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Giurisprudenza

Cittadino Ue residente in Svizzera,
plusvalenze tassate in Francia

Ammessa la riscossione differita solo a condizione che il contribuente trasferitosi nello Stato elvetico costituisca delle garanzie volte ad assicurare il recupero delle imposte

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra un cittadino francese e l’amministrazione fiscale francese in merito alla rivalutazione dell’ammontare della plusvalenza latente sulle partecipazioni, in società di diritto francese, dichiarate dal contribuente al momento del trasferimento della sua residenza fiscale dalla Francia alla Svizzera e sull’addebito della maggior imposta sul reddito e dei contributi sociali, oltre sanzioni.
 
Il procedimento principale
Un soggetto francese trasferiva la propria residenza fiscale dalla Francia alla Svizzera. A tale data deteneva rilevanti partecipazioni nel capitale sociale di diverse società stabilite in Francia.
Come stabilito dalla normativa fiscale francese, all’atto del trasferimento di residenza il contribuente dichiarava una plusvalenza latente sulle partecipazioni detenute e, al fine di beneficiare di una sospensione dal pagamento dell’imposta dovuta, designava un rappresentante fiscale in Francia fornendo al contempo una cauzione bancaria a titolo di garanzia di fronte all’erario francese.
Successivamente il contribuente cedeva i propri titoli, ponendo fine alla sospensione dell’imposizione fiscale.
A seguito di un controllo, l’Amministrazione fiscale francese accertava una maggior imposta dovuta, derivante dalla rivalutazione dell’ammontare della plusvalenza in argomento.
Dopo aver inutilmente proposto opposizione all’ufficio finanziario, il contribuente proponeva ricorso dinanzi al tribunale amministrativo di Montreuil, lamentando il contrasto tra la normativa nazionale e l’accordo tra Svizzera e Comunità europea del 1999 (Alcp), poiché “la libertà di stabilimento garantita da tale accordo gli permetteva di stabilirsi in Svizzera e di esercitarvi in quanto lavoratore autonomo un’attività economica, consistente nella gestione delle sue varie partecipazioni, dirette o indirette, in svariate società da lui controllate in Francia”.
 
Tale ricorso, così come l’appello dinanzi alla Corte d’appello amministrativa di Versailles, venivano  rigettati. Il contribuente presentava allora ricorso per cassazione dinanzi al Consiglio di Stato.
 
La questione pregiudiziale
Il giudice del rinvio si pone la questione se il diritto di stabilimento in quanto lavoratore autonomo, quale definito ai sensi dell’Alcp, possa essere considerato equivalente alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo 49 Tfue ai cittadini degli Stati membri.
Il Consiglio di Stato ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia europea le seguenti questioni pregiudiziali:
 
Se il diritto di stabilimento in qualità di lavoratore autonomo, come definito dagli articoli 1 e 4 dell’accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e la Confederazione svizzera sulla libera circolazione delle persone (firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, d’ora in avanti ALCP) e dall’articolo 12, possa essere considerato equivalente alla libertà di stabilimento garantita alle persone che esercitano un’attività autonoma dall’articolo 49 TFUE;
Se, in tale ipotesi, tenuto conto delle disposizioni dell’articolo 16 dell’accordo, occorra applicare la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 7 settembre 2006, N (C470/04, EU:C:2006:525), successiva a detto accordo, nel caso di un cittadino di uno Stato membro che abbia trasferito la propria residenza in Svizzera e che si limiti a conservare le partecipazioni detenute in società soggette al diritto di tale Stato membro, le quali gli conferiscono una sicura influenza sulle decisioni di tali società e gli permettono di determinarne le attività, senza esercitare in Svizzera un’attività autonoma diversa da quella esercitata nello Stato membro di cui era cittadino e consistente nella gestione di tali partecipazioni.”
 
L’accordo tra la Comunità europea e la Svizzera
La Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall’altro lato, hanno firmato il 21 giugno 1999 sette accordi, uno dei quali è l’Alcp sulla libera circolazione delle persone.
L’articolo 12 di detto accordo prevede che un cittadino di una parte contraente che desideri stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per perseguire un’attività autonoma riceve un permesso di soggiorno per un periodo di cinque anni. Egli deve dimostrare alle autorità nazionali competenti che è stabilito o intende stabilirsi a tal fine. Detto permesso è automaticamente prorogato per almeno cinque anni, a condizione che il lavoratore autonomo fornisca prove alle autorità nazionali competenti che è impegnato in un'attività economica autonoma.
Il successivo articolo 13 fornisce la definizione di “lavoratore frontaliero indipendente”, che è un “cittadino di una parte contraente che risiede nel territorio di una parte contraente e che esercita un'attività autonoma nel territorio dell’altra parte contraente, ritornando al suo luogo di residenza in linea di principio ogni giorno, o almeno una volta alla settimana”.
 
