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Giurisprudenza

Aiuti di Stato, il recuperoè impossibile soltanto compiuto il possibile

Nel mirino degli eurogiudici un caso di inadempimento parziale degli obblighi previsti in materia. Protagonista della controversia è la Francia

la sede della corte di giustizia a bruxelles

Con la sentenza del 13 novembre 2008, causa C-214/07, la Corte di Giustizia ha deciso sull'inadempimento della Francia sull'esecuzione della decisione n. 2004/343/CE del 16 dicembre 2004 per il recupero di aiuti alle imprese dichiarati illegittimi, concernenti l'esonero dall'imposta delle società per due anni a favore di società create appositamente per rilevare imprese in difficoltà (artt. 1383A, 1464B e 1464C del Code General des Impots. La decisione n. 2004/343/CE prevedeva: l'obbligo per la Francia di adottare tutte le misure necessarie al recupero degli aiuti ritenuti illegali; la Francia avrebbe dovuto informare prontamente la Commissione circa l'adozione delle misure di recupero poste in essere; predisporre un elenco delle imprese interessate dalla procedura di recupero nei cui confronti non valgano le disposizioni in materia di aiuti de minimis ai sensi del regolamento n. 70/2001/CE e successive modifiche.

Le giustificazioni della Repubblica francese
Al riguardo, la Francia aveva adempiuto soltanto in parte agli obblighi in esame trasmettendo esclusivamente una informativa in cui affermava che: per gli aiuti fruiti prima del 1993 non era possibile procedere al recupero in mancanza di informazioni per il periodo predetto; per il periodo successivo al 1993 la Francia ha stilato un elenco di imprese che hanno fruito di aiuti in misura inferiore alla soglia c.d. de minimis, non tenute ad alcuna restituzione; si dovevano tenere distinte le imprese cessate, per le quali erano state avviate procedure concorsuali, dalle imprese in esercizio.
Tanto detto, lo Stato membro opponeva l'esistenza di oggettive difficoltà dovute altresì alla scelta delle procedure da porre in essere, alla necessità di calcolare correttamente gli aiuti da recuperare, all'assenza di informazioni stante la tipologia stessa dell'aiuto, che poteva essere fruito senza una preventiva autorizzazione da parte dell'Amministrazione.

Le contestazioni della Commissione
Il punto della questione, su cui si è pronunciata la Corte di Giustizia riguarda il comportamento dello Stato membro, valutato complessivamente, con particolare riguardo alla circostanza che, decorsi alcuni anni dalla decisione n. 2004/343/CE, la Francia non avrebbe posto in essere alcuna misura concreta di recupero. Lo Stato membro può addurre degli impedimenti ma, nel caso specifico, la lamentata difficoltà di esecuzione del recupero non sarebbe supportata da adeguate motivazioni. Secondo la Commissione alcuni elementi della vicenda, la genericità delle giustificazioni e l'assenza di recuperi anche minimi degli aiuti illegittimi, sono rivelatori di un inadempimento. Anche le giustificazioni sull'impossibilità del recupero nei confronti di imprese cessate, stante la difficoltà di reperire informazioni direttamente presso le imprese, non erano ritenute valide ed esaustive. Infine, nei casi di cessione di azienda, era preciso onere dello Stato accertarsi che la cessione sia avvenuta a prezzo di mercato, in caso contrario gli effetti economici dell'aiuto di Stato sarebbero trasferiti sull'acquirente, sul quale grava alla fine l'obbligo di restituzione.

La decisione della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia ha accolto le argomentazioni della Commissione ravvisando in punto di diritto la violazione dell'articolo 14 del regolamento n. 1999/659/CE in materia di recupero di aiuti di Stato illegittimi, nella parte in cui dispone che gli Stati membri procedono "senza indugio" e "adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie". Ciò premesso, richiamando un precedente, i giudici comunitari hanno precisato che "l'unico mezzo difensivo che uno Stato membro può opporre ad un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione (…) è quello dell'impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione" (cfr. sent. 20 settembre 2007, C-177/06). In proposito, gli impegni posti in essere dalla Francia sono apparsi insufficienti, anche con riferimento al recupero nei confronti di imprese cessate laddove le giustificazioni addotte circa la difficoltà di reperire informazioni non sono state ritenute plausibili in quanto - cfr. punto 50 - si tratterebbe di "difficoltà interne imputabili alle azioni od omissioni delle autorità nazionali" ma non opponibili alle istituzioni comunitarie. Come meglio precisato al punto 46 "la condizione dell'impossibilità assoluta di adempiere non è soddisfatta quando il governo convenuto si limiti a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presentava l'esecuzione della decisione, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di ripetere l'aiuto e senza proporre alla Commissione altre modalità di esecuzione della decisione che consentano di superare le difficoltà segnalate" (cfr. sentenza 14 dicembre 2006, cause riunite da C-485/03 a C-490/03).

Le conclusioni della Corte di Giustizia
A parere della Corte il comportamento tenuto sarebbe caratterizzato da inerzia alla luce di giustificazioni generali ed astratte, anche con riguardo alle situazioni di cessazione dell'impresa laddove sarebbe onere dello stesso Stato membro di inserirsi nel passivo fallimentare. Tale iscrizione sarebbe considerata sufficiente anche ai fini della declaratoria di "impossibilità assoluta di esecuzione" della decisione comunitaria (cfr. sentenza del 29 aprile 2004, C-277/00).

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