La cessione a titolo oneroso di un atleta professionista da una società sportiva a un’altra, disposta prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale, è riconducibile allo schema della cessione del contratto e, pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un’operazione equiparabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza soggetta ad Irap.
Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 2376 del 25 gennaio 2023.
Il fatto
Il ricorso introduttivo è stato proposto da una società sportiva contro il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate in merito a una istanza di rimborso dell’Irap relativa alle plusvalenze generate a seguito della cessione dei diritti alla prestazione di calciatori. A parere della società, l’imposta non era dovuta perché l’effetto di tali operazioni comportava, da un lato, la risoluzione del contratto originario del calciatore e, dall’altro, la conclusione di uno nuovo con una società diversa.
La Ctr, a conferma delle argomentazioni del giudice di prime cure, ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che il corrispettivo versato alla società ricorrente, a fronte della cessione anticipata del contratto, non avesse la causa in una cessione fiscalmente rilevante di beni strumentali, bensì nell’accordo tra due società per la risoluzione anticipata del contratto avente per oggetto le prestazioni sportive. In latri termini, il corrispettivo versato dalla società cessionaria troverebbe la sua causa nell’attribuzione alla stessa del diritto a contrarre con l’atleta in seguito alla risoluzione anticipata del rapporto con la società cedente.
L’Amministrazione finanziaria ha impugnato la sentenza d’appello argomentando, in primo luogo, l’assimilazione del contratto di lavoro del giocatore professionista, definita dall’articolo 4 della legge n. 91/1981, a un contratto di lavoro dipendente, con la particolarità che il regime previsto per i giocatori consente il trasferimento da una società a un’altra prima della naturale scadenza contrattuale. Ne consegue che l’operazione di cessione anticipata dell’atleta deve essere ricondotto allo schema tipico della cessione del contratto, prevista dall’articolo 1406 cc e non a una novazione.
La sentenza
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, rigettando nel merito il ricorso originariamente proposto dalla società.
Il thema decidendum della controversia in commento è se il contratto di lavoro di un giocatore professionista debba considerarsi avere come oggetto un bene strumentale dell’impresa, con la conseguenza che la sua cessione generi una plusvalenza rilevante (anche) ai fini Irap.
Nel dare risposta positiva al quesito, la Corte ha ripercorso la disciplina contrattuale degli sportivi professionisti.
In particolare, prima dell’entrata in vigore della legge n. 91/1981, era previsto il “vincolo sportivo”, in base al quale la società acquisiva il diritto alla prestazione dell’atleta per l’intera durata della sua carriera, salva la possibilità di trasferirlo a terzi. Il rapporto è venuto meno con la legge del 1981, che ha qualificato la prestazione a titolo oneroso dell’atleta come “oggetto di contratto di lavoro subordinato” (articolo 3), con la possibilità di cessione anticipata da una società sportiva a un’altra, previo consenso dell’altra parte e nel rispetto delle previsioni stabilite dalle federazioni sportive nazionali (articolo 5).
Proprio sulla base della citata normativa il collegio di legittimità ha smontato punto per punto le argomentazioni della società sportiva, condivise dai giudici di merito.
In primo luogo, affermare che il trasferimento anticipato della prestazione sportiva comporta la risoluzione del vecchio contratto e la conclusione di uno nuovo, finirebbe per negare la sussistenza di una cessione contrattuale nel senso espressamente previsto dall’articolo 5 della legge n. 91/1981. In altre parole, un contratto oramai risolto non può essere ceduto.
La Corte, inoltre, afferma l’unitarietà dell’operazione di trasferimento di un atleta da una società a un’altra, il cui frazionamento potrebbe essere giustificato solo dall’intento elusivo di evitare il pagamento di un’imposta. E ancora, parlare di novazione e non di cessione renderebbe ininfluente la prescrizione del consenso del ceduto al trasferimento, senza contare che il versamento del corrispettivo da parte della società cessionaria sarebbe privo di causa.
In conclusione, diversamente da quanto prospettato dal giudice di merito, il trasferimento a titolo oneroso di un atleta professionista prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale in corso, è riconducibile allo schema della cessione del contratto nei termini previsti dall’articolo 5, secondo comma, della legge n. 91/1981. L’operazione, pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un’operazione equiparabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza soggetta a Irap.