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Giurisprudenza

La cessione dei diritti di pesca su un fiume è prestazione di servizi?

A questo interrogativo ha fornito risposta la Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 7 settembre

La controversia riguarda una società germanica che ha acquistato, da una  società austriaca, quote di pesca per un fiume localizzato in Austria. Tale cessione è stata regolarmente assoggettata a Iva. Ma la società presentava al Fisco istanza per il rimborso Iva assolta sui permessi di pesca acquistati e rivenduti ai propri clienti. La Corte di Giustizia delle Comunità europee  ha affrontato, nel corso del procedimento C-166/05, una interessante questione riguardante la determinazione del luogo delle operazioni imponibili ai fini Iva.

L’origine della controversia
La controversia, definita con la sentenza del 7 settembre 2006, concerne una società tedesca, la Rudi Heger Gmbh, che ha acquistato da una  società austriaca, la Flying Fish Adventure, delle quote di pesca per un fiume che si trova nell’Austria settentrionale. Tale cessione è stata regolarmente assoggettata a Iva. La società tedesca ha provveduto, in seguito, a rivendere ad altri clienti dell’Unione europea i diritti di pesca sul fiume. Successivamente la società tedesca, avvalendosi del diritto riconosciuto agli operatori economici residenti nell’Unione europea di chiedere il rimborso dell’Iva assolta in uno Stato membro diverso da quello di residenza, presentava all’amministrazione fiscale austriaca, ai sensi dell’ottava direttiva, l’istanza per il rimborso dell’Iva assolta in relazione ai permessi di pesca acquistati dalla Flying Fish  successivamente rivenduti ai propri clienti.

La posizione de Fisco austriaco
L’istanza veniva, però, respinta dall’Amministrazione fiscale austriaca che eccepiva che, poiché la rivendita dei permessi di pesca da parte della società tedesca costituisce una prestazione di servizi imponibile in quanto i permessi ceduti sono relativi a un immobile (il letto del fiume) situato nel territorio austriaco, la società tedesca non aveva titolo per richiedere il rimborso dell’Iva. Difatti, a parere del Fisco austriaco, poiché  l’ottava direttiva subordina l’erogazione del rimborso Iva pagata dal soggetto in uno Stato diverso da quello di residenza a condizione che questi non abbia posto in essere in detto Stato alcuna operazione imponibile, non sussisterebbe nel caso di specie il diritto in capo alla società tedesca alla restituzione dell’Iva assolta in Austria con riferimento ai diritti di pesca ceduti.

