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Giurisprudenza

Appalti: Iva indetraibile senza costi realmente sostenuti

Le consegne in conto lavorazione non scontano l'imposta a differenza delle vere e proprie cessioni

lavori in corso

Esaminando i rapporti commerciali tra società appaltanti e società subappaltatrici possono emergere diverse irregolarità in campo Iva.
In particolare, infatti, può accadere che le società subappaltatrici, dopo aver ricevuto dalla stessa appaltante materiali (formalmente) "in conto lavorazione", fatturino poi all'appaltante i propri compensi (per manodopera e materiali), detraendo però dai medesimi un importo a titolo di "addebito materiali".
In considerazione di detta modalità di fatturazione, andando alla sostanza dell'operazione, sarà dunque legittimo ritenere che questi materiali siano stati effettivamente ceduti (e non consegnati in conto lavorazione), con operazione autonoma e separata, dall'appaltante alle subappaltatrici, con la conseguenza che tali società risultano emettere fatture irregolari in quanto diminuiscono illegittimamente il corrispettivo a loro spettante.
I materiali in questione dovrebbero, invece, costituire oggetto di specifica e autonoma fatturazione da parte dell'appaltante, mentre la ditta subappaltatrice dovrebbe regolarmente fatturare, per l'intero, le prestazioni effettuate.

La sentenza della Ctp di Firenze
Tali conclusioni sono state recentemente confermate anche dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale, con la sentenza n. 51/03/09 del 16 aprile 2009, ha affermato che "… ciò che appare illogico, in questo intreccio di operazioni, è che non si comprende la connessione esistente fra la supposta consegna di materiali in conto lavorazione e la detrazione dei medesimi dal totale dei corrispettivi spettanti alla ricorrente. Se i materiali sono stati consegnati in conto lavorazione che senso avrebbe detrarre dai propri compensi un importo denominato addebito materiali".
I giudici di merito evidenziano, in sostanza, che se la società appaltante, dopo aver acquistato determinati materiali, li avesse veramente consegnati ai subappaltatori soltanto in conto lavorazione, detti materiali sarebbero dovuti rimanere fuori della fatturazione.
Infatti, "Non ha senso logico consegnare materiali in conto lavorazione e detrarre gli stessi dal totale dei corrispettivi spettanti alla ricorrente".
In pratica:

  • se la subappaltatrice acquista da altri fornitori il materiale necessario per eseguire le opere commissionate dall'appaltante, è ovvio che detto costo venga inserito, insieme alla manodopera, tra le voci attive da fatturare all'appaltante
  • se, invece, la subappaltatrice riceve materialmente e direttamente dall'appaltante un certo quantitativo di materiale in conto lavorazione, è naturale che, non avendo sostenuto costi per l'acquisto di detto materiale, non lo debba esporre tra le voci attive da fatturare all'appaltante. È di tutta evidenza, però, che neppure dovrebbe allora detrarlo dai corrispettivi a essa spettanti, perché una tale detrazione non avrebbe alcun senso.

L'illegittimità della compensazione debito/credito ai fini Iva
Alla luce delle modalità di fatturazione sopra evidenziate, non vi possono essere allora dubbi sul fatto che in questi casi l'appaltante ceda (ai sensi dell'articolo 2, Dpr 633/1972) il materiale all'impresa subappaltatrice e che quest'ultima, detraendo dai propri compensi una determinata somma a titolo di "addebito materiali", ponga in essere una mera operazione finanziaria per compensare un debito e un credito derivanti da due distinte operazioni imponibili (ovvero l'acquisto di materiali dall'appaltante e la riscossione finale delle opere subcommissionate).

In tal modo, infatti, la società subappaltatrice, diminuendo i corrispettivi richiesti all'appaltante, ammette in sostanza di avere un debito verso quest'ultima per la precedente, autonoma, operazione di acquisto dei materiali e di volerlo saldare in occasione della successiva fatturazione della prestazione finale di appalto.
Il tutto in palese contrasto con la normativa in materia Iva, che impone di fatturare e assoggettare all'imposta ogni singola operazione imponibile (e, si badi bene, neppure eventuali rapporti di debito-credito tra le parti consentono una deroga all'autonomia impositiva appena ricordata).

Il comma 1 dell'articolo 11 (Operazioni permutative e dazioni in pagamento) del Dpr 633, del resto, dispone espressamente che "Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all'imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate".
Non è possibile, cioè, considerare estinto (senza averlo preventivamente assoggettato all'imposta) il corrispettivo di una cessione o prestazione, compensandolo con un debito in essere nei confronti di chi ha ricevuto la cessione o la prestazione.

Ogni operazione di cessione o di prestazione deve essere quindi assoggettata separatamente all'imposta e non è possibile al maggior creditore la fatturazione della sola differenza fra il suo credito derivante dalla sua "cessione" o "prestazione" e il suo debito per cessioni o prestazioni ricevute dallo stesso contraente.

