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Giurisprudenza

Certezza e determinabilità obiettiva “orientano” la competenza dei ricavi

Quella relativa a crediti vantati nei confronti di una Amministrazione pubblica è agganciata al provvedimento di accertamento e liquidazione delle somme spettanti all’imprenditore

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Con la sentenza 27 settembre 2006, n. 20521, la sezione V della Corte di cassazione si è pronunciata sull’individuazione dell’esercizio di competenza a cui imputare i ricavi conseguiti da una casa di cura, consistenti negli aumenti delle rette di degenza poste a carico dell’ente Regione.
In particolare, la controversia trae origine da un avviso di accertamento emesso, ai fini delle imposte sui redditi, per il periodo d’imposta 1993, con il quale l’ufficio impositore contestava alla contribuente il mancato inserimento, nel reddito d’impresa dell’esercizio in argomento, di alcune componenti positive relative al precedente periodo d’imposta (1992) deliberate e rese certe nel medesimo anno 1993.

L’ufficio impositore basava le proprie argomentazioni sulla circostanza che già nel 1993 le differenze in aumento delle rette a carico della Regione (relative al 1992) erano state deliberate e che, a seguito di tale delibera, erano stati presentati i rendiconti periodici, costituenti causale di pagamento per le Usl.
Di diverso avviso era la casa di cura ricorrente, poiché tali componenti erano divenute certe e oggettivamente determinabili nei successivi periodi d’imposta 1994 e 1995.

In particolare, veniva argomentato dalla contribuente che nel 1994 era stata avviata la procedura di liquidazione delle rette, e che solo nel 1995 la medesima procedura si era conclusa con la procedura di un lodo arbitrale, ragion per cui le citate rette dovevano essere considerate quali componenti del reddito d’impresa, esclusivamente negli anzidetti due periodi d’imposta.

Nei due gradi di merito, le Commissioni di merito si esprimevano sfavorevolmente al contribuente, argomentando che la semplice deliberazione ministeriale degli aumenti delle rette poste a carico della Regione competente era sufficiente a far considerare sussistenti i requisiti di certezza e oggettiva determinabilità, richiesti dall’articolo 75, comma 1, del Tuir (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003).

Nel giudizio di legittimità, la Cassazione ha espresso alcuni principi fondamentali (e di carattere generale) per l’individuazione dell’esercizio nel quale appostare i componenti del reddito d’impresa:

  • i ricavi, le spese e gli altri componenti del reddito d’impresa concorrono a formare il reddito dell’esercizio di competenza a meno che la loro esistenza o il loro ammontare non sia ancora determinabile in modo oggettivo. Tale regola “mira contemporaneamente a salvaguardare tanto la necessità di computare tutte le componenti nell’esercizio di competenza, quanto l’esigenza di non addossare ai contribuenti un onere troppo difficile da rispettare e va interpretata nel senso che il dovere di conteggiarle nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei ricavi e a quei costi che non siano ancora noti all'atto della determinazione del reddito, e cioè al momento della redazione presentazione della dichiarazione” (cfr Cassazione, sezione V, 27 febbraio 2002, n. 2892)
  • l’onere di provare il requisito della certezza e determinabilità dei componenti positivi del reddito, in un determinato esercizio sociale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre per quelli negativi l’onere grava sul contribuente.

Sulla base delle predette argomentazioni, la Cassazione ha affermato, per il caso in esame, che i requisiti, previsti dall’articolo 75, comma 1, del Tuir (si ricorda ancora, nella formulazione vigente fino al 31 dicembre 2003), per l’individuazione dell’esercizio di competenza vanno individuati nel procedimento amministrativo che verifica i presupposti e liquida l’ammontare del credito sorto in relazione alle rette ospedaliere.

Tale orientamento trova conforto in una precedente pronuncia (sezione V, 4 settembre 2002, n. 12831) della Suprema corte, emessa con riferimento alla determinazione del periodo di competenza dei ricavi derivanti dalle procedure di liquidazione dei contributi erogati dall’Azienda per gli interventi sul mercato agricolo (Aima).

In quella occasione, i giudici, dopo aver evidenziato che i componenti del redito d’impresa in argomento acquistano connotati di certezza e di determinabilità solo attraverso il procedimento amministrativo, con il quale ne sono verificati i presupposti e liquidato l’ammontare, hanno statuito che “non può…dubitarsi del fatto che, indipendentemente dall’identificazione di profili di discrezionalità tecnica, è solo con l’emissione del decreto di liquidazione che il credito per i contributi diviene certo e liquido”.

Per quanto concerne l’individuazione dell’esercizio in cui appostare le somme determinate con lodo arbitrale, si evidenzia che la giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che esso vada individuato con riferimento alla data di pronuncia del lodo, a nulla rilevando il deposito del predetto provvedimento (cfr Cassazione, sezione V, 1° aprile 2003, n. 4965).

Più precisamente, partendo dall’articolo 823, ultimo comma, del Codice di procedura civile, come modificato dall’articolo 2 della legge 9 febbraio 1983, n. 28, il quale dispone che “il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione”, i giudici di legittimità hanno affermato che “il credito conseguente al giudizio di arbitrato rituale sorge al momento della sottoscrizione del lodo e non già al momento del deposito, rivestendo tale incombenza rilevanza unicamente ai fini della esecutività della pronunzia e…alla possibilità di impugnazione della stessa”.
In conseguenza di ciò, il debitore è tenuto a ottemperare al lodo, in quanto la pronuncia determina la liquidità del credito e la sua esigibilità, anche nell’ipotesi in cui il lodo presenti cause di nullità o di inesistenza e non sia esecutivo, per mancato deposito o rifiuto di esecutività (cfr Cassazione, sezione I, 17 ottobre 1996, n. 9074).

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