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Giurisprudenza

Cavalli ceduti senza dirlo all’Unire,
la sola testimonianza non basta

Nel processo tributario il valore presuntivo delle asserzioni di terzi non è sufficiente a contrastare l'accertamento del reddito con metodo sintetico senza il suffragio di idonea documentazione

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La semplice dichiarazione resa in sede extraprocessuale da un terzo, in ordine alla dismissione della proprietà di cavalli da trotto appartenuti al contribuente (il cui possesso non era stato giustificato ed era stato considerato incompatibile con i redditi dichiarati), non basta, da sola, a far venir meno i presupposti dell'accertamento sintetico fondato (anche) su tali beni indicatori di capacità contributiva. Lo ha precisato la Cassazione con l’ordinanza n. 15378 del 3 giugno 2021.

I fatti
Al fine di valutare la posizione fiscale e reddituale di un contribuente, l’ufficio gli ha inviato un questionario e lo ha invitato a fornire notizie relative al possesso, proprio e del coniuge, negli anni d’imposta 2006 e 2007, di beni indici di capacità contributiva e cioè (anche) di sette cavalli da trotto registrati all’Unire. Non avendo ricevuto alcuna riposta e verificata la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 38, comma  4, Dpr n. 600/1973 (il reddito accertabile si discostava per almeno un quarto da quello imponibile dichiarato, lo scostamento si era verificato per due annualità consecutive, il contribuente non aveva dimostrato che il maggior reddito accertato era costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta), l’ufficio ha accertato in via sintetica il reddito Irpef.
L’uomo ha impugnato l’avviso, sostenendo, tra l’altro, che nel 2007, non era proprietario di cavalli da trotto in quanto, nel 2005, li aveva ceduti al proprietario di un maneggio, come risultava dalla dichiarazione sostitutiva (ex articolo 46, Dpr n. 445/2000) di quest’ultimo, allegata al ricorso e prodotta per la prima volta in sede di giudizio.
Nonostante, costituendosi in giudizio, l’ufficio abbia dedotto che, invece, il possesso dei cavalli non era mutato per entrambe le annualità d’imposta e che nessuna variazione all’iscrizione “Unire” risultava operata né dal contribuente, né dal presunto acquirente dei cavalli, la Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso, ritenendo che fosse sufficiente, a far venir meno i presupposti previsti dall’ex art. 38, del Dpr n. 600/1973, che il contribuente comunicasse di non avere più cavalli ad alcun titolo dal 2005 e allegasse al ricorso la dichiarazione autografa dell’acquirente, comprovante la relativa cessione.

La sentenza di primo grado è stata confermata dalla Commissione regionale, secondo la quale il contribuente aveva fornito idonea prova contraria, ovvero aveva sostenuto e documentato la cessione dei cavalli, versando in giudizio la dichiarazione originale autografa dell’acquirente.
In particolare, il giudice d’appello, con riferimento al passaggio di proprietà dei cavalli a seguito della cessione del 2005, ha precisato che “i dati in possesso e fomiti dall'UNIRE non erano aggiornati, circostanza quest'ultima che l'Ufficio avrebbe ben potuto appurare”.

L’ufficio ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione di legge (articoli nn. 7 del Dlgs n. 546/1992, 38 del Dpr n. 600/1973, 2729 del codice civile e 115 cpc), avendo la Ctr ritenuto, erroneamente, che la dichiarazione resa dal terzo fosse sufficiente a comprovare la cessione dei cavalli sin dal 2005, non essendo aggiornati i dati forniti dall'Unire sui passaggi di proprietà.
 
La Corte ha accolto il ricorso e ha ribadito (cfr Cassazione, nn. 8369/2013, 9080/2017, 6616/2018, 9903/2020, 738 e 6405 del 2021) che “nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, si riferisce alla prova testimoniale quale prova da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l'impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell'amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice...” (Cassazione, n. 15738/2021).