La normativa Iva, peraltro, in merito a operazioni che solo marginalmente si possono considerare "permutative", concede già una deroga a quanto sopra evidenziato, quando ciò che viene ceduto in parziale pagamento non supera, come valore, il 5% dell'intero corrispettivo (articolo 11, comma 2).
La disposizione del comma 1 dello stesso articolo non si applica infatti "per la cessione al prestatore del servizio di residuati o sottoprodotti della lavorazione di materie fornite dal committente quando il valore dei residuati o sottoprodotti ceduti, determinato a norma dell'art. 14 non supera il 5 per cento del corrispettivo in denaro".

In mancanza però di un'espressa identificazione dei valori da assoggettare all'imposta e del "valore normale" del "sottoprodotto" possono emergere, dunque, i presupposti per presunzioni di sottofatturazione, o comunque di violazione delle norme che regolano e disciplinano l'Iva.

La doppia evasione
In casi come quello all'attenzione della Ctp di Firenze, in conclusione, si verificano delle vere e proprie cessioni di materiali dalla società appaltante alle ditte subappaltatrici e non delle consegne in conto lavorazione, con la conseguenza che tali cessioni devono essere assoggettate a Iva.
I giudici di primo grado, del resto, evidenziano come la stessa conclusione vale anche "per le ditte subappaltatrici, le quali, nel fatturare la prestazione di appalto finale, hanno detratto dal valore fatturato alla xxx Spa il valore dei beni già ricevuti in precedenza dalla stessa società (la quale tuttavia non ha fatturato come cessioni)".

In pratica, i materiali consegnati alla subappaltatrice in conto lavorazione non possono essere menzionati nelle fatture rivolte all'appaltante.
In caso contrario infatti, da una parte, l'appaltante, che comunque si deduce il costo di acquisto dei materiali poi ceduti alle subappaltrici (e si detrae la relativa Iva), non fattura la successiva cessione degli stessi materiali e, dall'altra, la subappaltatrice, detraendo a sua volta (illecitamente) il costo dei medesimi (non fatturatigli dall'appaltante) dalle fatture verso la stessa appaltante, fattura meno del dovuto.
In sostanza, dunque, avviene una doppia evasione:
1. dell'appaltante, laddove non fattura le cessioni dei beni, asseritamente consegnati in conto lavorazione alle ditte subappaltatrici
2. delle ditte subappaltatrici, laddove, nel fatturare la prestazione di appalto finale effettuata, detraggono dal valore fatturato all'appaltante quello dei beni già ricevuti precedentemente dalla stessa appaltante (e però da questa non fatturati come cessioni).

Una sentenza della Corte di giustizia
La specifica tipologia in esame, del resto, è stata oggetto di una puntuale sentenza della Corte di giustizia europea (sentenza del 29 marzo 2007, causa C-111/05) che, nel rispondere a una questione pregiudiziale ex articolo 234 Trattato Ce (le cui risposte vincolano, in ogni caso, i giudici nazionali), ha analizzato il caso di un contratto di appalto finalizzato alla posa in opera di fibre ottiche a favore di un'azienda delle telecomunicazioni.

Nello specifico, la Corte ha affermato che "costituisce ius receptum della giurisprudenza comunitaria il principio secondo il quale, in tema di imposta sul valore aggiunto, laddove un'operazione sia costituita da una serie di elementi e di atti, si devono anzitutto prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali si svolge l'operazione considerata per determinare, da un lato, se ci si trovi di fronte a due o più prestazioni distinte o ad un'unica prestazione e, dall'altro, se, in quest'ultimo caso, la detta prestazione unica debba essere qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi".
Sottolinea dunque che "Con la sua prima questione, il giudice del rinvio desidera sapere se, ai fini della riscossione dell'Iva, un'operazione di fornitura e di posa in opera di un cavo a fibre ottiche …, debba essere considerata come una cessione di beni ai sensi dell'art. 5, n. 1, della VI Direttiva".

Nel rispondere a tale quesito, la Corte stabilisce quindi che "… occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della VI Direttiva, "[s]i considera "cessione di bene" il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario". Secondo la giurisprudenza della Corte, dal testo di tale disposizione risulta che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l'altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario …".

Per tutte le ragioni descritte e come confermato, oltre che dalla chiara definizione comunitaria del concetto di cessione di beni rilevante ai fini Iva, anche dalla natura del contratto di subfornitura (quindi con applicazione della corrispondente disciplina fiscale), risulta evidente la natura a effetti reali e non meramente obbligatori delle operazioni in esame e comunque la soggezione a Iva dell'autonoma cessione dei materiali utilizzati poi dalla subappaltatrice.


 

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