Nel giudizio tributario, allorché la produzione di un atto nativo digitale, quale ad esempio la notificazione a mezzo Pec del ricorso in appello, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga tramite l’allegazione al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di conformità all’originale dell’atto prodotto da parte del difensore.
Questo l’innovativo principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 981 dello scorso 16 gennaio, ove è stata inoltre confermata l’interpretazione secondo cui è valida la notifica del ricorso di legittimità eseguita presso il procuratore domiciliatario costituito in primo grado del contribuente, anche ove questi sia rimasto contumace in grado di appello.
La vicenda processuale
Un contribuente impugnava vittoriosamente un avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza.
L’appello dell’ufficio, redatto in formato elettronico con sottoscrizione digitale e notificato a mezzo Pec al difensore dell’interessato, veniva dichiarato inammissibile (sentenza n. 2642 del 22 ottobre 2020) dal collegio regionale della Calabria, il quale ravvisava un difetto di prova della notificazione del gravame, ritenendo che mancasse l’attestazione di conformità, da parte del funzionario difensore dell’ente, dell’atto, nativo digitale, “dei suoi allegati e della ricevuta di attestazione e di consegna”.
Nel ricorso di legittimità, che veniva notificato presso il difensore del contribuente costituito nel primo grado del giudizio, indicato anche quale domiciliatario, l’Amministrazione censurava il decisum del giudice di seconde cure per violazione e falsa applicazione del combinato disposto di varie disposizioni (articolo 23, commi 1 e 2, del Dlgs n. 82/2005; articolo 5, comma 2, del decreto Mef n. 163/2013; articolo 9 della legge n. 53/1994; articolo 16-bis del Dlgs n. 546/1992), tutte relative all’utilizzo degli strumenti telematici.
Nello specifico, la parte pubblica lamentava l’erroneità della statuizione della Ctr laddove la stessa aveva ritenuto inesistente la notifica dell’atto d’appello per mancata attestazione di atti prodotti in forma digitale.
La pronuncia della Cassazione
In via preliminare, a fronte della mancata costituzione in giudizio del contribuente, il Collegio di legittimità, in sede di valutazione della regolare instaurazione del contraddittorio, ha confermato l’orientamento secondo cui è valida la notifica del ricorso per cassazione effettuata dall’ufficio presso il procuratore domiciliatario costituito in primo grado di parte contribuente, anche quando questa sia rimasta contumace in grado di appello.
Passando poi allo scrutinio di merito, i giudici di piazza Cavour hanno osservato che nel caso in esame, ove l’appello era stato redatto in forma digitale e notificato a mezzo Pec con successivo deposito nel fascicolo processuale, sempre mediante modalità telematica, dei documenti informatici riportanti il ricorso e l’attestazione di consegna, non occorreva l’attestazione di conformità che, ricorda la pronuncia, è invece richiesta quando il notificante “abbia estratto una copia analogica dell’originale telematico ed abbia depositato tale copia in atti”.
La ragione della scelta operata dal legislatore, si legge nell’ordinanza in commento, “dipende dal fatto che, a differenza dei documenti su supporto cartaceo, in cui vi è un problema di conformità dell’atto depositato con l’originale, quando il deposito riguarda l’atto digitale, lo stesso non viene prodotto in “copia”, bensì in originale, essendo l’originale dell’atto suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di essere un atto originale”.
All’esito di tale ricostruzione, e “non rinvenendosi specifici precedenti in termini”, la Corte ha pertanto ritenuto di dover affermare il principio di diritto secondo cui “quando la produzione di un atto, nativo digitale, quale la notificazione a mezzo Pec del ricorso in appello, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga in giudizio tramite l’allegazione al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di conformità all’originale dell’atto prodotto da parte del difensore”.
Dall’accoglimento del ricorso dell’Agenzia è derivata la cassazione della decisione impugnata con rinvio allo stesso giudice, in diversa composizione, per l’eventuale prosieguo del contenzioso.
Osservazioni
All’esito di un costante percorso di digitalizzazione, inizialmente improntato al principio della facoltatività dell’utilizzo degli strumenti telematici e caratterizzato dalla graduale estensione sul territorio nazionale delle modalità informatiche di deposito degli atti processuali, l’utilizzo del processo tributario telematico (Ptt) è stato reso obbligatorio con riguardo ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019.
Con il Dl n. 29/2020, l’obbligo del Ptt è stato esteso anche ai casi in cui gli enti impositori, gli agenti della riscossione e le parti assistite da un difensore abilitato si erano costituite in giudizio con modalità analogiche, anche se anteriormente al 1° luglio 2019.
Soltanto per i soggetti “che stanno in giudizio senza assistenza tecnica” per le controversie di valore fino a tremila euro, l’utilizzo del mezzo telematico costituisce a tutt’oggi una semplice facoltà, secondo quanto previsto dall’articolo 16-bis, comma 3-bis, del Dlgs n. 546/1992 (vedi al proposito il punto 12.1.1 della circolare n. 9/2020).
In questo quadro, dunque, al tradizionale formato cartaceo degli atti e delle relative notificazioni del processo tributario si è gradualmente sostituito quello elettronico, caratterizzato, in estrema sintesi, dall’utilizzo di file con sottoscrizione digitale, per la cui notifica si ricorre alla posta elettronica certificata.
Successivamente alla notifica, il deposito del ricorso, degli allegati e degli atti successivi avviene, previa registrazione e acquisizione delle credenziali di accesso, mediante “caricamento” (upload) dei file direttamente nel fascicolo informatico inserito sulla piattaforma informatica centralizzata che si interfaccia con il sistema informativo della giustizia tributaria (Sigit).
In base a quanto previsto dall’articolo 25-bis del Dlgs n. 546/1992, al fine del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore del contribuente e, tra gli altri, il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore e l’agente della riscossione “attestano la conformità della copia al predetto atto secondo le modalità di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (comma 1); inoltre, il potere di attestazione di conformità è esteso anche per l’estrazione di copia analogica “agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria” del giudice tributario.
Alla pronuncia in commento della Corte suprema va dunque riconosciuto il merito di aver chiarito, riportandosi alla ratio della norma appena citata, in quali casi il documento di cui si effettua l’inserimento telematico nel fascicolo di causa deve essere munito di una rituale attestazione di conformità all’originale e quando, invece, essendo il documento “nativo digitale” detta attestazione non è richiesta perché in tale ipotesi anche la ripetuta riproduzione dello stesso non ne fa venir meno il carattere di atto “originale”.
Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)