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Giurisprudenza

Cancellazione dal "registro".
Per i crediti rivolgersi ai soci

Se l'estinzione interviene in pendenza di giudizio, il processo si interrompe, con eventuale successiva prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei partecipanti

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La cancellazione di una società dal registro delle imprese ha efficacia costitutiva e ne determina l'immediata estinzione indipendentemente dai rapporti giuridici a essa facenti capo, con la conseguenza che i crediti pendenti sono a carico dei soci. Fra le conseguenze processuali, l'impossibilità di agire in giudizio.
La Corte di cassazione, con le importanti sentenze a sezioni unite n. 6070 e 6071 del 12 marzo, è intervenuta a dirimere le incertezze interpretative in merito agli effetti conseguenti alla cancellazione della società sia sul piano sostanziale sia processuale.

La questione
Con le precedenti sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010, le sezioni unite della Corte di cassazione avevano decretato in modo piuttosto netto che la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese, a seguito della novella legislativa dell'articolo 2495 del codice civile contenuta nella riforma del diritto societario, ha efficacia costitutiva, determinando l'immediata estinzione della società indipendentemente dall'esaurimento dei rapporti giuridici a essa facenti capo.

La giurisprudenza anteriore alla riforma del diritto societario (entrata in vigore a inizio 2004) era, invece, costante nel sostenere la non coincidenza tra la cancellazione dal registro delle imprese e l'estinzione vera e propria della società stessa. In sostanza, ante riforma, l'interpretazione prevalente riteneva che se, anche successivamente alla cancellazione emergessero rapporti di credito o debito, ovvero contenziosi, vi fosse una prosecuzione della capacità giuridica e della soggettività, anche processuale, della società stessa. Ciò comportava, evidentemente, che i creditori sociali insoddisfatti avrebbero dovuto rivalersi direttamente nei confronti della società.

L'inciso introdotto dal legislatore della riforma all'articolo 2495 cc "ferma restando l'estinzione della società.." ha indotto la Corte di cassazione a mutare il proprio orientamento e affermare che, con la cancellazione dal registro delle imprese, si verifica a pieno titolo anche l'estinzione della società di capitali e ciò indipendentemente dalla sussistenza o meno di creditori insoddisfatti.

Le predette sentenze a sezione unite avevano, altresì, dichiarato applicabile, per ragioni di ordine sistematico, lo stesso principio anche alle società di persone.
Il fatto che la società cancellata si estingua comunque, anche in presenza di rapporti non ancora definiti, aveva però fatto sorgere la problematica, ampiamente dibattuta, in merito alla sorte di questi ultimi.

I principi di diritto delle pronunce 6070 e 6071
Con queste nuove sentenze, le sezioni unite intervengono nuovamente per far chiarezza e mettere a fuoco gli effetti dell'estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese.
La Corte di cassazione, ribadito l'effetto estintivo della cancellazione, fornisce una soluzione per così dire "in chiave successoria", identificando nei soci i successori della società estinta, tanto sul piano sostanziale quanto su quello processuale.

Sul piano sostanziale, la Suprema corte, dopo aver espressamente escluso che la cancellazione dal registro delle imprese, pur provocando l'estinzione dell'ente debitore, determini al tempo stesso la sparizione dei debiti insoddisfatti, afferma, infatti, che in tali casi "si determina un fenomeno di tipo successorio", in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili. I creditori sociali insoddisfatti devono quindi rivolgere le loro pretese direttamente nei confronti dei soci e non della società ormai estinta, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2495 cc (società di capitali), 2312 cc (società in nome collettivo) e 2324 (società in accomandita). Una diversa soluzione comporterebbe, per la Corte, un'ingiustificata violazione del diritto di difesa dei debitori sociali, tutelato dall'articolo 24 della Costituzione.

Ma se queste indicazioni potevano essere già desunte dalle precedenti sezioni unite, e dalle disposizioni del codice civile, è sul piano processuale che questo nuovo intervento della Cassazione esprime principi nuovi e decisivi. Ricondurre la fattispecie al fenomeno successorio soci-società, soluzione che a oggi non era così scontata, permette, infatti, secondo il pensiero della Corte, di rendere applicabili le disposizioni dell'articolo 110 cpc con la conseguenza che:
  • la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l'estinzione della società cancellata dal registro interviene in pendenza di giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dall'articolo 299 cpc e seguenti, con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci
  • qualora l'effetto estintivo non sia stato fatto constatare nei modi previsti dall'articolo 299 cpc e seguenti o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non è più possibile, l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta.
Tali sentenze, pur rese in relazioni a controversie civilistiche, avranno importanti e inevitabili ricadute anche sul versante tributario stante la loro indiscussa portata generale.
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