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Giurisprudenza

Bancarotta e frode fiscale:
arresti domiciliari al manager

La sua condotta è strettamente connessa agli illeciti commessi dalla società arrivata artificiosamente al fallimento pianificando a tavolino la sua situazione debitoria

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Rischia la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta il manager che ha partecipato attivamente alla “frode carosello” e ha condotto la società al fallimento.
È quanto si desume dalla sentenza n. 51008 del 4 dicembre 2014 della sezione penale della Corte di cassazione.
 
La vicenda processuale
Il Tribunale del riesame di Milano, in riforma dell’ordinanza del Gip, annullava la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di un manager con riguardo al reato di bancarotta fraudolenta. Quanto al reato di frode fiscale, la misura cautelare veniva sostituita con quella interdittiva del divieto temporaneo di esercizio di imprese o uffici direttivi nel settore commerciale della fornitura di servizi pubblicitari.
 
La procura impugnava in Cassazione la decisione del Tribunale, deducendo il vizio di contraddittorietà della motivazione. Il giudice del merito, invero, dopo aver riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di frode fiscale, li aveva esclusi per quello di bancarotta, assumendo la mancata conoscenza in capo all’indagato del coinvolgimento della fallita nel meccanismo fraudolento.
 
La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema, investita della questione, ha accolto il ricorso della procura, annullando con rinvio limitatamente al reato di bancarotta l’ordinanza del Tribunale.
In particolare, i giudici di legittimità hanno argomentato che la condotta materiale dei due reati ipotizzati (bancarotta fraudolenta e frode fiscale) è la medesima. Conseguentemente, l’indagato, quale responsabile commerciale della società cartiera poi fallita, gravemente indiziato di aver partecipato alla “frode carosello”, “illogicamente è stato ritenuto dal Tribunale milanese non raggiunto da altrettanto grave compendio indiziario con riferimento al reato di bancarotta fraudolenta proprio per essere risultata la società fallita la centrale del meccanismo della frode fiscale”.
Detta situazione, invero, aveva avuto come indefettibile corollario l’aumento esponenziale del debito fiscale di una struttura non avente altra funzione se non quella di cartiera, fino a causarne il fallimento, proprio per effetto di quelle dolose operazioni descritte nell’imputazione e riferibili anche all’indagato a titolo di concorso quale extraneus nel reato proprio degli amministratori della fallita.
 
Osservazioni
Con riguardo alla valutazione inerente la sussistenza dei presupposti di legittimità della misura cautelare personale annullata per il reato di bancarotta fraudolenta dal Tribunale del riesame, la Corte suprema in diversi pronunciamenti ha ricordato che, ai fini della legittimità del mantenimento dello stato di custodia cautelare, è necessario che il quadro probatorio superi la soglia della sufficienza degli indizi per approdare allo stato più avanzato della gravità degli indizi medesimi.
 
Ne consegue che il giudice di merito, per adempiere all’obbligo della motivazione, deve prima accertare la sussistenza di seri e concreti elementi indizianti di reità e, poi, indicare in modo specifico le ragioni in virtù delle quali a detti elementi sia da riconoscere, in una valutazione globale del materiale probatorio, rilevanza tale da avvalorare non già la mera possibilità, ma la ragionevole probabilità che l’imputato sia colpevole del reato che gli viene attribuito.
In tema di misure cautelari personali, altresì, ai fini della valutazione del pericolo che l’imputato commetta ulteriori reati della stessa specie, il requisito della “concretezza”, cui si richiama l’articolo 274 cpp, comma primo, lettera c), non si identifica con quello di “attualità” derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario, il requisito in questione essere riconosciuto alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che esistano elementi “concreti” (cioè non meramente congetturali) sulla base dei quali possa affermarsi che l’imputato, verificandosi l’occasione, possa facilmente commettere reati rientranti fra quelli contemplati dalla norma processuale in discorso.
 
Nel caso in esame, pertanto, per i giudici, la consapevolezza di essere alla guida di una società cartiera che non versa le imposte configura i gravi indizi di colpevolezza legittimanti la misura cautelare personale degli arresti domiciliari. Tanto più, con riferimento alla condotta partecipativa dell’indagato alla realizzazione della frode carosello, avendo il tribunale del riesame ritenuto che il comportamento posto in essere proprio nella sua qualità di responsabile commerciale delle società italiane del gruppo, si era concretato nell’assicurare la puntuale esecuzione delle modalità di fatturazione necessarie alla realizzazione del piano criminoso.
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