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Giurisprudenza

Avviso di accertamento al curatore:
è ok anche se il pvc non è allegato

La norma sulla motivazione per relationem stabilisce che l’atto richiamato sia accluso soltanto se non conosciuto dal contribuente e se non ne è riprodotto il contenuto essenziale

È legittimo l’avviso di accertamento notificato al curatore del fallito e motivato per relationem mediante rinvio al processo verbale di constatazione precedentemente notificato al contribuente ancora in bonis.
È quanto chiarito dall’ordinanza n. 27628 del 30 ottobre 2018, con cui la Corte di cassazione ha altresì precisato che l’Amministrazione non ha l’obbligo di confrontarsi con le ragioni manifestate dal contribuente nel corso del procedimento di accertamento con adesione.

La vicenda processuale
A seguito di un processo verbale di constatazione, notificato alla società contribuente a mani dell’amministratrice, con tre distinti avvisi di accertamento l’Agenzia delle entrate ha contestato una serie di movimentazioni finanziarie (prelevamenti e versamenti non giustificati), rettificando i redditi d’impresa dichiarati dalla società per gli anni 2000, 2001, e 2002 sottoposti a controllo.
Gli avvisi di accertamento sono stati notificati al curatore della società che nelle more era stata dichiarata fallita.

L’istanza di accertamento con adesione, proposta dal curatore fallimentare in seguito alla notifica degli avvisi, non ha sortito alcun effetto ai fini della definizione dei tre atti, che conseguentemente sono stati impugnati innanzi alla Ctp di Rovigo.
La pronuncia di primo grado, che ha rigettato i ricorsi riuniti, è stata ribaltata dalla Ctr di Venezia, che ha accolto l’appello proposto dalla società soccombente, annullando gli atti impositivi, per i seguenti motivi: “il primo attiene alla mancata allegazione del pvc agli avvisi di accertamento, posto che l’atto presupposto della pretesa non era stato redatto alla presenza del curatore, né a questi notificato in quanto all’epoca la società non era ancora fallita, così precludendogli il confronto tra l’avviso in cui si sostanzia la pretesa erariale e l’atto presupposto; il secondo sul mancato esame della analitica documentazione prodotta dalla curatela in sede di accertamento con adesione, essendosi l’Ufficio limitato, sia prima che dopo la notifica degli avvisi, ad un acritico e generale richiamo alle conclusioni dell’atto compiuto dalla G.d.F.”.

Avverso la decisione di secondo grado l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Corte
Con riguardo al ritenuto difetto di motivazione degli avvisi di accertamento, cui non risulta allegato il processo verbale di constatazione notificato alla società prima del fallimento, la Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso con cui l’Agenzia delle entrate ha dedotto l’erronea applicazione dell’articolo 7 dello Statuto del contribuente.
Secondo la Corte, sono opponibili al curatore tutti gli atti compiuti nei confronti dell’amministratore della società, inclusa la notifica del processo verbale di constatazione che, pertanto, non va allegato all’accertamento, poiché notificato e quindi conosciuto dalla società e, per essa, dal curatore.
Infatti, nel ribadire un proprio orientamento consolidato (cfr Cassazione, 24254/2015 e 20166/2016), conclude sul punto la Cassazione “…ai fini dell’adempimento dell’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, qualora il prodromico processo verbale di constatazione sia stato notificato al fallito quando era in bonis, l’obbligo di consegna al curatore della documentazione amministrativa dell’impresa fallita lascia ritenere, con presunzione iuris tantum, che anche tale verbale sia pervenuto nella disponibilità del curatore e che quindi sia stato da lui conosciuto; perciò, in tal caso, non è necessario che all’avviso di accertamento sia allegato il processo verbale richiamato”.

Con riguardo, invece, alla ritenuta illegittimità degli atti impositivi, che avrebbero recepito acriticamente le conclusioni del processo verbale di constatazione, non riviste dall’Amministrazione neppure a fronte delle giustificazioni addotte in sede di adesione, secondo la Cassazione non può derivarne un vizio di motivazione che comporterebbe l’annullamento degli atti, in quanto “…non sussiste nell’ambito del procedimento con adesione un obbligo giuridicamente sanzionato per l’Amministrazione di confrontarsi con le ragioni del contribuente”.
Confermata, quindi, la correttezza della motivazione degli atti impugnati, la Corte cassa la sentenza della Commissione tributaria regionale impugnata, con rinvio al giudice di secondo grado affinché valuti la fondatezza o meno della prova contraria offerta dal contribuente.

Osservazioni
Alla luce dei principi enunciati dall’articolo 3, legge 241/1990, e dall’articolo 7, legge 212/2000, qualsiasi atto emanato dall’Agenzia delle entrate deve essere sostenuto, a pena di nullità, da una motivazione che descriva i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che giustificano l’insorgere dell’obbligazione tributaria a carico del contribuente.
In particolare, l’articolo 7, comma 1, dello Statuto del contribuente stabilisce che “Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
In linea, ma anche al fine di mitigare la portata della norma statutaria, l’articolo 42, secondo comma, del Dpr 600/1973, precisa che “Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”.
La norme ammettono e disciplinano la motivazione per relationem dell’atto impositivo, stabilendo che l’atto richiamato va allegato all’avviso di accertamento solo se si tratta di atto non conosciuto dal contribuente e non ne sia riprodotto il contenuto essenziale.

In materia fallimentare, per regola generale, il curatore viene immediatamente in possesso di tutta la documentazione pertinente all’impresa. Infatti, quanto ai documenti già nella disponibilità del fallito prima del suo fallimento, la legge fallimentare - all’articolo 88 - ne propizia il passaggio al curatore, mentre quanto a quelli successivamente pervenuti, la legge fallimentare - all’articolo 48 - prescrive che la corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica venga consegnata al curatore.
Tra l’altro, già con la sentenza 2806/2010, la Corte di cassazione, al riguardo, aveva anche sottolineato la facoltà del curatore di chiedere all’Amministrazione finanziaria di prendere visione ed estrarre copia del processo verbale di constatazione, qualora esso non fosse reperibile fra gli atti da lui presi in consegna al momento della sua immissione nella carica.
L’Amministrazione può, quindi, limitarsi a motivare l’atto impositivo richiamando il verbale notificato alla società in bonis e, per le ragioni esposte, presumibilmente conosciuto dal curatore, salvo prova contraria.

L’Amministrazione non è neppure tenuta a dar conto del mancato accoglimento delle giustificazioni addotte dal curatore con la successiva istanza di adesione. Invero, l’omesso riscontro all’istanza non può determinare di per sé l’illegittimità della pretesa impositiva.
In tal senso si è espressa la Corte di cassazione, anche a sezioni unite, con la sentenza 3676/2010 (richiamata anche da Cassazione, 11438/2016, 21760/2012 e 29127/2011), escludendo che, in tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza di cui all’articolo 6, Dlgs 218/1997, comporti la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge.
Pertanto, come precisato anche dalla sentenza 28051/2009 (richiamata pure da Cassazione, 993/2015), la convocazione del contribuente non costituisce un obbligo per l’ufficio, bensì una facoltà, da esercitare in relazione a una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria.
 
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