Osservazioni
I giudici di legittimità hanno richiamato i principi elaborati con riferimento sia al valore probatorio delle dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, sia all’individuazione della prova idonea a vincere la presunzione che il maggior reddito determinato sinteticamente non sia imponibile.
Al riguardo la Corte ha riconosciuto, tanto al contribuente quanto all'amministrazione finanziaria, la possibilità di introdurre nel giudizio innanzi alle Commissioni tributarie dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale. Tali dichiarazioni hanno il valore proprio degli elementi indiziari, come tali devono essere valutati dal giudice nel contesto probatorio emergente dagli atti (cfr Cassazione, nn. 21153/2015, 6616 e 29757 del 2018 e 9903/2020) e conservano tale valore anche in materia di accertamento sintetico.
In presenza di elementi indicativi di una maggiore capacità contributiva, con conseguente presunzione di maggior reddito rispetto a quello dichiarato, grava sul contribuente l'onere di fornire prova contraria (cfr Cassazione, nn. 11675, 16964 e 20344 del 2019).
L’articolo 38, del Dpr n. 600/1973, non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr Cassazione, nn. 16912 e 21142 del 2016, 22846/2020, 1443 e 9348 del 2021).
La Cassazione, coordinando tali principi, ha affermato che “il valore meramente presuntivo delle dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale non basta a contrastare l'accertamento del reddito con metodo sintetico senza il suffragio di idonea documentazione”, soprattutto se il contribuente è “in grado di fornire tale documentazione, ove si consideri che il D.M. 29 dicembre 2009, art. 9, in attuazione del D.L. 24 giugno 2003, n. 147, art. 8, comma 15, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 200, impone al proprietario di equidi di comunicarne all'UNIRE, entro sette giorni dall'evento, il relativo passaggio di proprietà”.

Nella caso in esame, anche in ossequio al generale "principio di vicinanza della prova" (ex articolo 2697 cc), l'onere di fornire tale documento non poteva che gravare a carico del contribuente, che, però, non l'ha assolto.
L’uomo, infatti, avrebbe potuto fornire “elementi” provenienti dal registro Unire (Unione nazionale incremento razze equine) e non limitarsi ad affermarne il limitato aggiornamento.
Per il possesso amatoriale di cavalli da equitazione e da corsa, ad esempio, l’Unire corrisponde dei sussidi tassati a titolo d’imposta, fermo restando che, secondo la specifica disciplina di settore (articolo 8, comma 15, Dl n. 147/2003) non mancano “attestazioni” che sempre l’Unire può rilasciare nell’esercizio delle sue funzioni di organizzazione e gestione dell'anagrafe equina, articolate per razza, tipologia d'uso e diffusione territoriale, nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) previsto dall’ex articolo 15, Dlgs n. 173/1998.
Al riguardo, inoltre, anche per il proprietario degli equidi sono previsti dettagliati adempimenti dall’articolo 9 del Dm 29 dicembre 2009  (attuativo della disposizione contenuta nel citato articolo 8): deve tenere debitamente aggiornato il registro di carico e scarico degli animali secondo le modalità stabilite dal manuale operativo (articolo 6, comma 2); provvede, inoltre, ad apporre la propria firma negli appositi spazi previsti sul passaporto; dichiara l’eventuale esclusione dal consumo umano dell'equide al momento dell'identificazione individuale e tale dichiarazione è riportata sul documento d'identificazione dell'animale; comunica soprattutto (articolo 9, lettera d) all'Apa o all'Unire, entro sette giorni dall'evento, il passaggio di proprietà dell'equide, utilizzando un apposito modello definito dal manuale operativo. Nessuno dei documenti previsti quali attestazione dei citati adempimenti normativi risulta essere stato prodotto dal contribuente.
L’unica prova fornita, infatti, è consistita nell’allegazione della dichiarazione dell’acquirente che, di certo, non rispondeva alla nozione di “idonea documentazione” richiesta per superare la presunzione dell’articolo 38, Dpr n. 600/1973. Ciò in quanto, da una parte, nell’elenco di situazioni tassative che possono essere autocertificate (ex articolo 46, Dpr n. 445/2000), non è indicata anche l’attestazione di essere diventato possessore di cavalli da trotto a compensazione di un credito vantato tra le parti della cessione. Dall’altra, poi, avendo valore indiziario, le dichiarazioni extraprocessuali dei terzi non possono costituire da sole il fondamento della decisione del giudice, necessitando di essere valutate assieme ad altri elementi, assenti nella fattispecie poiché il contribuente non è riuscito, con prove documentali idonee e incontrovertibili, a superare le presunzioni legali.
Sarà il giudice del rinvio a fare buongoverno dei principi affermati dalla Corte con l’ordinanza n. 15378 del 3 giugno 2021.

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