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Giurisprudenza

Cessione ad esportazione abituale:
per il plafond vale l’anno dell’operazione

È uno strumento che incide su più anni di imposta: si forma per mezzo delle operazioni attive non imponibili di un periodo ed è utilizzato l’anno successivo, in riferimento alle operazioni passive

esportazione

In tema di Iva e con riferimento al regime della sospensione dal pagamento dell’imposta previsto, per le cessioni all’esportazione, dall’articolo 8, comma 1, lettera c), Dpr n. 633/1972, deve farsi riferimento, ai fini della verifica del rispetto del plafond annualmente previsto per beneficiare dell’agevolazione, all’anno di registrazione della fattura relativa all’operazione originaria e non già a quello di registrazione del documento fiscale con il quale vengono apportate modifiche alla predetta fattura, nel rispetto della procedura di variazione ex articolo 26, Dpr n. 633/1972.
Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza n. 25485 dello scorso 10 ottobre 2019.

I fatti
Una società, previa regolare dichiarazione d’intento, ha emesso due fatture in sospensione d’imposta ex articolo 8, comma 1, lettera c), Dpr n. 633/1972 (decreto Iva), poi rettificate nel 2004, sulla base di una nuova dichiarazione d’intento, a seguito di un errore sulla determinazione del prezzo della merce venduta con fatture emesse e registrate nel 2003. L’Agenzia delle entrate le ha contestato di aver erroneamente utilizzato il plafond nel 2004 visto che, a seguito delle note di debito del 2004, la prima dichiarazione di intento era scaduta per raggiungimento del plafond 2003 e non poteva utilizzarsi la dichiarazione di intento relativa all’anno 2004.
Nei gradi di merito, i giudici hanno ritenuto che:

  • le fatture del 2003 sono state emesse in sospensione d’imposta, a seguito di regolare dichiarazione di intento, rientrando la società ricorrente nel plafond per il 2003
  • le note di debito del 2004 sono state emesse in sospensione d’imposta, a seguito di distinta dichiarazione d’intento, rientrando la società ricorrente anche nel plafond per il 2004
  • la dichiarazione d’intento relativa al 2003 è stata revocata (in ragione del raggiungimento del tetto concernente il plafond Iva) dopo la rettifica dei prezzi della merce ceduta, con conseguente impossibilità di far rientrare tale rettifica nel plafond 2003
  • la società si è avvalsa del plafond relativo al 2004 e di una nuova dichiarazione di intento al fine di beneficiare nuovamente della sospensione d’imposta
  • le note di debito dovevano essere assoggettate a Iva, non potendo la società servirsi del plafond 2004 e della lettera d’intento riguardante tale annualità, poiché l’operazione era imputabile all’esercizio precedente (e, dunque, riguardava il plafond 2003).

La contribuente ha proposto ricorso per Cassazione lamentando (anche) violazione e falsa applicazione dell’articolo 8, Dpr n. 633/1972 poiché, dal combinato disposto della richiamata disposizione e degli articoli 21, 23 e 26 dello stesso decreto, emergeva che, con riferimento al plafond Iva, si applicava il criterio del “registrato” e non quello di competenza ex articolo 6 del Dpr 633 richiamato. A suo parere, nel caso dell’Iva all’importazione, doveva farsi riferimento alla data di registrazione della fattura e non già al principio di competenza. Di conseguenza, per le note di variazione registrate nel 2004, si sarebbe dovuto fare riferimento al plafond 2004 e non a quello 2003.

La Corte ha ritenuto infondato il motivo e ha affermato che “la disciplina nazionale delle operazioni relative a scambi con Paesi che si trovano fuori del territorio dell'Unione Europea, come configurata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, è ispirata al principio della detassazione dei beni ‘in uscita’ dal territorio comunitario, e dell’applicazione dell’IVA italiana a quelli ‘in entrata’. E tuttavia, al fine di conciliare l’esenzione da IVA delle operazioni di cessione di beni destinati al consumo all’estero con il diritto – essenziale nel sistema comunitario dell’IVA – alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, il legislatore ha introdotto talune operazioni concretamente non imponibili, sebbene astrattamente assoggettabili ad imposta, che sono, essenzialmente, quelle di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a) e b). Peraltro, l’articolo 8, primo comma, lett. c), dello stesso decreto considera non imponibili – nonostante si tratti di acquisti di merci o prestazioni di servizi destinati ad entrare nel territorio UE – (anche) le cessioni di beni (tranne i fabbricati e le aree edificabili) e le prestazioni di servizi fatte a soggetti che abbiano effettuato abitualmente cessioni all’esportazione ovvero operazioni intracomunitarie, e che chiedano al loro fornitore di non applicare l’imposta sull’operazione di acquisto e/o di importazione”.

