L’atto con cui il concessionario della riscossione comunica al contribuente di aver ricevuto in carico le somme dell'accertamento ormai definitivo ed esecutivo, emesso dall'Agenzia delle entrate, non è atto autonomamente impugnabile.
È quanto ha stabilito la Corte di cassazione, accogliendo le tesi dell'Amministrazione finanziaria, con l’ordinanza n. 21254 del 19 luglio scorso.
Con la pronuncia in commento, i magistrati romani hanno, altresì, chiarito che possono essere oggetto di ricorso gli atti iscritti nell'elenco di cui all'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992 e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, ovvero capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti. Non possono, invece, essere autonomamente impugnati gli atti privi di natura provvedimentale, ancorché emessi dall'Amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione (o da organismi a questi ultimi ancillari), con cui si palesi esistente un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, di non aver avuto notizia.
Il fatto e il ricorso in primo e secondo grado
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di una società a responsabilità limitata e del suo amministratore diversi avvisi di accertamento che venivano impugnati dinanzi ai competenti giudici tributari.
Sia in prime che in seconde cure i giudici di merito confermavano il corretto operato del fisco, ritenendo pienamente legittimi gli atti impositivi emessi.
A seguito di tali determinazioni, essendo divenuti definitivi gli atti di accertamento, l’incaricato per la riscossione notificava alla società e al suo amministratore l’avviso di presa in carico del ruolo. Avverso tale atto il contribuente proponeva nuovamente ricorso dinanzi la magistratura tributaria, asserendo di non essere a conoscenza degli atti di accertamento presupposti.
Sia la Corte di giustizia tributaria di primo grado che quella di secondo grado, chiamate a pronunciarsi, ritenevano inammissibile il ricorso, affermando la non impugnabilità dell'avviso di presa in carico.
La società e l’amministratore ricorrevano, dunque, in ultima istanza dinanzi la Corte di cassazione.
La decisione dei giudici di Cassazione
Chiamati a pronunciarsi definitivamente sulla questione, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso della società contribuente e confermato la decisione dei giudici tributari di merito.
I magistrati di piazza Cavour hanno, infatti, chiarito che l’avviso di presa in carico non è un atto autonomamente impugnabile.
Pur se, infatti, l'elenco degli atti impugnabili contenuto al Dlgs n. 546/1992, articolo 19, comma 1, non deve essere considerato tassativo ed esaustivo non di meno, hanno precisato i giudici romani, gli atti che da quell'elenco sono esclusi possono essere ritenuti impugnabili solo quando siano concretamente lesivi.
E seguendo questa impostazione, certamente più sostanzialistica che formalistica, la stessa Corte di cassazione ha ritenuto impugnabili, ad esempio, sia la cartella che il ruolo esattoriale, da ultimo con la sentenza a sezioni unite n. 26283/2022, mentre è stato costantemente ritenuto non impugnabile l’avviso di presa in carico (si vedano in merito, tra le altre, Cassazione, pronunce n. 13775/2019 e n. 22184/2017).
L'avviso di presa in carico del ruolo, hanno proseguito i giudici di legittimità, è l’atto con cui il concessionario della riscossione comunica semplicemente al contribuente di aver ricevuto in carico le somme dell'accertamento ormai definitivo ed esecutivo, emesso dall'Agenzia delle entrate.
Nello stesso, dunque, non sono presenti né un’intimazione di pagamento né altro tipo di imposizioni nei confronti del contribuente: l’avviso si limita ad informare lo stesso contribuente che la competenza amministrativa è passata dall'ufficio preposto all'accertamento del maggior reddito a quello preposto ad ottenere il pagamento del debito ormai accertato. Si tratta, dunque, di un atto amministrativo senza valenza provvedimentale ossia privo di forza cogente e unilateralmente modificativa della situazione giuridica del destinatario.
Nonostante ciò, va rilevato come parte della dottrina ritenga autonomamente impugnabile l’avviso di presa in carico in quanto, benché non sia espressamente annoverato nell'elenco degli atti previsti dal Dlgs n. 546/1992, articolo 19, riconosce allo stesso non solo un contenuto informativo, ma anche funzione contestativa e sollecitatoria, paragonandolo sul piano sostanziale a una intimazione di pagamento.
Al riguardo, i giudici romani, hanno affermato di essere in disaccordo con tale impostazione. L'assimilazione all'intimazione di pagamento, hanno infatti spiegato, è frutto di un'ipotesi non verificata, generata dall'assunto che l'avviso di presa in carico abbia valenza contestativa e sollecitatoria. Ma tale contenuto non è presente nell'atto in forma esplicita, potendo essere solo dedotto da un'interpretazione soggettiva del destinatario, che si vede recapitare l'informazione del passaggio di competenza della propria pratica tributaria da un'amministrazione a un'altra.
L’unico caso, ha chiarito la Corte, nel quale l’avviso di presa in carico sarebbe da considerare atto autonomamente e validamente impugnabile è allorquando questo costituisca il primo atto con il quale il contribuente viene messo al corrente del debito tributario, avendo l’Amministrazione finanziaria omesso di notificare l'avviso di accertamento immediatamente esecutivo.
Dunque, affermando decisamente la non impugnabilità dell’avviso di presa in carico, i magistrati di ultima istanza hanno chiarito come occorra “dare continuità all'orientamento già affinato dalle Sezioni unite di questa Corte, precisando che sono ricorribili avanti la giustizia tributaria solo gli atti provvedimentali capaci di modificare unilateralmente ed in via autoritativa le situazioni giuridiche soggettive dei destinatati (pubblici o privati), sia di natura sostanziale - mediante accertamento di maggior reddito, prelievi o forme di esecuzione forzata - sia di natura processuale, comportando decadenze, dinieghi o limitazioni all'esercizio di azioni. Solo in tali condizioni, ed al momento della formale notizia o concreta percezione dell'esistenza di tali atti, sorge in capo al destinatario dell'azione amministrativa un interesse attuale, concreto, personale ed economicamente valutabile da assurgere al grado di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.”.
E l'avviso di presa in carico, non avendo capacità di incisione unilaterale sui profili sostanziali né involgendo lesioni agli aspetti processuali comportando limitazioni all'azione, risulta, dunque, chiaramente estraneo alla categoria degli atti autonomamente impugnabili.
I principi di diritto
Con la decisione in esame la Cassazione ha, infine, ribadito i seguenti principi di diritto:
- possono essere oggetto di ricorso avanti la giustizia tributaria gli atti iscritti nell'elenco di cui al Dlgs n. 546/1992, articolo 19, e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti – pubblici o privati – modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale (oppositivo o pretensivo) o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori
- non possono essere oggetto di ricorso gli atti privi di natura provvedimentale come sopra descritta, ancorché promananti dall'Amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione oppure organismi a questi ancillari, salvo che costituiscano la prima comunicazione con cui si palesi esistente un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, non aver avuto notizia.