito di una violazione del principio del legittimo affidamento. Come a dire: ho fatto affidamento alla normativa nazionale, dunque non ho violato la legge. E ora nel 2007 l’Amministrazione finanziaria italiana non mi può chiedere di pagare un’imposta dalla quale la stessa legge italiana del 1995 mi esentava: ho fatto affidamento nella legge.

Uguale: “principio dell’affidamento legittimo” alla normativa nazionale. Un principio che – sempre nel pensiero del contribuente – anche l’agenzia delle Entrate dovrebbe rispettare. In caso diverso, l’articolo 234 del Trattato Cee dà la facoltà di ricorrere ai Giudici europei, i quali sono competenti a pronunciarsi "sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni della Comunità".

Tuttavia, in una memoria del team legale delle Entrate di Trento, l’ipotesi di una lesione del principio del legittimo affidamento è stato agilmente scavalcato, in quanto "poggerebbe su una non precisata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea". La stessa Corte, nella materia del recupero degli “aiuti di Stato”, aveva già avuto modo di esprimere diverse e chiare sentenze. Quelle sentenze che lo stesso ufficio delle Entrate riportava all’attenzione della Commissione tributaria: "Le più recenti pronunce della Corte di Giustizia della Comunità Europea (cfr. Corte Giustizia UE del 14/9/2006 in causa C-336/04; Corte Giustizia UE del 15/12/2005 in causa C-148/04) hanno precisato che non è invocabile l’affidamento legittimo per inibire gli effetti di un provvedimento che riequilibra lo scompenso determinato da una misura nazionale qualificata dall’UE come aiuto di Stato".

Ma questo caso non sarebbe chiuso se non emergesse qui un ulteriore elemento. Citando dalla sentenza n. 142: "alcuna omissione può essere imputata all’Ufficio che si è attenuto alla lettera e alla ratio dell’art 1 DL 10/2007". Perché è importante rilevare questo punto? Da sé solo non significherebbe altro che l’ufficio ha ben operato, e questo non dovrebbe essere una notizia.
Invece è importante perché la giurisprudenza tributaria annovera altre esperienze, come la sentenza 439 del 17 luglio 2007 della Ctp di Reggio Emilia, che ha dichiarato illegittime le ingiunzioni dell’Amministrazione finanziaria in quanto l’ufficio locale non aveva messo i giudici nella condizione di sapere esattamente in che misura le esenzioni fiscali si erano concretizzate, per una Spa pubblica, in effettivi aiuti finanziari…di Stato. Non è dunque "minimamente sufficiente, affinché la decisione della CE del 2002 risulti applicabile che una Spa pubblica rientri nel novero delle società ex lege 142/90", ma è necessario che l’agenzia delle Entrate, in sede di motivazione dell’ingiunzione, faccia un’indagine per verificare se l’esenzione fiscale si sia convertita in concreto in un indebito aiuto di Stato. Il recupero delle imposte non versate deve essere fatto "nella misura della loro effettiva fruizione". È il Dl 10/2007 a dirlo.

Tornando al caso, l’ufficio di Trento ha dato ai giudici un’esatta misura della fruizione degli aiuti di Stato, andando a indagare il bilancio del Comune “proprietario” della Spa pubblica e la dichiarazione dei redditi presentata da quest’ultima. Un’indagine che pare essere, per i giudici, un elemento discriminante: a favore del contribuente se l’indagine manca, a Reggio Emilia, a favore dell’agenzia delle Entrate, nel caso contrario, a Trento.
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