Osservazioni
Il plafond è uno strumento che incide su più anni di imposta: si forma per mezzo delle operazioni attive non imponibili di un periodo ed è utilizzato l’anno successivo, in riferimento alle operazioni passive. La sua ultrannualità assume rilevanza in caso di variazioni, successive al primo anno, derivanti da modifiche dell’imponibile relativamente alle operazioni effettuate e, dunque, poste alla base del meccanismo di formazione (primo anno) e di utilizzo (secondo anno) del plafond.
Nella fattispecie esaminata, la Cassazione si è pronunciata proprio sul fatto se le variazioni ex post abbiano rilevanza nell’anno in cui si manifestano, ovvero nell’anno di riferimento, cioè di formazione del plafond, con l’effetto di ridurre l’ammontare utilizzabile (e utilizzato) nell’anno successivo.
Al riguardo, la Corte ha ribadito (pronunce nn. 22430/2014 e 15835/2018) la ratio della disposizione dell’articolo 8, comma 1, lettera c), Dpr n. 633/1972: le operazioni non imponibili (cessioni all’esportazione e operazioni intracomunitarie) non limitano la detrazione dell’imposta sugli acquisti ma, sul piano dell’economia nazionale, possono creare situazioni nelle quali gli esportatori abituali, cioè i soggetti che effettuino solo o prevalentemente le suddette operazioni, sono in permanente attesa del rimborso dell’eccedenza di imposta nei confronti dell’Erario.
Ciò si verifica in quanto l’esiguità del debito Iva concernente le operazioni imponibili non vale a compensare l’imposta maturata a credito sugli acquisti. Per limitare l’inconveniente che deriverebbe dalla richiesta di rimborso dell’eccedenza, quindi, il legislatore consente di effettuare acquisiti senza applicazione dell’Iva, in regime di sospensione d’imposta. Ma a determinate condizioni poste per esigenze di cautela dell’Erario (cfr. Cassazione, pronunce n. 12774/2011 e n.1132/2019) e cioè:

  1. di tale beneficio possono avvalersi soltanto i soggetti che abbiano effettuato cessioni all’esportazione ex articolo 8, comma 1, lettere a) e b), Dpr n. 633/1972, registrate nell’anno precedente, per corrispettivi superiori al 10% del complessivo volume di affari
  2. l’esportatore abituale, prima di effettuare acquisti senza pagamento dell’imposta, deve presentare alla controparte una dichiarazione d’intento con la quale manifesta chiaramente l’intenzione di avvalersi di tale facoltà e della cui veridicità assume ogni responsabilità (Cassazione, n. 21956/10);
  3. gli acquisiti senza applicazione dell’Iva sono consentiti nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione ex articolo 8, comma 1, lettere a) e b), Dpr n. 633/72, registrate nell’anno precedente (Cassazione, n. 4022/12).

Tuttavia, la Corte ha sottolineato che il riferimento alla registrazione ex articolo 23, Dpr n. 633/72 riguarda l’operazione effettuata e non la variazione di prezzo ex articolo 26, stesso decreto: quest’ultima, infatti, non costituisce una nuova operazione, ma una semplice modificazione dell’operazione originaria (Cassazione, n. 8965/07), irrilevante ai fini dell’operatività del meccanismo del plafond Iva.
Per giovarsi del beneficio della sospensione d’imposta, quindi, i giudici di legittimità hanno concluso che si deve avere riguardo al plafond relativo all’anno in cui l’operazione originaria è stata registrata, non avendo alcun rilievo l’anno di registrazione delle modificazioni della stessa operazione successivamente apportate ex articolo 26, del citato Dpr 633. Diversamente, la disposizione si presterebbe a facili elusioni, potendo il soggetto che è vicino al raggiungimento del plafond limitarsi a emettere e a registrare una fattura per importo inferiore a quello dovuto e poi procedere, l’anno successivo, a registrare una modificazione del prezzo ex articolo 26, beneficiando dell’esenzione conseguente al nuovo plafond disponibile.

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