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Giurisprudenza

Atto di ricognizione con Registro
in misura proporzionale, non fissa

Cedute le quote con scrittura privata non autenticata, la quietanza è tassata autonomamente perché inserita in un atto in cui non sono contenute le disposizioni sulla cessione dei beni

La pronuncia della Corte di cassazione in commento (n. 16175/2017) afferma - e correttamente, a nostro avviso - l’irrilevanza della qualificazione data dal notaio rogante al momento della registrazione di un proprio atto rispetto non solo al contenuto dello stesso, ma alla stessa denominazione dell’atto oggetto all’imposta di registro, che - nel caso di specie - è risultato essere un atto di ricognizione di cessione di titoli azionari e non l’atto di cessione.
 
Infatti, è noto che l’articolo 21 della legge di registro approvata col Dpr n. 131/1986, prevede che non sono soggetti a imposta gli accolli di debiti e oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni, nonché le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono, con la conseguenza che, se l’atto viene rilasciato a parte, è prevista l’imposizione proporzionale.
Infatti, la quietanza non compresa nel relativo atto negoziale è un documento di ricognizione di debito che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, rileva quale atto avente contenuto patrimoniale tassato in misura proporzionale, ai sensi della disposizione residuale di cui all’articolo 9 della Tariffa, parte I, del Dpr n. 131/1986, che prevede l’aliquota dello 0,50 per cento.
 
Nella controversia oggetto della sentenza del Supremo collegio in rassegna, si discute del contenuto di un atto che aveva dato conto dell’avvenuto pagamento del prezzo per la cessione avvenuta lo stesso giorno con scrittura privata non autenticata, ossia con formalità ammessa dalla natura dei titoli, avendo la parte privata ritenuto essere tale documento un atto di cessione di titoli azionari.
In tal modo, l’atto avrebbe goduto dell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa prevista dall’articolo11 della prima parte della Tariffa, allegata al Dpr n. 131/1986, in quanto atto pubblico o scrittura privata autenticata avente per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti di cui al precedente articolo 4 o di titoli di cui all’articolo 8 della Tabella.
 
Invero, la natura ricognitiva dell’atto di quietanza è stato riconosciuto, seppure nella corrispondenza intercorsa tra le parti emergeva la stipula del contratto di vendita da effettuarsi successivamente, “in quanto le parti nell'ambito della propria autonomia negoziale in realtà avevano deciso di non far rivestire della forma pubblica il contratto di cessione dei titoli”. Invero, una volta esercitata l’opzione di effettuare la cessione delle quote non con atto pubblico o scrittura privata autenticata, le parti subiscono i conseguenti effetti fiscali, ossia la tassazione autonoma della quietanza, in quanto inserita in un atto in cui non risultavano essere contenute le disposizioni relative alla cessione del bene ai sensi del menzionato articolo 21, comma 3, della legge di registro del 1986.
 
Non si riscontrano precedenti negli esatti termini, ma la Corte regolatrice del diritto, con la sentenza 12 novembre 2014, n. 24197, aveva affermato che la scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito deve considerarsi, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, un atto avente contenuto patrimoniale tassato in misura proporzionale, ai sensi della disposizione residuale di cui all’articolo 9 della Tariffa, parte prima, del citato Dpr n. 131.
Ne consegue che, proprio in quanto scrittura privata non autenticata avente a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, la stessa va registrata in termine fisso e non in caso d’uso perché, a norma dell’articolo 5 del Dpr n. 131/1986, devono registrarsi in termine fisso gli atti indicati nella prima parte della Tariffa allegata al Dpr della legge di registro e unicamente in caso d’uso quelli riportati nella parte seconda.
Peraltro, con la pronuncia 28 maggio 2007, n. 12432, la Corte suprema ha ritenuto che non sempre una ricognizione di debito rimanda (implicitamente o esplicitamente) all’esistenza dell'atto costitutivo di un sottostante rapporto patrimoniale, né sempre, sulla base degli elementi desumibili dalla predetta ricognizione, tale atto costitutivo è individuabile al fine di verificare se per esso è stata o meno già versata l'imposta dovuta.
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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