Il difetto di leggibilità della sigla apposta in calce all’autorizzazione rilasciata dalla direzione regionale agli uffici delle Entrate, ai fini della proposizione dell’appello avverso le sentenze delle Commissioni tributarie provinciali, non comporta la nullità dell'atto, purché la sottoscrizione sia riconducibile all’organo competente.
Lo ha affermato il giudice di legittimità con la sentenza 22887/2007.
L'agenzia delle Entrate ha chiesto la cassazione della sentenza di secondo grado con la quale è stato giudicato inammissibile l’appello dell’ufficio "in considerazione dell’illeggibilità della firma apposta sulla relativa autorizzazione a proporre l’appello".
Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il rilascio dell’autorizzazione prima della notifica dell’appello (articolo 52, comma 2, Dlgs 546/1992) assicura quella funzione di garanzia, che consente al contribuente di riconoscere che dietro il singolo ufficio c’è una scelta processuale dell’Amministrazione finanziaria, la quale se ne assume la responsabilità e garantisce che tale scelta è ispirata a criteri di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione stessa. Se, infatti, si riconoscesse alla direzione regionale il potere di rilasciare ex post l’autorizzazione, lo spirito della norma verrebbe tradito; l’autorizzazione finirebbe con l’essere giustificata dall’esigenza di impedire la declaratoria di inammissibilità dell’appello da parte delle Commissioni regionali, piuttosto che dall’esigenza di assicurare un controllo effettivo dei superiori gerarchici sull’operato degli uffici periferici (cfr. Cassazione nn. 10239/2001, 10242/2001, 1132/2001, 111/2002).
Al riguardo, l’Avvocatura dello Stato ha precisato che l’istituto dell’autorizzazione assolve una triplice funzione: a) una interna all’Amministrazione, intesa a garantire il controllo gerarchico, anche di convenienza economica, sull’opportunità di proseguire il giudizio “iniziato male”; b) una esterna, che consente al contribuente di individuare nell’Amministrazione Finanziaria, nel suo insieme, il suo contraddittore, evitando anche il rischio di personalizzazione delle controversie; c) una funzione, infine, deflattiva di oggettiva economia dei giudizi, intesa a evitare che si protraggano contenziosi dall’esito scontato o comunque antieconomici per l’erario.
La Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, affermando che il difetto di leggibilità della sigla apposta in calce a un documento che, però, rechi l’indicazione della qualifica del funzionario competente a emanarlo, non ne comporta la nullità. Quando è possibile identificare il soggetto indicato come autore dell’atto e individuare la provenienza dell’organo al quale è attribuita la competenza, la sigla apposta sul documento deve essere considerata equipollente alla firma per esteso. Di conseguenza, l’illeggibilità della firma apposta sull’autorizzazione a proporre appello non comporta la nullità dell'atto, quando "se ne possa presumere la riconducibilità al soggetto abilitato a sottoscriverlo per conto del responsabile dell’ufficio competente".
Autorizzazione all'appello salva dalla illeggibilità della firma
Quando è comunque possibile ricondurla all'ufficio competente a sottoscrivere l'atto
