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Giurisprudenza

Applicabile il regolamento di competenza

I provvedimenti di sospensione possono essere impugnati

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Il disposto dell'articolo 42 del codice di procedura civile, il quale stabilisce che i provvedimenti di sospensione del processo ex articolo 295 del medesimo codice possono essere impugnati con istanza di regolamento di competenza, è applicabile anche al giudizio tributario.
Tale importante principio emerge da una recente ordinanza della Corte di cassazione (n. 11140 del 3 marzo 2005, depositata il 26 maggio), con la quale è stato stabilito che l'esclusione dell'esperibilità del regolamento di competenza di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 31.12.1992, n. 546, non è applicabile nel caso di impugnazione del provvedimento di sospensione e che, pertanto, è da considerare ammissibile nel giudizio tributario ai sensi del combinato disposto degli articoli 1, comma 2 ("Gli organi della giurisdizione tributaria"), del medesimo Dlgs n. 546 del 1992, e dell'articolo 42 del codice di procedura civile.

I giudici di legittimità hanno affrontato la problematica concernente l'applicabilità del citato articolo 42 c.p.c. al rito tributario, atteso che i giudici di merito avevano decretato la sospensione del giudizio in attesa della definizione del procedimento iniziato dai ricorrenti dinanzi al giudice amministrativo ai quali si erano rivolti impugnando gli inviti di pagamento emessi dall'Agenzia delle Dogane.

L'istituto processualcivilistivo del regolamento di competenza, a differenza del regolamento di giurisdizione, presuppone che sia stata pronunciata una sentenza sulla competenza e ha la forma di un mezzo di impugnazione. Il regolamento è necessario quando è l'unico rimedio che si può sperimentare avverso la sentenza che ha pronunciato sulla sola competenza, senza decidere il merito (articolo 42 c.p.c.), mentre è facoltativo quando la sentenza decida, oltre che sulla competenza, anche nel merito. L'istanza di regolamento di competenza si propone con ricorso alla Corte di cassazione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza e la stessa Corte decide in camera di consiglio: esso non si può proporre avverso le sentenze emesse dal giudice di pace.
Il regolamento di competenza può essere proposto anche nei confronti dell'ordinanza che dispone la sospensione del processo, risultando l'unico mezzo di impugnazione avverso tale provvedimento.

Nel processo civile sono previste la sospensione necessaria (articolo 295), disposta nell'ipotesi in cui non è possibile procedere alla riunione dei procedimenti, e la sospensione a istanza di parte (articolo 296), la quale non trova applicazione nel processo tributario, atteso che manca una ratio che giustifichi la possibilità delle parti di concordare tra loro la sospensione del processo. Nel giudizio tributario i casi di sospensione del processo, intesa come l'arresto temporaneo del suo svolgimento, sono disciplinati dall'articolo 39 del Dlgs n. 546 del 1992, limitatamente ai casi in cui è presentata istanza di querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio.
La Corte di cassazione ritiene che le due predette ipotesi non definiscono del tutto il campo di applicazione della sospensione necessaria ex articolo 295, che sussiste quando vi è una situazione di dipendenza della causa dalla definizione di altra controversia, che lo stesso o altro giudice deve risolvere (Cassazione 30 ottobre 2003, n. 16338).

L'articolo 295 c.p.c. concerne sia la pregiudizialità interna che esterna al processo tributario, mentre il citato articolo 39 riguarda i rapporti esterni tra commissione tributaria e giurisdizione civile, restandone esclusi i rapporti interni tra processi tributari che, in virtù del principio di integrazione, di cui all'articolo 1 del Dlgs n. 546 del 1992, sono disciplinati dall'articolo 295 c.p.c. Quest'ultima disposizione si riferisce a un rapporto di effettiva consequenzialità tra due emanande statuizioni e non a un mero collegamento tra loro; esso riguarda una situazione in cui uno dei due giudizi attenga a una questione di natura pregiudiziale ovvero a un indispensabile antecedente. La pregiudizialità sussiste solo quando la definizione di una controversia rappresenti l'indispensabile antecedente logico-giuridico dell'altra (cfr. Cassazione 4 giugno 2001, n. 7506).

Nel processo tributario la sospensione può essere disposta con decreto del presidente della Commissione tributaria, contro il quale è ammesso reclamo (articolo 28 del Dlgs n. 546/92), o con ordinanza del Collegio. Il contribuente può chiedere la continuazione del giudizio dopo la sospensione necessaria, previa un'apposita istanza da presentare entro il termine di sei mesi dalla cessazione della causa che ha generato la sospensione.

Tornando alla fattispecie in argomento, i giudici di legittimità si sono posti l'interrogativo circa la possibilità di considerare operativo, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 546 del 1992, il già citato articolo 42 c.p.c. nell'ambito del contenzioso tributario, nel quale sussiste l'esigenza della tutela dei diritti garantiti dagli articoli 24, comma 1, e 111, comma 2, della Costituzione, concernenti rispettivamente il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e il diritto alla ragionevole durata del processo. In tal senso, la Corte di cassazione ha ravvisato che una interpretazione del già citato articolo 5, comma 4, che escludesse la possibilità di esperire il rimedio del regolamento di competenza avverso i provvedimenti emanati dalle Commissioni tributarie sanzionanti la sospensione del processo, esporrebbe la predetta norma a fondati dubbi di incostituzionalità, atteso che possono risultare lesi i citati articoli 24, comma 1, e 111, comma 2, della Costituzione.

I giudici di legittimità hanno affermato che, rapportando il dettato dell'articolo 5, comma 4, del Dlgs n. 546 del 1992 alla disciplina della competenza in cui esso si inserisce, risulta con evidenza che l'esclusione dell'esperibilità del regolamento di competenza non può non riguardare altre decisioni che non siano emesse dalle Commissioni tributarie sulla propria competenza sulla base della disciplina in vigore, e non è riferibile ai rimedi esperibili contro i provvedimenti di sospensione del processo.

Sulla base dell'interpretazione sistematica degli articoli 4 e 5 del Dlgs n. 546 del 1992 in materia di competenza, i giudici hanno escluso che il già citato quarto comma dell'articolo 5 costituisca ostacolo all'ammissibilità dell'impugnazione mediante regolamento di competenza e deve ritenersi senza dubbio ammissibile in base al disposto degli articoli 1, comma 2, del Dlgs n. 546 del 1992 e 42 c.p.c.
La Corte di cassazione ha accolto, quindi, il ricorso ritenendo inficiata da violazione di legge l'ordinanza di sospensione emanata dalla Commissione tributaria provinciale e relativa all'impugnazione della cartella di pagamento in ragione della assunta pregiudizialità rispetto alla definizione della pronuncia del giudice amministrativo.

Sulla possibilità di esperire nell'ambito tributario il regolamento di competenza avverso la sospensione del processo, la dottrina esprime notevoli dubbi; tale possibilità è stata del resto esclusa anche dall'Amministrazione finanziaria, la quale ha affermato che il regolamento di competenza è un istituto estraneo alla procedura del processo tributario (circolare ministeriale n. 98/E del 23 aprile 1998). In tal senso, alcuni autori hanno affermato che l'esclusione dei regolamenti di competenza darebbe luogo alla illegittimità dell'articolo 5 in esame per violazione dell'articolo 76 della Costituzione, ovvero per violazione della legge delega, nel punto in cui era previsto l'adeguamento del processo tributario a quello civile.

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