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Giurisprudenza

Calcolo del pro rata: rileva
l'attività effettivamente svolta

A questa, e non già all'oggetto sociale come definito dall'atto costitutivo, occorre avere riguardo per verificare se una determinata operazione va considerata nel conteggio

immagine con una lampadina spenta in mezzo ad altre accese
In base a quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 19 del Dpr n. 633/1972, per i contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo a operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo a operazioni esenti (ex articolo 10 del medesimo decreto), il diritto alla detrazione dell'Iva spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui al successivo articolo 19-bis ("pro-rata").
Nello specifico, il comma 2 della disposizione da ultimo richiamata prevede che "Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili, dei passaggi di cui all'articolo 36, ultimo comma, e delle operazioni di cui all'articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) e f), delle operazioni esenti di cui all'articolo 10, primo comma, numero 27-quinquies), e, quando non formano oggetto dell'attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del predetto articolo 10, ferma restando la indetraibilità dell'imposta relativa ai beni e servizi utilizzati esclusivamente per effettuare queste ultime operazioni".
Dal combinato disposto delle summenzionate disposizioni, deriva che eventuali operazioni occasionali, che fuoriescono dall'ordinaria attività d'impresa, non vanno computate ai fini del calcolo del pro-rata di indetraibilità dell'Iva.

In relazione alla disciplina normativa brevemente richiamata, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 9670/2018, è stata chiamata a decidere in merito alla legittimità, o meno, dell'esclusione dal suddetto calcolo del pro-rata di operazioni Iva esenti (di finanziamento di società controllate) che, pur non costituendo l'oggetto sociale della contribuente, di fatto avevano costituito l'unica attività effettivamente svolta dalla medesima nell'esercizio di riferimento e in alcuni esercizi precedenti.

In proposito la Corte, uniformandosi a orientamenti interpretativi già manifestati in precedenti occasioni, ha innanzi tutto ricordato che la determinazione dell'effettivo volume d'affari di un soggetto passivo deve essere effettuata tenuto conto dell'attività commerciale in concreto svolta dal medesimo con l'effetto che, anche ai fini del calcolo del pro-rata di indetraibilità, si deve tenere conto di quelle operazioni esenti che costituiscono l'oggetto dell'attività propria d'impresa, la quale va individuata non già in base a quanto previsto dall'atto costitutivo della società, bensì in base all'attività realmente svolta dal soggetto passivo.
Infatti, secondo giurisprudenza costante, rientrano nell'attività propria dell'impresa (da computare ai fini del pro-rata Iva) non solo gli atti che tipicamente esprimono il raggiungimento del fine produttivo o commerciale dell'impresa, come definito nel negozio costitutivo, ma anche gli atti ulteriori che configurano strumento normale per il conseguimento di quel fine, secondo parametri di regolarità causale, o comunque siano a esso legati da un nesso di carattere funzionale, non meramente occasionale.

In senso analogo all'orientamento manifestato, in diverse occasioni, dalla suprema Corte (fra le altre, si vedano: 16 marzo 2018, n. 6486; 14 marzo 2014, n. 5970; 21 ottobre 2009, n. 22243; 10 settembre 2009, n. 19484; 7 maggio 2008, n. 11085; 12 marzo 2008, n. 6574; 5 marzo 2007, n. 4989; 12 febbraio 2007, n. 3022; 28 luglio 2006, n. 17226; 18 gennaio 2006, n. 912; 12 maggio 2006, n. 11073 e Corte di giustizia Ce 13 marzo 2008, n. C-437/06), si è posta la prassi amministrativa.
A tal proposito, basti ricordare che già con la risalente circolare 3 agosto 1979, n. 25, l'amministrazione finanziaria aveva chiarito che "Nel caso, invece, in cui vengano effettuate, oltre alle operazioni imponibili e/o non imponibili, operazioni esenti di cui ai nn. da 1 a 9 dell'art.10 (operazioni di credito e finanziamento, di assicurazione, di riscossione tributi, locazioni ecc.) l'ammontare di tali operazioni, ai fini della determinazione della percentuale di indetraibilità, non va computato né tra le operazioni esenti né tra quelle che compongono il volume d'affari sempre che, beninteso, le medesime non formino oggetto dell'attività propria dell'impresa o siano accessorie ad operazioni imponibili. In ordine alla condizione richiesta dalla legge - che cioè le operazioni ai detti fini non debbono formare oggetto dell'attività propria dell'impresa - si ritiene di dover precisare, nello spirito della norma, che la sussistenza di detta condizione si verifica allorquando le operazioni esenti effettuate dal soggetto non siano da considerare come svolte nell'esercizio dell'attività normalmente esercitata; rimangono pertanto non rilevanti le operazioni suddette se eseguite nell'ambito di attività occasionali o accessorie ovvero nell'ambito di attività strumentali per il perseguimento dell'oggetto dell'impresa".
Similmente, con la successiva risoluzione dell'amministrazione finanziaria 20 febbraio 1980, n. 369194 (relativamente a un caso di operazioni accessorie di carattere finanziario, esenti, compiute da un'impresa operante nel settore alimentare), è stato affermato che tali operazioni accessorie esenti non avrebbero dovuto considerarsi influenti, agli effetti del calcolo del pro-rata, neppure se statutariamente previste.

Come ricordato dalla suprema Corte con la sentenza in epigrafe, la correttezza di siffatta impostazione è stata suffragata anche dalla Corte di giustizia Ue con la sentenza 14 dicembre 2016, n. C-378/15, Mercedes Benz Italia Spa. In detta occasione, la Corte europea del Lussemburgo era stata chiamata a pronunciarsi (in una controversia sorta tra la sede italiana di una società automobilistica tedesca e l'amministrazione finanziaria nazionale) in merito all'individuazione delle corrette modalità di calcolo del pro-rata Iva a essa spettante sugli acquisti di beni e servizi utilizzati per l'effettuazione sia della propria attività principale di carattere automobilistico sia per l'attività esente di concessione di finanziamenti in favore delle altre società controllate del gruppo.
Più in particolare, detta società aveva escluso l'ammontare degli interessi percepiti in relazione ai cennati finanziamenti dal calcolo della percentuale di detrazione, sul presupposto che detta attività finanziaria avrebbe dovuto considerarsi di carattere "accessorio" rispetto all'attività imponibile ordinariamente esercitata, e che, quindi, non avrebbe dovuto essere considerata rilevante agli effetti della limitazione dell'imposta detraibile sugli acquisti dei beni e servizi da essa effettuati, in base all'articolo 19-bis, comma 2, del Dpr n. 633/1972.
L'amministrazione finanziaria nazionale, di contro, aveva eccepito che detti interessi non avrebbero potuto considerarsi "accessori", costituendo una parte preponderante del volume d'affari della società nell'anno in considerazione e che, quindi, avrebbero dovuto comunque ritenersi rilevanti agli effetti del calcolo del pro-rata.
Investita della questione, la Corte di giustizia ha affermato che la disposizione di cui all'articolo 17, comma 5, lettera d), della sesta direttiva, che consente l'adozione del criterio del "pro-rata generale", riguarda il "..complesso dei beni e dei servizi utilizzati dal soggetto passivo al fine di realizzare tanto le operazioni che danno diritto a detrazione quanto quelle che non conferiscono tale diritto, senza che sia necessario che tali beni e servizi servano a effettuare sia l'uno sia l'altro tipo di operazioni" e, in tale ottica, la Corte Ue ha ritenuto che l'assetto normativo nazionale in tema di pro-rata sia conforme alle cennate disposizioni sovranazionali del tributo.


a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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