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Giurisprudenza

Bonus “lavoratori impatriati”:
ok, ma soltanto con opzione

In caso contrario, essendo l’agevolazione subordinata a tale adempimento, il contribuente non può chiedere il rimborso dell’Irpef versata senza applicare il regime o erroneamente indicata in dichiarazione

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La Corte di giustizia tributaria di II grado della Lombardia, con la sentenza n. 1474 del 21 aprile 2023, ha stabilito che l’applicazione del bonus per i lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia è subordinata a una manifestazione di volontà, che deve avvenire nelle modalità definite dal direttore dell'Agenzia. Quindi, il contribuente che omette di richiedere al datore di lavoro l'agevolazione e non presenta una dichiarazione con riduzione dell'imposta, non può esercitare l'opzione.

La vertenza originava dall’istanza di rimborso della maggiore Irpef, versata negli anni 2017 e 2018, da un contribuente, a causa della mancata applicazione del regime agevolativo previsto a favore dei “lavoratori impatriati”, disciplinato dall'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015.
A seguito del silenzio rifiuto dell’Agenzia delle entrate, il contribuente proponeva ricorso avanti alla Ctp di Milano che lo accoglieva, ritenendo legittima la richiesta del beneficio fiscale tramite presentazione di un’istanza di rimborso a norma dell'articolo 38del Dpr 602/1973, come consentito dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 85330/2018.
Avverso la sentenza di prime cure, proponeva gravame l’ufficio, deducendo l'errata applicazione del provvedimento citato, il quale consente la presentazione dell’istanza di rimborso (in alternativa alla dichiarazione integrativa) ai soli contribuenti che hanno optato per il regime agevolativo previsto a favore del regime richiamato, opzione, tuttavia, non esercitata dal contribuente in questione. Diversamente, la parte appellata sosteneva che la legge non prevedesse, per usufruire del regime fiscale di vantaggio in argomento, alcun adempimento formale da compiersi a pena di decadenza.

La sentenza dei giudici lombardi
La Corte di secondo grado della Lombardia, nell’accogliere il gravame erariale, premette che l'applicazione del regime agevolativo per i lavoratori che, a norma dell'articolo 2 Tuir, trasferiscono la propria residenza nel territorio dello Stato (“impatriati”) è subordinato a una manifestazione di volontà del contribuente interessato, come risulta espressamente dall'articolo 16, comma 4, Dlgs n. 147/2015, modificato dall'articolo 8-bis Dl n. 148/2017, secondo cui i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, legge n. 78/2010, che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015, che intendono avvalersi, alternativamente, dello specifico regime agevolativo previsto dal citato art 16, devono esercitare un’apposita opzione seguendo “le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate”.

Ebbene, osserva la Corte, per gli anni di imposta 2017 e 2018 il provvedimento al quale occorre riferirsi è quello emesso dal direttore dell’Agenzia n. 46244/2016, integrato dal provvedimento n. 64188/2017 (il provvedimento n. 85330 del 2018, definisce, invece, le modalità di presentazione dell'istanza di rimborso relativa all'anno di imposta 2016).
In base al citato provvedimento del 2016, l'esercizio dell'opzione, espressamente qualificata come irrevocabile, si esercita con due modalità:

  1. mediante richiesta scritta da presentare al datore di lavoro (sostituto di imposta) affinché applichi le ritenute ridotte
  2. qualora il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere il beneficio, il contribuente è legittimato a indicare direttamente nella dichiarazione il reddito nella misura ridotta dall'applicazione della agevolazione prevista dal citato articolo 16 Dlgs 147/2015.

In sostanza, il contribuente, omettendo di richiedere al datore di lavoro l'applicazione del regime agevolativo e non presentando direttamente una dichiarazione con riduzione dell'imposta in conformità al beneficio fiscale di cui al citato articolo 16, ha manifestato la volontà di non esercitare l'opzione in oggetto.
In definitiva, conclude il Collegio lombardo, trattandosi di dichiarazione di volontà e non di scienza, la stessa è irretrattabile e non consente di avvalersi dell'istituto del rimborso previsto dall'articolo 38 Dpr 602/1973, il quale, nel caso specifico, presuppone il previo esercizio dell'opzione in oggetto e la successiva commissione di un errore materiale o di calcolo nella concreta applicazione del regime agevolativo prescelto.

Il regime dei “lavoratori impatriati”
In conclusione, è opportuno ricordare i requisiti essenziali, che deve possedere il lavoratore, per essere considerato “impatriato” e accedere al beneficio fiscale in questione, esplicitati anche dalla prassi di riferimento, alla quale si rinvia (cfr, tra le varie, la circolare 33/E/2020).
In questo senso, l’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015 prevede che i redditi ivi indicati, tra i quali si annoverano quelli da lavoro dipendente, prodotti nel territorio dello Stato da lavoratori che trasferiscono in Italia la propria residenza, concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 30% del loro ammontare (per effetto delle modifiche apportate dal decreto “Crescita”, Dl n. 34/2019), al ricorrere delle seguenti condizioni:

  1. i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti al trasferimento nel territorio dello Stato e si impegnano a risiedervi per almeno due anni. La norma, invece, non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera ma, come chiarito da altra prassi dell’Amministrazione finanziaria (cfr risoluzione n. 51/E/2018), si ritiene che la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente a integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire l’accesso al regime agevolativo
  2. l’attività di lavoro è prestata prevalentemente in Italia, ossia per un numero di giorni superiore a 183 nel corso dell’anno.

Se detti requisiti sussistono congiuntamente, il lavoratore potrà beneficiare del bonus fiscale in questione, esercitandolo necessariamente, come esposto nella sentenza in commento, nelle forme previste dal direttore dell’Agenzia delle entrate.

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