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Giurisprudenza

La cessata attività non pregiudica l'accertamento sintetico

In caso di omessa dichiarazione, il possesso di autoveicoli legittima la presunzione di maggior reddito

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E’ legittimo l’accertamento sintetico-induttivo, emesso nei confronti del contribuente che ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi anche se ha cessato la propria attività commerciale. Ciò in quanto, avendo l’accertamento sintetico a oggetto il reddito complessivo del contribuente, la comprovata cessazione dell’attività commerciale, con il conseguente venir meno del relativo reddito, non è di per sé sufficiente a superare il coefficiente presuntivo di reddito, costituito dal possesso di autoveicoli.
E’ quanto affermato dalla sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza 20708, depositata il 3 ottobre 2007. Con tale pronuncia, la Suprema corte viene a consolidare il proprio orientamento, in relazione alla legittimità dell’Amministrazione finanziaria a determinare il reddito attraverso presunzioni semplici, in caso di omissione della denuncia dei redditi, spettando al contribuente dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore.

La fattispecie sottoposta al giudizio della Cassazione ha a oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, con il quale l’ufficio finanziario, in assenza della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente, aveva determinato sinteticamente, ai sensi dell’articolo 38 del Dpr 600/1973, un maggior reddito in capo al ricorrente, per il possesso di due automobili e di un autocarro.
I giudici di merito accoglievano le ragioni del contribuente, il quale aveva sostenuto di non aver percepito e, quindi, dichiarato per l’anno oggetto di contestazione, alcun reddito, dal momento che aveva cessato la propria attività di rappresentante di commercio nell’anno precedente.

Le decisioni di merito sono state riformate dalla Corte di cassazione adita dall’Amministrazione finanziaria.
I giudici di legittimità, hanno preliminarmente chiarito che, nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, il Fisco può servirsi, ai sensi dell’articolo 41 del Dpr 600/1973, di qualsiasi elemento probatorio, idoneo all’accertamento del reddito, potendo, quindi, determinarlo anche con metodo induttivo e anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, previsti dall’articolo 38, terzo comma, del Dpr 600/1973.
Effettuata tale precisazione, la Suprema corte si è espressa nel senso che la comprovata presentazione da parte del contribuente, nell’anno precedente a quello oggetto di accertamento, della dichiarazione di cessazione della pregressa attività commerciale non è sufficiente a far venir meno il valore indiziario dei coefficienti presuntivi di reddito, costituiti dal possesso di autoveicoli. Ciò, in quanto, il reddito accertato sinteticamente dal Fisco "è il reddito globalmente riferibile al contribuente sicché la prova dal contribuente medesimo fornita in contrapposizione alla presunzione oppostagli, incidendo esclusivamente sull’avvenuta cessazione di pregresso reddito d’impresa e non offrendo indicazioni circa la ricorrenza di risorse idonee a fronteggiare le riscontrate occasioni di spesa, non può considerarsi, di per sé sola, decisiva".

Invero, la sentenza, a un attento esame, appare particolarmente rilevante, in quanto ha contribuito a chiarire alcuni aspetti significativi relativi all’accertamento fondato sul metodo sintetico-induttivo. Come è noto, l’accertamento sintetico, riguardante esclusivamente il reddito delle persone fisiche, è disciplinato dall’articolo 38, quarto comma 4, del Dpr 600/1973, il quale prevede che il Fisco possa, in base a elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta, per almeno un quarto, da quello dichiarato.

Con appositi provvedimenti sono stabilite le modalità, in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito, in relazione a elementi indicativi di capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai precedenti elementi, per due o più periodi d’imposta. In tali evenienze, il contribuente ha la facoltà di dimostrare, mediante idonea documentazione, che il maggior reddito accertato sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

In questo ambito normativo, la Corte di cassazione è intervenuta, formulando due importanti considerazioni.
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno affrontato una rilevante questione di diritto, inerente la legittimità di un accertamento sintetico di tipo induttivo. A tal riguardo, la Suprema corte, aderendo all’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha chiarito che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, l’articolo 41 del Dpr 600/1973 conferisce al Fisco il potere di determinare i redditi dello stesso "sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza". Ciò, con la facoltà di avvalersi di qualsiasi elemento probatorio e anche di presunzioni semplicissime, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, in buona sostanza, legittima l’ufficio a emettere un accertamento di tipo induttivo, "senza che un simile potere risulti condizionato dal metodo analitico o sintetico, che verrà adottato, sussistendo esso, in astratto, indipendentemente dalle concrete modalità di esercizio, le quali sono rimesse alla scelta dell’ufficio impositore, a seconda della particolarità del caso singolo".

In secondo luogo, la Suprema corte ha affrontato la questione, afferente il "significato", giuridicamente attribuibile ai fini fiscali, dell'evento di cessazione dell'attività commerciale. A tal riguardo, è stato affermato il principio secondo cui la prova relativa alla cessazione dell’attività commerciale è inidonea, da sola, a dimostrare l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulla portata presuntiva dell’indice costituito dalla disponibilità di autoveicoli. Tale conclusione appare fortemente condivisibile, in quanto la cessazione dell’attività commerciale non costituisce, di per sé, un elemento idoneo a giustificare il sostenimento delle spese per il mantenimento di autovetture.

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