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Giurisprudenza

Assegno una tantum all’ex coniuge,
deducibilità dal reddito esclusa

Legittimo il recupero Irpef del fisco italiano sulle somme versate all’ex moglie in base a una pronuncia del tribunale di Valencia, anche se erano state già tassate in Spagna

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In assenza di una specifica disposizione di un trattato internazionale tra Italia e Spagna o di una disposizione di una fonte sovranazionale (del diritto dell'Unione europea), deve applicarsi l’articolo 10, comma 1, lettera c), Tuir che esclude la deducibilità dalla base imponibile del solvens dell’assegno una tantum da lui versato (sebbene in forma rateale) all'ex coniuge. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 25384 del 29 agosto.

I fatti
La controversia riguarda la deducibilità dal reddito della somma di un assegno periodico di 1.000.000 di euro a titolo di “pension compensatoria” (assegno divorzile) risultante da provvedimento dell’autorità giudiziaria sulla base del quale l’ex marito avrebbe dovuto versare ratealmente alla ex coniuge nel corso di sei anni sino all’estinzione del debito. Tale impegno, infatti, aveva origine dalla pronuncia con la quale, nel 2006, il tribunale di Valencia (Spagna) aveva dichiarato, dopo l’approvazione dell’accordo dei coniugi allora entrambi residenti in Spagna, la loro separazione personale.
Nel 2008, dopo la separazione, il contribuente ha trasferito il proprio domicilio in Italia e ha versato una rata, pari ad euro 60.000, già tassata in Spagna nei confronti della percipiente, in quanto assimilata ad un reddito da lavoro dipendente. L’ufficio, a seguito di controllo formale ex articolo 36-ter, Dpr n. 600/1973, ha rilevato l’indebita deduzione di tali importo dal reddito imponibile e ha iscritto a ruolo le maggiori imposte dovute a titolo di Irpef, addizionali comunali e regionali, interessi. In Italia, diversamente da quanto previsto dall’ordinamento spagnolo, la somma non sarebbe stata imponibile poiché l’articolo 50, comma 1, lettera i), Tuir assoggetta a tassazione solo gli assegni periodici.
Nei gradi di merito, l’uomo è risultato parte soccombente.
Ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione lamentando, tra l’altro, che il giudice di appello aveva erroneamente interpretato l’articolo 10, comma 1, lettera c), Tuir sotto un duplice profilo e cioè poiché:

  • l’articolo 10 citato doveva essere letto alla luce del “principio di simmetria”: il motivo dell’indeducibilità dell’assegno una tantum, a suo parere, risiederebbe nel fatto che il corrispondente importo non è soggetto a tassazione in capo al coniuge o ex coniuge percipiente, sicché la sua tassazione come componente positiva di reddito in capo al solvens evita “salti d’imposta”. Di conseguenza, qualora, come succede in Spagna, anche l’assegno versato una tantum sia soggetto a tassazione, allora, per evitare la doppia imposizione, sarebbe giustificata la deducibilità del correlativo importo dal reddito imponibile dell’obbligato
  • non consentire la deduzione dalla base imponibile del solvens domiciliato fiscalmente in Italia dell’assegno una tantum (sebbene rateizzato) versato a un soggetto domiciliato fiscalmente all’estero, nel caso in cui tale assegno sia assoggettato a tassazione nel paese di residenza dell’accipiens, si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione.

Lo stesso giudice d’appello, inoltre, secondo il ricorrente aveva violato la Convenzione tra Italia e Spagna per evitare le doppie imposizioni.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e ha individuato «la ratio della deducibilità degli assegni periodici (di separazione o divorzili) nel fatto che il corrispondente importo versato all’altro coniuge  è soggetto a tassazione, equiparato ad un reddito da lavoro dipendente, mentre gli assegni una tantum (previsti nell’ordinamento italiano solo per il caso di divorzio, ex art. 5, comma 8, della legge n. 898 del 1970), non essendo soggetti a tassazione in capo all’accipiens, non sono deducibili dalla base imponibile del solvens.» (Cassazione, ordinanza n. 25384 del 29 agosto 2023).

