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Giurisprudenza

Cinque ‰: vs il no all’iscrizione
è il giudice ordinario a decidere

È la pronuncia delle Sezioni unite in presenza di una provvidenza, riconosciuta dalla legge a determinati enti, consistente in materia non assimilabile a quella delle agevolazioni fiscali

Già da tempo, la Corte costituzionale aveva chiarito che le quote Irpef del cinque per mille non hanno natura tributaria, ma sono – a tutti gli effetti – erogazioni liberali riconducibili alla volontà dei contribuenti, che lo Stato si limita a distribuire ai beneficiari secondo le scelte espresse dai contribuenti stessi.
Le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 24964, del 23 ottobre 2017, hanno, pertanto, escluso la sussistenza della giurisdizione tributaria in materia di cinque per mille, per la natura (appunto, non tributaria) della quota Irpef da ripartire quale beneficio economico alle Onlus.
 
Vicenda processuale
La pronuncia delle Sezioni unite nasce dalla richiesta di intervento in relazione all’esatta portata interpretativa degli articoli 2 e 19 del Dlgs 546/1992.
Una Onlus faceva richiesta di iscrizione all’elenco del beneficio del cinque per mille relativo alle Onlus. L’Agenzia delle entrate respingeva tale richiesta di iscrizione per errata indicazione del codice fiscale. Avverso il predetto provvedimento di diniego l’associazione proponeva ricorso dinanzi alla commissione tributaria provinciale.
L’ufficio, costituendosi in giudizio, rilevava il difetto di giurisdizione del giudice tributario in favore di quello ordinario. La Ctp riteneva, al contrario, sussistente la propria giurisdizione e dichiarava illegittimo il provvedimento di diniego.
 
In appello il giudice della Ctr, con sentenza n. 2/14/2012, del 9 gennaio 2012, confermava la decisione di primo grado affermando che, ai fini dell’attribuzione della competenza giurisdizionale a conoscere della relativa controversia, non rileva la natura (non tributaria) della quota del cinque per mille dell’Irpef, ma la natura costitutiva dell’iscrizione, il cui diniego preclude la fruizione di un beneficio fiscale.
 
L’Agenzia delle entrate ricorreva per la cassazione della pronuncia, sollevando, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice tributario.
Riteneva, infatti, errato il giudizio della Ctr per non aver considerato che, nel caso di specie, si era in presenza di una provvidenza, riconosciuta dalla legge a determinati enti, consistente in materia non assimilabile a quella delle agevolazioni fiscali di cui all’articolo 19 del Dlgs 546/1992.
 
La quinta sezione della Corte suprema investita della questione chiariva che la problematica posta all’attenzione del collegio verteva principalmente su una questione di giurisdizione “involgente l’esatta interpretazione degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, alla luce della sentenza n. 202/2007 della Corte Costituzionale, secondo cui il beneficio del 5 per mille (…) non ha natura fiscale, «non essendo tali quote qualificabili come entrate tributarie»” e, con ordinanza interlocutoria n. 10095 del 21 aprile 2017, disponeva la trasmissione degli atti al primo presidente, ai sensi dell’articolo 374 del codice di procedura civile, per l’assegnazione alle Sezioni unite della questione di giurisdizione sollevata.
 
Decisione delle Sezioni unite
Fondato e assorbente è stato dichiarato dalle Sezioni unite il motivo di ricorso vertente sul difetto di giurisdizione.
I giudici supremi hanno rilevato preliminarmente che la Corte costituzionale, con la sentenza 202/2007, ha escluso la natura tributaria del cosiddetto “beneficio del 5 per mille”.
La Consulta, quindi, ha già da tempo chiarito che le quote del cinque per mille non hanno natura tributaria, esse sono a tutti gli effetti erogazioni liberali riconducibili alla volontà dei contribuenti che lo Stato si limita a distribuire ai beneficiari secondo le scelte espresse dai contribuenti stessi.
L’importo corrispondente alla quota del cinque per mille, secondo la Corte costituzionale, “viene trattenuto dallo Stato non più a titolo di tributo erariale, ma come somma che lo Stato medesimo è obbligato, come mandatario ex lege, a corrispondere ai soggetti indicati dal contribuente (…)”.
Stante dunque la natura non fiscale della quota del cinque per mille, per le Sezioni unite “è certamente da escludere la sussistenza della competenza ratione materiae del giudice tributario”.
Invero, la controversia non ricadrebbe neppure nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo quanto piuttosto del giudice ordinario.
 