Dal giudice del rinvio alla Corte Ue: rilevanza della questione
La questione, impugnata dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali, è stata sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia dal giudice del rinvio per verificare se la cessione, a titolo oneroso, di quote di pesca su un fiume costituisca una prestazione di servizi relativa ad un bene immobile ai sensi dell’articolo 9, n.2, lett.a) della sesta direttiva. Le conseguenze derivanti dalla qualificazione giuridica delle cessioni dei diritti di pesca alla stregua di "prestazioni di servizi relativi ad un bene immobile" sono rilevanti. Difatti, in caso di risposta affermativa, tale prestazione risulterà imponibile in Austria dove è situato il ben immobile (fiume) e la società tedesca dovrà, pertanto, essere registrata ai fini Iva in Austria, dove potrà detrarre l’Iva assolta a monte sul prezzo di acquisto dei permessi. Se, per contro, la risposta è negativa, l’operazione deve essere classificata come una normale prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 9, n. 1. In tal caso il luogo della prestazione dei servizi si situa in Germania, ove la società ha la propria residenza. Per cui la società tedesca sarà tenuta, per recuperare l’Iva assolta in Austria, a chiederne il rimborso ai sensi dell’ottava direttiva. Si osserva, a tal proposito, che l’articolo 9 della sesta direttiva introduce distinti criteri per la determinazione del luogo in cui si considerano effettuate le prestazioni di servizi per il loro assoggettamento a imposta. Accanto al criterio di carattere generale individuato dal paragrafo 1 del predetto articolo, che fa coincidere il luogo di tassazione delle operazioni con la residenza del prestatore, il legislatore ha individuato nei paragrafi successivi una ulteriore serie di criteri che, lungi dall’avere un carattere residuale o secondario, trovano applicazione a seconda delle fattispecie contrattuali distintamente previste dalla norma. L’articolo 9, n. 2, lett. a) prevede che : "il luogo delle prestazioni di servizi relative ad un bene immobile, incluse le prestazioni di agente immobiliare e perito, nonché le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori immobiliari….è quello dove il bene è situato".
La posizione della Corte di Giustizia: osservazioni preliminari
I giudici hanno, innanzitutto, chiarito che la cessione di "diritti di pesca" non è qualificabile come una cessione di beni "strictu sensu" ma deve essere equiparata a una prestazione di servizi relativi a un bene immobile. Difatti coloro che fruiscono di tali permessi devono necessariamente recarsi in loco per poter esercitare i diritti che scaturiscono dalle licenze acquisite. Occorre, però, valutare se il grado di connessione esistente tra l’esercizio del diritto in parola e l’immobile su cui insiste tale diritto consente di far rientrare la fattispecie in esame nel quadro  delineato dall’articolo 9, n.2, lett.a) sopra menzionato. A tal proposito l’Avvocato Generale, nelle osservazioni conclusive presentate alla Corte,  evidenzia che una corretta interpretazione dell’articolo 9, n. 2 porterebbe a ritenere "relative a beni immobili" le sole prestazioni di servizi forniti all’immobile medesimo. In pratica, rientrerebbero in tale nozione quei soli servizi che hanno come oggetto l’alterazione giuridica o fisica del bene.

Le osservazioni dell’Avvocato Generale
Nel caso in esame, invece, l’Avvocato Generale osserva che "la fornitura di permessi di pesca non è un servizio il cui oggetto è l’alterazione del bene immobile (il letto del fiume) a cui essi sono "relativi". Piuttosto, essa autorizza i beneficiari a godere, su base non esclusiva, di uno o più possibili usi del fiume." Si tratta, in buona sostanza, di un servizio che deriva dal bene immobile piuttosto che un servizio prestato a esso. E’ chiaro che tale osservazione, se recepita, condurrebbe a una interpretazione restrittiva del disposto del citato articolo 9, n.2, lett.a) dal momento che verrebbero ritenute relative a beni immobili (con la conseguenza che sarebbero tassate nel luogo ove il bene si trova) le sole prestazioni erogate in maniera diretta sul bene,  escludendo, invece, i servizi derivanti dallo sfruttamento delle utilità connesse alla tipologia e alle caratteristiche dell’immobile o dall’utilizzo del bene. La Corte non ha ritenuto condivisibili le argomentazioni dell’Avvocato Generale. Difatti, i giudici hanno ritenuto che, nel caso di specie, vi sia un forte nesso tra il servizio erogato (cessione dei diritti di pesca) e  l’immobile (letto del fiume). Difatti, i diritti di pesca possono essere esercitati soltanto in rapporto al fiume: il corso d’acqua rappresenta, dunque, un elemento integrante nei permessi di pesca e, pertanto, della cessione dei relativi diritti di pesca. Inoltre, il luogo di ubicazione dell’immobile corrisponde al luogo di consumo finale del servizio.

Le conclusioni
Concorrono, pertanto, a parere della Corte, tutti gli elementi necessari per far rientrare l’erogazione dei servizi in parola nel disposto dell’articolo 9, n. 2 della sesta direttiva. La questione pregiudiziale dovrà, pertanto, essere risolta nel senso che la concessione di un diritto di pesca con il trasferimento a titolo oneroso di permessi di pesca costituisce una prestazione di servizi relativi a un bene immobile e, come tale, imponibile nel luogo in cui è situato l’immobile. 
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