Osservazioni
I giudici di legittimità, chiamati a interpretare l’articolo 10, comma 1, lettera c) Tuir, hanno affermato che la lettera della disposizione è chiara nel limitare la deducibilità dei soli “assegni periodici corrisposti al coniuge”, con esclusione, quindi, degli assegni una tantum. Tale interpretazione costituisce ormai orientamento di legittimità consolidato (Cassazione, n. 11437/1999, n.16462/2002, n. 9336/2015 n. 11183/2016, n. 29178/2019), conforme alla prassi dell’Agenzia (risoluzione n.153/E/2009).

A norma del citato articolo 10, comma 1, lettera c) Tuir, infatti, sono deducibili dal reddito complessivo solo ed esclusivamente «gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria».
Correlativamente, gli assegni periodici, per il coniuge che ne beneficia, costituiscono redditi ex articolo 50, comma 1, lettera i), Tuir, assimilati al reddito di lavoro dipendente «gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lett. c) e d) del comma 1 dell’art. 10 tra gli oneri deducibili», e, come tali, rilevano nella determinazione del reddito complessivo da assoggettare a tassazione.

L’ordinamento tributario italiano, quindi, per evitare una doppia imposizione economica sul piano interno, prevede, simmetricamente, la tassazione in capo al coniuge o ex coniuge beneficiario, degli assegni periodici di separazione o divorzili, nonché la deducibilità del corrispondente importo dalla base imponibile dell’obbligato. D’altro canto, non assoggettando a tassazione l’importo degli assegni una tantum corrisposti all’ex coniuge, non ne consente la deduzione da parte del coniuge tenuto al versamento, evitando in tal modo che l’importo sfugga totalmente alla tassazione.
Nei rapporti tra diversi ordinamenti, non trovando comunque automatica applicazione il principio di simmetria: nel caso di soggetti partecipi della transazione economica residenti in due diversi Stati, infatti, ciascuno di essi instaura il rapporto d’imposta con uno Stato sovrano. Di conseguenza, in assenza di una specifica disposizione di un trattato internazionale tra Italia e Spagna o di una disposizione di una fonte sovranazionale (del diritto Ue), deve applicarsi l’articolo 10, comma 1, lettera c), Tuir, nel senso che il “principio di simmetria” che governa il trattamento fiscale degli assegni di separazione e divorzio versati al coniuge o all’ex coniuge ha valenza generale solo per il diritto interno, cioè in relazione alle transazioni economiche intercorse tra due persone entrambe assoggettate alla potestà fiscale di un unico Stato.
Al riguardo i giudici di legittimità hanno osservato che, nell’ambito della Convenzione conclusa tra Italia e Spagna, ratificata a mezzo della legge n. 663/1980, non si rinviene alcuna disposizione atta a consentire al coniuge o ex coniuge italiano, che versa un assegno una tantum in seguito a separazione personale o a divorzio, ad un soggetto residente in Spagna, di portare in deduzione dalla base imponibile, ai fini Irpef, quanto versato al coniuge soggetto al fisco spagnolo. Del resto l’ordinamento unionale, nello stadio attuale del suo sviluppo, e al di là di interventi specifici e settoriali attuati mediante regolamenti o direttive, non impone l’uniformità del trattamento fiscale nei diversi paesi, né impone il coordinamento dei regimi fiscali allo scopo di evitare tutte le possibili forme di doppia imposizione economica. Infine l’indeducibilità della rata di assegno una tantum versata dal contribuente non concretizza un ostacolo alla libera circolazione delle persone da un paese nel quale quella deduzione sarebbe possibile ad un altro (nella specie, l’Italia), nel quale, in base alla legislazione vigente, quella deduzione non è consentita.

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