La Corte di giustizia tributaria di II grado della Toscana, con la pronuncia n. 721 del 14 luglio 2023, ha ribadito che è legittima la notifica di una cartella di pagamento effettuata tramite un indirizzo Pec non risultante dai pubblici registri. In tal caso, infatti, si può solo configurare un’ipotesi di responsabilità dirigenziale ma non è inficiata la regolarità della notifica, se corredata, come nel caso concreto, dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità.
La controversia originava da un ricorso, proposto da una srl, avverso l'estratto di ruolo sotteso a una serie di cartelle esattoriali, nel quale la contribuente eccepiva l’inesistenza della notifica delle cartelle stesse perché pervenute a mezzo Pec da un indirizzo dell’Agenzia delle entrate-Riscossione non presente nei pubblici registri.
La Ctp di Arezzo accoglieva il ricorso e, quindi, l’ente proponeva appello, manifestando il proprio convincimento circa la legittimità e, dunque, la piena validità della procedura notificatoria degli atti della riscossione, effettuata a mezzo Pec. Nel costituirsi in giudizio, invece, la società eccepiva che l'esattore avesse omesso di rispettare l'iter notificatorio e, comunque, non le avesse garantito l'effettiva conoscenza legale degli atti di cui sarebbe stata destinataria.
La decisione
Nell’accogliere il ricorso dell’ente, la Corte di giustizia di secondo grado della Toscana ritiene valida la notifica della cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec che non risulta nei registri delle pubbliche amministrazioni, se corredata, come nel caso di specie, dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità.
Tale modalità – secondo il Collegio toscano – è, infatti, pienamente idonea a certificare l'avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, fatta salva, ovviamente, la prova contraria, gravante sul contribuente e assente nel caso in questione, dell'esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato che non ne abbiano consentito il corretto recapito.
Difatti, ricorda la Corte, l’articolo 16-ter, comma 1, del Dl n. 179/2012, dispone che, a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti da una serie di disposizioni. In sintesi, si tratta dei registri Ipa, Reginde e Inipec, in cui devono sempre essere registrati gli indirizzi di provenienza delle notifiche, al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell'atto da notificare.
Ciò poiché, in ipotesi di indirizzi non ufficiali, vi potrebbe essere un problema di incertezza del soggetto da cui proviene l'atto impugnato, con la possibile compromissione delle norme volte a tutelare la certezza, l'affidabilità giuridica del contenuto dell'atto stesso e del diritto di difesa del contribuente, costituzionalmente garantito.
Una volta chiarito quanto precede, la Corte toscana richiama l’insegnamento più recente di legittimità, che ha già respinto l'eccezione di irricevibilità o inammissibilità del ricorso, per via di notifica proveniente da indirizzo Pec del mittente che, non risultando dai registri delle pubbliche amministrazioni del ministero della Giustizia, avrebbe inficiato di nullità l'atto così spedito, sulla scorta del criterio del raggiungimento dello scopo. Sulla base di quest’ultimo principio, infatti, "può dunque dirsi integrato il principio per cui la copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, è idonea a certificare l'avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che sollevi la relativa eccezione, dell'esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato" (cfr Cassazione, pronunce nn. 15979/2022, 982/2023 e anche 6912/2002; sezioni unite nn. 2961/2021, 20039/2020 e 23620/2018).
La Corte toscana, poi, osserva che, per quanto concerne più specificatamente gli elenchi delle pubbliche amministrazioni per le notificazioni e le comunicazioni, la cui gestione è affidata all'Agenzia per l’Italia digitale, è vero che è puntuale obbligo alle amministrazioni aggiornare gli indirizzi presenti nei registri, ma l'eventuale incompletezza dell'elenco dei domicili digitali, pur costituendo ipotetica ragione di responsabilità dirigenziale, non inficia la regolare provenienza dell'attività notificatoria da un indirizzo Pec, comunque ricompreso tra quelli indicati dall'amministrazione pubblica stessa sui propri canali ufficiali (comunicazioni formali, sito internet, eccetera), così come è pienamente valida la ricezione allo stesso indirizzo Pec di atti e comunicazioni provenienti da terzi.
Inoltre, il sistema delle notifiche digitali prevede l'elettività della domiciliazione per chi ne sia destinatario, ovvero soggetto passivo della notificazione stessa, imponendo la notifica esattamente agli indirizzi oggetto di elencazione accessibile e registrata, laddove, invece, nessuna incertezza si pone, proprio come nel caso in commento, ove la Pa sia il mittente che provvede a notificare un suo atto da un proprio valido indirizzo Pec.
In definitiva, conclude la Corte, la norma che autorizza la notifica elettronica prescrive che esclusivamente l'indirizzo del destinatario risulti da appositi registri e non anche quello del mittente. Infatti, la provenienza dell'atto dall'ufficio pubblico non è in discussione; la disposizione legislativa, viceversa, si preoccupa di stabilire precisi presupposti perché si possa essere certi che l'indirizzo di destinazione sia attribuibile al soggetto fisico o giuridico che deve ricevere l'atto.
Da qui, la piena validità di una cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec che non risulti nei registri delle pubbliche amministrazioni del ministero della Giustizia, corredato dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità.
In conclusione, l’orientamento esaminato appare conforme non solo alle pronunce di legittimità, come ha esposto la Corte toscana nella sentenza in esame, ma anche alla più recente giurisprudenza di merito (cfr ad esempio, Cgt I grado di Roma, n. 12993/2022; Cgt I grado di Napoli n. 6168/2023).
In questo senso, qualora la notifica dell’atto avvenga tramite Pec del mittente non contenuta in elenchi pubblici, non si configura alcuna invalidità del procedimento notificatorio, che al più rimane irregolare, dunque, in ogni caso, sanabile con il raggiungimento dello scopo dell’atto.