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Giurisprudenza

Buona la documentazione acquisita
nel procedimento penale all’estero

Soltanto le prove trasmesse in violazione di specifiche disposizioni internazionali, che richiedono inderogabili modalità di conseguimento e invio, non possono essere accolte

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 20421 del 9 maggio 2018, ha confermato una condanna per dichiarazione fraudolenta, ritenendo utilizzabile la documentazione acquisita nel procedimento penale avvenuto all’estero e trasmessa dalla Polizia giudiziaria britannica alla Guardia di finanza di Saronno, in assenza di rogatoria internazionale.
 
Vicenda processuale
In primo grado, un manager veniva condannato per dichiarazione fraudolenta, per aver utilizzato fatture relative a operazioni inesistenti per le annualità fiscali 2006, 2007 e 2008, sulla base di documentazione acquisita in un procedimento penale avvenuto all’estero.
In secondo grado, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza dei giudici di prime cure, dichiarava non doversi procedere per le condotte riferite alle annualità fiscali 2006 e 2007 per essere i reati estinti per prescrizione, confermando tuttavia l’affermazione di responsabilità per l’annualità 2008.
 
L’imputato proponeva ricorso in Cassazione avverso tale pronuncia, deducendo una serie di motivi, tra cui l’inutilizzabilità:
  1. della documentazione trasmessa dalla Polizia giudiziaria britannica alla Guardia di finanza, senza far ricorso alla procedura della rogatoria internazionale
  2. di quella proveniente dall’autorità giudiziaria elvetica, acquisita mediante la procedura della rogatoria internazionale in altro procedimento penale e prodotta in atti dal pubblico ministero.
La pronuncia della Corte
La Corte di cassazione penale, nella pronuncia in commento, conferma la legittimità dell’operato della Guardia di finanza, ritenendo che il giudice di seconde cure si è correttamente uniformato alla giurisprudenza prevalente secondo cui “la sanzione dell’inutilizzabilità sancita dall’articolo 729, comma 1, Cpp, come modificato dall’articolo 13 della legge 367/01, è speciale e come tale non è applicabile in via estensiva o analogica al di fuori dello specifico ambito nel quale essa è prevista, cioè quello delle rogatorie all’estero”.
In particolare, ad avviso della Corte, la suddetta previsione sanzionatoria non è applicabile all’acquisizione di informazioni, emerse all’interno di un procedimento penale all’estero, che, spontaneamente e autonomamente, l’Autorità giudiziaria di uno Stato ha offerto all’autorità giudiziaria italiana (cfr Cassazione, 44673/2008, 9960/2005 e 20100/2002), come avvenuto in relazione della documentazione trasmessa dalla Polizia giudiziaria britannica alla Guardia di finanza di Saronno.
 
La relativa documentazione è stata, dunque, considerata pienamente utilizzabile, anche avendo riguardo alla circostanza che la spontaneità del conferimento è scaturita da un trasferimento avvenuto con un procedimento che ha seguito normali canali di cooperazione informativa, espressione di naturale collaborazione istituzionale nei settori di specifica competenza tra singole amministrazioni, senza che sussista alcun limite ufficiale all’utilizzazione della stessa.
In merito, si è stabilito che un’interpretazione corretta dell’articolo 729 cpp, deve far ritenere inutilizzabili soltanto le prove acquisite o trasmesse dalle Autorità straniere in violazione di specifiche disposizioni internazionali inequivocabilmente dirette a introdurre modalità inderogabili di acquisizione e di trasmissione.
Di contro, al caso di specie, è stata applicata la disciplina di cui all’articolo 234 cpp, in ragione della natura documentale degli atti, ricognitivi di una realtà contabile, e assolutamente rilevanti per ricostruire il complessivo quadro finanziario, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, delle operazioni effettuate all’interno del contesto in cui si è sviluppato il fatto da accertare.
 
Peraltro, con riguardo all’eccepita inutilizzabilità della documentazione proveniente dall’Autorità elvetica, la Corte ha ricordato che il protocollo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria, firmato il 16 ottobre 2001, ed entrato in vigore il 5 ottobre 2005, ha abrogato l’articolo 50, comma 3, della Convenzione del 19 giugno 1990, per l’applicazione dell’Accordo di Schengen, con la conseguenza che è venuto meno, per i Paesi aderenti alla suddetta Convenzione, il limite alla utilizzazione degli atti trasmessi nell’ambito di una procedura rogatoriale in procedimenti diversi da quello nel quale sia stata accolta la richiesta, salvo che tale limite sia apposto dal Paese concedente nell’atto di trasmissione (cfr Cassazione, 1926/2016 e 26885/2016).
Di conseguenza, anche la documentazione acquisita dall’Autorità elvetica è stata ritenuta pienamente utilizzabile, emergendo dagli atti e dalla stessa sentenza impugnata, che essendo oggetto di procedura di rogatoria in altro procedimento penale, era stata prodotta in giudizio dal Pm con formale autorizzazione da parte dell’Autorità rogata.
 
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