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Giurisprudenza

Cambiamento di domicilio fiscale:
sì al passa parola tra i diversi tributi

La variazione richiesta ai fini Iva è valida a tutti gli effetti anche per quanto riguarda la determinazione della competenza territoriale in caso di accertamento Irpef

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Il domicilio fiscale prevale sulla residenza anagrafica, se il primo è indicato (ad esempio, con la richiesta di variazione della partita Iva), ai fini di un’imposta (Iva) diversa da quella oggetto di accertamento (Irpef), in altro luogo rispetto a quello di residenza anagrafica.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 11170 del 10 maggio.
 
I fatti
La signora X ha impugnato l’avviso di accertamento emesso ai fini Irpef per l’anno 1998, eccependo unicamente la nullità dell’atto per difetto di competenza territoriale dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Vasto.
La Commissione tributaria provinciale di Chieti ha accolto il ricorso, rilevando dalla certificazione anagrafica agli atti che l’interessata era stata residente in Bari sino al 31 gennaio 2000, per trasferire poi la propria residenza a Vasto dall’1 febbraio dello stesso anno.

Anche in secondo grado la contribuente ha registrato la sua vittoria. I giudici, infatti, hanno ritenuto che:
  • la competenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate si estrinseca nell’ambito della circoscrizione entro la quale hanno il domicilio fiscale i soggetti tenuti alla dichiarazione e che tale domicilio coincide con quello denunciato all’anagrafe del Comune ove il soggetto risiede
  • dagli atti processuali risultava acclarato che la contribuente aveva trasferito la residenza anagrafica nel Comune di Vasto solo nell’anno 2000
  • quindi, non aveva alcun rilievo la comunicazione di variazione presentata ai fini Iva (la signora risultava essere in Vasto sin dal 5 ottobre 1998), in quanto gli articoli 31 e 37 del Dpr 600/1973, assegnano all’Amministrazione finanziaria un potere-dovere di controllo e di verifica dei dati e delle notizie fornite dai contribuenti.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, ritenendo che la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo aveva fatto erronea applicazione delle norme in materia (articoli 3, I e II comma, 31, 36, 37 e 58, del Dpr 600/1973, e articolo 35 del Dpr 633/1972), poiché aveva giudicato irrilevante la comunicazione del domicilio effettuata dalla ricorrente ai fini della competenza territoriale dell’ufficio a emettere l’atto impositivo e aveva ritenuto incombente sull’ufficio l’obbligo di controllo in ordine al domicilio fiscale della contribuente.

La Corte, ritenendo fondati i motivi di ricorso, con la sentenza in esame ha dato continuità al proprio orientamento, “…(Sez. 5, sentenza n. 5358 del 10/03/2006) secondo cui ‘in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell’ufficio accertatore è determinata dall’art. 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.600 con riferimento al domicilio fiscale indicato dal contribuente, la cui variazione … costituisce pertanto atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio non solo ai fini delle notificazioni, ma anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all’ufficio nella cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio. Tale ius variandi dev’essere peraltro esercitato in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario…’”.

Osservazioni
Punto focale della sentenza è l’individuazione dell’ufficio territoriale competente al controllo della dichiarazione di una persona fisica a seguito di variazione del suo domicilio fiscale.
In generale, la competenza è individuata facendo riferimento al domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata (ex articolo 31, Dpr 600/1973) e, cioè, al Comune nella cui anagrafe è iscritto il contribuente residente (articolo 58, Dpr 600/1973). Lo stesso domicilio fiscale deve risultare, per le persone fisiche, dalla dichiarazione di inizio attività, ai fini del rilascio della partita Iva (articolo 35, Dpr 633/72).

Nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte, alla data in cui avrebbe dovuto presentare la dichiarazione dei redditi (oggetto di controversia), la contribuente, sulla base delle risultanze anagrafiche, risiedeva nel Comune di Bari. Tuttavia emergeva altrettanto incontroverso che la stessa contribuente, nella richiesta di variazione di partita Iva nell’anno 1999, aveva dichiarato di essere residente sin dal 1998 a Vasto, anticipando quindi gli effetti del suo trasferimento.
E proprio il cambiamento comunicato con tale richiesta di variazione (nel precedente richiamato dai giudici di legittimità si faceva riferimento alla variazione comunicata con la dichiarazione annuale dei redditi) è stato giudicato “atto idoneo” a rendere noto all’Agenzia il nuovo domicilio sia a fini notificatori, sia a fini relativi alla legittimazione a procedere dell’ufficio.

La disciplina delle notificazioni degli atti tributari, infatti, si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e di tenere lo stesso ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni. Di conseguenza, il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima a eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto (Cassazione, sentenza 1440/2013).

E non solo. Oltre a tali effetti legati all’attività dell’Amministrazione, la variazione di domicilio si proietta, secondo i principi di buona fede e affidamento, anche nel rapporto Fisco-Contribuente: quest’ultimo, una volta indicato in una propria comunicazione o dichiarazione il domicilio fiscale in un luogo diverso da quello precedente, non può invocare tale difformità, eccependo a suo vantaggio, sotto il profilo dell’incompetenza per territorio, 1’invalidità dell’atto di accertamento compiuto dall’ufficio finanziario competente in relazione all’indirizzo da lui stesso dichiarato.

La Corte, quindi, ribadisce il principio di unicità del domicilio fiscale: tale dato prevale sulla residenza anagrafica anche se è dichiarato, ai fini di un’imposta diversa (Iva) da quella oggetto di accertamento (Irpef), in altro luogo rispetto a quello anagrafico. Con la conseguenza che, a seguito di una comunicazione effettuata dalla stessa contribuente, nessun obbligo di ulteriore controllo poteva essere posto a carico dell’Amministrazione finanziaria.
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