La disciplina di attuazione – Dpcm del 20 gennaio 2006 – predeterminando sia i requisiti di accesso al beneficio sia i criteri di determinazione dello stesso configura un potere vincolato dell’Amministrazione, a fronte del quale si deve riconoscere, in capo al soggetto istante, un diritto soggettivo. Al riguardo i giudici richiamano una consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui “sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora un finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge ed alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa - l’an, il quid ed il quomodo dell’erogazione” (cfr Cassazione, sezioni unite, nn. 8115/2017, 15867 e  21062 del 2011).
 
Normativa di rifermento
L’articolo 1, comma 337, della legge 266/2005, ha disposto a titolo iniziale e sperimentale per l’anno finanziario 2006 che “fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, una quota pari al 5 per mille dell’imposta stessa è destinata in base alla scelta del contribuente alle seguenti finalità: a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; b) finanziamento della ricerca scientifica e dell'università; c) finanziamento della ricerca sanitaria; d) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente”.
I Dpcm 22 marzo 2006, 16 marzo 2007, 19 marzo 2008, 3 aprile 2009 e 23 aprile 2010 hanno determinato le modalità di destinazione della quota del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per gli esercizi finanziari dal 2006 al 2014.
Successivamente l’articolo 1, comma 154, della legge 190/201 (la Stabilità 2015) ha confermato l’applicabilità delle disposizioni relative al cinque per mille relativamente all’esercizio finanziario 2015 e ai successivi.
Detta legge ha sostanzialmente trasformato il contributo da “provvisorio”, riproposto annualmente, a una forma “stabile” di finanziamento di alcuni settori di rilevanza sociale.
 
Precedenti giurisprudenziali
In merito all’individuazione del giudice competente a decidere in materia di cinque per mille, occorre rilevare che la giurisprudenza delle commissioni tributarie ha prevalentemente negato la riconducibilità delle relative controversie entro i confini della giurisdizione tributaria affermando la giurisdizione del giudice ordinario (escludendo anche quella del giudice amministrativo), sulla base della posizione giuridica di diritto soggettivo e non di mero interesse legittimo fatta valere dai soggetti ammessi alla ripartizione del beneficio in argomento.
I giudici della Ctr di Napoli, a titolo esemplificativo, con sentenza n. 227/2014 hanno affermato che non appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie in materia di cinque per mille in quanto “non viene messa minimamente in discussione un’obbligazione tributaria”.
 
Il giudice ordinario ha, al contrario, riconosciuto sussistente la propria giurisdizione.
Si richiama l’ordinanza n. 6123/2016 del Tribunale ordinario di Roma, con la quale il giudice, in relazione al contenzioso instaurato avverso un provvedimento di esclusione dal cinque per mille, ha affermato che “sussiste la giurisdizione del giudice ordinario adito.
Infine, anche il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sentenza n. 3581/2013, ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario sul presupposto che “la natura meramente ricognitiva e vincolata dell’attività che l’Amministrazione è chiamata ad esercitare ai fini dell’ammissione al beneficio in questione non consente di individuare, in capo ai soggetti istanti, una posizione di interesse legittimo, rivestendo piuttosto gli stessi una posizione di diritto soggettivo, la cui tutela è rimessa alla giurisdizione del giudice ordinario”.
 
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