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Giurisprudenza

Autolavaggio “a gettoni”,
la perdita elettrica non convince

Respinta la pronuncia della Ctr in base alla quale l’anomalo consumo rilevato dall’Ufficio, su cui si basava l’avviso, era dovuto esclusivamente a furti e dispersioni elettriche

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E’ legittimo l’accertamento induttivo emesso nei confronti del titolare di un’attività di autolavaggio meccanizzato “a gettoni” se le scritture contabili sono formalmente corrette ma complessivamente inattendibili alla stregua di criteri di ragionevolezza come, nel caso in esame, l’entità dei consumi di energia elettrica necessari al funzionamento dell’impianto. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 22184 del 14 ottobre 2020.

I fatti
Con avvisi di accertamento emessi per gli anni d’imposta da 2003 a 2005, l’Ufficio ha ricostruito induttivamente redditi e volumi d’affari dell’attività di autolavaggio “a gettone”, recependo il pvc della Guardia di Finanza dal quale emergeva che:

a) l’attività, esercitata per 24 ore al giorno, senza alcuna interruzione durante l’intero anno, non richiedeva l’impiego di personale addetto ai macchinari destinati al lavaggio auto in quanto gli stessi erano adoperati esclusivamente dai clienti

b) la fruizione delle prestazioni avveniva con procedura totalmente automatizzata tramite l’inserimento di apposite monete, prelevate con il pagamento di € 0,50;

c) la società non aveva esibito il registro dei corrispettivi né, in sua sostituzione, il registro di prima nota previsto dall’articolo 24, comma 4, Dpr n. 633/1972, pure essendo l’annotazione dei corrispettivi entro il giorno non festivo successivo l’unico obbligo previsto per tale tipologia di attività

d) per determinare i corrispettivi, i verbalizzanti hanno utilizzato, come punto di partenza, i consumi di energia elettrica, non potendo fare riferimento ad altri documenti fiscali, non previsti ex articolo 2, lettera g), Dpr n. 696/1996 per l’attività svolta tramite macchine a gettoni

e) dai consumi complessivi di energia, erano stati sottratti sia i consumi fissi, attinenti al funzionamento di sistemi di illuminazione, di vigilanza e di macchinari strumentali all’impianto, sia l’ulteriore quota di consumo elettrico corrispondente al funzionamento di ulteriori macchinari e alle prove necessarie per verificarne il buono stato.

La società ha impugnato gli avvisi non ritenendoli adeguatamente motivati soprattutto in quanto l’anomalo consumo di energia elettrica si era verificato a causa di furti e/o dispersioni di energia elettrica. La sentenza di primo grado ha respinto i ricorsi, ritenendo legittimi gli atti impositivi e congrui i recuperi effettuati sulla base dei consumi elettrici e idrici.

Di diverso avviso la Commissione tributaria regionale secondo la quale, la ricostruzione induttiva non era legittima in quanto sia per la metodologia utilizzata (non sussistevano i presupposti previsti per un accertamento induttivo “puro”  ex articolo 39, comma 2, lettera d), Dpr n. 600/1973, poiché l’incompletezza della documentazione non poteva riguardare solo la mera omissione nella tenuta delle scritture contabili - nella specie, la tardiva esibizione del registro prima nota - ma doveva  riferirsi piuttosto alle incongruenze tali da rendere irregolari, e quindi inattendibili, le risultanze delle scritture contabili nel loro complesso), sia per presunzioni fondanti la legittimità dei recuperi  (erano prive del requisito della certezza, non potendo essere enfatizzati solo i consumi di energia del 2003, incongrui rispetto ai dati degli anni successivi, ma dovendo piuttosto confrontarsi tali dati con i consumi di acqua che, invece, negli stessi periodi di riferimento, rimanevano allineati agli standard di periodo).

L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la nullità della sentenza impugnata in quanto la Ctr aveva ritenuto immotivatamente che si trattasse di un accertamento induttivo “puro”, anziché di un accertamento analitico-induttivo, tralasciando di esplicitare gli elementi circostanziali da cui lo desumesse; aveva omesso, inoltre, di indicare gli elementi di fatto e le valutazioni a sostegno della qualificazione dell’accertamento come induttivo “puro”. Infine la Ctr aveva omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, poiché aveva apoditticamente ritenuto che i consumi idrici riscontrati nel 2003 rivelassero un andamento costante e che i consumi elettrici fossero da addebitare a “furti di energia o dispersioni”. La Cassazione ha accolto il ricorso e ha ribadito (vedi sentenze n. 1488/2016, n. 12167/2014, n. 14068/2014, n. 14941/2013, n. 6929/2013, n. 7871/2012 e n. 2616/2011) che “la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R: n. 600 del 1973, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all'Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi” (Cassazione n. 22184/2020).

Osservazioni
I giudici di piazza Cavour si sono pronunciati sia sul metodo di accertamento seguito dall’ufficio, sia sulle caratteristiche delle presunzioni in termini di idoneità di unico elemento indiziario, grave e preciso, a fondare l’accertamento analitico-induttivo.
In relazione alla metodologia utilizzata, come desumibile dalla trascrizione nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, la Cassazione ha affermato che l’accertamento relativo all’anno 2003 risulta “analitico-induttivo”, in quanto “si palesa sorretto dalla presunzione unica costituita dal consumo di energia elettrica riscontrato”. L’Ufficio, infatti, ha rappresentato in modo inequivoco di aver determinato il consumo riguardante l’erogazione dei servizi, curandosi di calcolare “il consumo medio ponderato per un gettone immesso, cosicchè da ottenere il numero di gettoni utilizzati nel periodo”. Di conseguenza “sono stati determinati i corrispettivi incassati, moltiplicando il numero di gettoni utilizzati nel periodo per euro 0,50” e, dal confronto dei corrispettivi determinati con quelli annotati sul registro ex articolo 24, Dpr n. 633/1972, esaminata la dichiarazione modello Unico/2004, l’Ufficio ha proceduto all’accertamento “ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 determinando i maggiori ricavi”.

Al riguardo la Corte ha affermato che “l’accertamento analitico induttivo non è escluso in presenza - accertata dalla CTR nella specie - di scritture contabili formalmente corrette quando la contabilità si presenti complessivamente inattendibile alla stregua di criteri di ragionevolezza». In relazione poi alle presunzioni fondanti ciascun avviso, la Cassazione ha statuito che «in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, dovendo il requisito della ‘concordanza’ ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi (Cass. n. 15754 del 2009; Cass. n. 17474 del 2009)”. Per orientamento di legittimità consolidato, inoltre, la circostanza che l’articolo 2729 codice civile, l’articolo 39 Dpr n. 600/1973 e l’articolo 54 Dpr n. 633/1972 si esprimano utilizzando il plurale non comporta, che gli elementi assunti a fonte di presunzione debbano essere necessariamente plurimi, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su un elemento unico, preciso e grave (Cassazione, n. 6567/2014, n. 31775/2019, n.7292/2020, n. 8333/2020 e n. 13829/2020).

Nella fattispecie in esame, la Commissione regionale, ritenendo che i consumi di acqua erano rimasti allineati agli “standard di periodo”, si è limitata a statuizioni meramente assertive sprovviste di riferimenti documentali o fattuali. Soprattutto, nonostante l’Agenzia avesse affermato che i consumi idrici non erano in linea con l’impennata dei consumi elettrici, tanto da fornire in senso contrario le relative tabelle sinottiche, la Ctr aveva omesso di avvalorare l’affermazione con proprie valutazioni istruttorie, sorvolando del tutto sugli elementi utili a sorreggerla o a contraddirla.

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