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Giurisprudenza

Bis di conferme su “vizi propri” e litisconsorzio (non) necessario

Il contribuente che intende impugnare un avviso di pagamento non può invocare la tardiva notifica della cartella

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La nullità della cartella di pagamento per tardiva notifica non può essere fatta valere nel ricorso contro l’intimazione di pagamento.
Nelle cause aventi ad oggetto l’asserita nullità dell’avviso di mora per mancata notifica della relativa cartella non è configurabile litisconsorzio necessario tra Agenzia delle entrate e Concessionario della riscossione.
Questi i principi affermati, o meglio riconfermati, dalla Cassazione con la sentenza 14072 dello scorso 27 giugno.
 
Sui vizi propri
Prima di scendere nel dettaglio delle categorie degli atti impugnabili, occorre riflettere, brevemente, sui limiti della giurisdizione tributaria nella sua duplice connotazione: orizzontale e verticale. Se la delimitazione definita come orizzontale, o “esterna”, passa attraverso l’inerenza della lite a un tributo (“tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati”, articolo 2 del Dlgs 546/1992), quella verticale, o “interna”, non può sfuggire all’attento disposto dell’articolo 19 dello stesso decreto.
In altre parole, la risposta sull’impugnabilità di un atto in sede tributaria è data solo dal superamento di un doppio test: in primis è necessario verificare che l’atto abbia, potremmo dire per semplicità espositiva, carattere tributario e, successivamente, che lo stesso rientri nel decalogo degli atti impugnabili.

A questo proposito, occorre osservare che il nostro ordinamento conosce tre tipologie di atti:
  • atti impugnabili autonomamente, per i quali il riferimento va all’elenco dell’articolo 19, comma 1, Dlgs 546/1992, anche se interpretato in via estensiva della Corte di cassazione (si veda, ad esempio, la sentenza 16923/2007, secondo cui devono rientrare nel concetto di avvisi di accertamento tutti quegli atti con i quali l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa definita)
  • atti ad impugnazione differita, impugnabili unitamente all’atto successivo, del quale l’atto non impugnabile costituisce atto presupposto o pregiudiziale
  • atti non impugnabili, quali, ad esempio, atti interni (circolari e risoluzioni), atti espressione di funzione consultiva (pareri).
Per gli atti autonomamente impugnabili, qui di interesse, è consacrato il principio dell’impugnabilità per vizi propri espresso dal comma 3 dello stesso articolo 19. Da questo disposto discende che, una volta che l’atto che si vuole contestare rientra nella casistica di quelli autonomamente impugnabili, è fatto divieto al contribuente di presentare ricorso sollevando vizi a esso estranei.
Tale principio è temperato dalla previsione di un’eccezione, anch’essa prevista dal comma 3 dell’articolo 19, relativa all’ipotesi in cui l’atto autonomamente impugnabile non sia stato notificato. Solo in questo caso al contribuente è data facoltà di far valere il vizio di mancata notifica nel ricorso contro il successivo atto notificato. Così ragionando, si ammette, ad esempio, il ricorso contro la cartella di pagamento fondato sull’eccezione di nullità relativa alla mancata notifica del presupposto avviso di accertamento.
 
E’ su questa scorta che i giudici di legittimità hanno correttamente delineato i contorni dell’eccezione e rigettato il ricorso qui in commento. La vicenda oggetto di giudizio riguardava, infatti, un ricorso presentato avverso un’intimazione di pagamento basata su una cartella tardivamente notificata. I giudici di merito avevano, pertanto, fatto cattivo governo della disposizione relativa alla suesposta eccezione che rimane confinata ai casi di mancata notifica.
Per tale ragione, la Corte di cassazione sottolinea che la tardività dell’atto prodromico autonomamente impugnabile ex articolo 19, comma 1, nella vicenda della cartella di pagamento, può essere fatta valere solo con tempestiva opposizione allo stesso.
 
Sul litisconsorzio non necessario
Il secondo aspetto affrontato dalla sentenza riguarda l’asserito litisconsorzio necessario tra Agenzia e concessionario della riscossione.
La Corte, dopo aver precisato che la vicenda coinvolge cause scindibili, ha richiamato un proprio precedente (sentenza 2803/2010), in base al quale è stata fatta salva la possibilità, nel caso di intimazione di pagamento non preceduta dalla notifica della cartella di pagamento (fattispecie che si sottolinea divergere da quella della vicenda in esame), di esercitare l’azione sia nei confronti dell’Agenzia che nei confronti del concessionario, senza che tra di essi si configuri l’istituto del litisconsorzio necessario, e attribuendo a quest’ultimo la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore.
 
Occorre ricordare che la Cassazione, proprio con riferimento a un avviso di mora notificato al contribuente non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento, ha avuto modo di pronunciarsi a sezioni unite nel 2007 (sentenza n. 16412) risolvendo un annoso contrasto all’interno della Corte, contrasto che faceva riferimento a un triplice orientamento:
… a) un primo, secondo il quale la mancata previa notifica dellacartella sarebbe sostanzialmente irrilevante, stante la possibilita',normativamente prevista, che il contribuente impugni, insieme all'avviso di mora, anche l'atto presupposto omesso, opponendo tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre nell'impugnare quest'ultimo, ove esso gli fosse stato regolarmente notificato (in particolare, Cass. n. 7533 e n. 16464 del 2002)
b) un secondo, secondo il quale la mancata previa notifica della cartella determinerebbe in ogni caso la nullità dell'avviso di mora (in particolare, Cass. n. 2798 e 7649 del 2006)
 c) un terzo, secondo il quale l'avviso di mora non preceduto dalla notifica della cartella sarebbe valido solo a condizione che esso contenga tutti gli elementi propri della cartella ed utili all'individuazione della specifica pretesa tributaria e delle relative ragioni (in particolare, Cass. n.1430 del 2003; nello stesso senso, anche se in relazione a fattispecie parzialmente diversa, Cass. n. 15858 del 2005)…
 
In quell’occasione, la Corte, per garantire l’efficace esercizio del diritto di difesa, precisava che la formazione della pretesa tributaria dovesse avvenire nel rispetto dell’emanazione di una serie ordinata di atti determinati, da portare a conoscenza dei contribuenti attraverso le relative notificazioni.
Per tale ragione, l’omissione della notificazione di un atto presupposto, a parere della Corte, costituiva (e costituisce) vizio procedurale comportante la nullità dell’atto consequenziale notificato. La nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria.
 
E ancora, la Corte aveva avuto cura di precisare che l’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi un’ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà, ex articolo 39 del Dlgs 112/1999, di chiamare in causa l’ente creditore.
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