La legislazione francese
L’articolo 167-bis del codice generale delle imposte stabilisce, in primo luogo, che i contribuenti fiscalmente residenti in Francia per almeno sei anni negli ultimi dieci anni sono soggettati ad imposta, alla data del trasferimento del loro luogo di residenza fuori dalla Francia, in relazione alle plusvalenze accertate sui diritti societari.
Il pagamento dell’imposta afferente alla plusvalenza accertata può essere differito fino al momento in cui si effettuerà “la trasmissione, il riscatto, il rimborso ovvero l’annullamento dei diritti societari in oggetto”, a condizione che:
  • il contribuente dichiari l’ammontare della plusvalenza accertata e chieda di beneficiare della sospensione
  • designi un rappresentante stabilito in Francia autorizzato a ricevere le comunicazioni relative alla base imponibile, alla riscossione e al contenzioso dell’imposta
  • costituisca, prima della sua partenza, garanzie idonee ad assicurare la riscossione del credito da parte dell’Erario.
Il giudizio della Corte
La controversia in oggetto vede, da un lato, la normativa francese che stabilisce che, quando una persona fisica trasferisce la propria residenza dalla Francia ad un altro Stato parte del citato accordo sulla libera circolazione delle persone, pur mantenendo la propria attività economica in Francia, prevede l’imposizione immediata delle plusvalenze latenti relative a rilevanti partecipazioni che tale persona detiene nel capitale di società di diritto francese in occasione di tale trasferimento di residenza e che ammette la riscossione differita dell’imposta dovuta solo a condizione che siano costituite garanzie atte ad assicurare il recupero di tale imposta. La norma in questione prevede un regime diverso nel caso in cui il contribuente, che detiene anch’esso tali partecipazioni, continua a risiedere in Francia: in tale ipotesi le plusvalenze sono tassate solo al momento della cessione di tali partecipazioni.
Il giudice del rinvio ha chiesto, pertanto, se le disposizioni dell’accordo tra la Svizzera e la Comunità europea sulla libertà di stabilimento debbano essere interpretate nel senso che ostano alla citata normativa francese.
Il contribuente sostiene che l’attività di gestione, in Svizzera, delle proprie partecipazioni nelle società stabilite in Francia rientri nell’ambito del diritto di stabilimento in qualità di lavoratore autonomo ai sensi dell’Alcp, diritto che dovrebbe poter far valere anche nei confronti del suo Stato di origine.
A tale riguardo la Corte ha ribadito il diritto dei cittadini di una parte contraente di poter invocare i diritti sanciti dall’Alcp non solo nei confronti del paese verso il quale esercitano la libertà di circolazione, in tal caso la Svizzera, ma anche nei confronti del loro stesso paese (Francia).
 
Chiarito tale principio, è stato necessario verificare se, nel caso di specie, la posizione del contribuente rientrasse nell’ambito di applicazione della nozione di “lavoratore autonomo” ai sensi dell’Alcp e se, in tal caso, tale accordo contenga disposizioni che questi possa far valere nei confronti del proprio Stato di origine.
L’articolo 12 dell’accordo stabilisce che “è considerato lavoratore autonomo il cittadino di una parte contraente che desideri stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per esercitarvi un’attività indipendente.” Il successivo articolo 13, come già precisato, fornisce la definizione di lavoratore autonomo frontaliero, intendendosi per tale chi, pur lavorando nel territorio dell’altro Stato contraente, ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno o almeno una volta alla settimana.
I giudici della Corte di Strasburgo hanno rilevato che la situazione del contribuente non rientra in nessuno dei casi previsti dall’Alcp e che quindi non è applicabile la disciplina prevista da tale accordo.
Infatti, in primo luogo, il diritto di stabilimento, come definito ai sensi del citato articolo 12, è riservato alle persone fisiche di una parte contraente che intendano “stabilirsi nel territorio di un’altra parte contraente per esercitare un’attività indipendente in tale territorio.”

Nel caso di specie, invece, il cittadino francese, non intendeva svolgere la propria attività economica nel territorio della Confederazione svizzera, bensì conservare l’attività in Francia.
In secondo luogo, il contribuente non può definirsi “lavoratore autonomo frontaliero” perché egli rimane nel territorio della Confederazione svizzera e da qui intende esercitare la propria attività economica in Francia. Pertanto, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 13 dell’accordo Alcp, la persona non effettua ogni giorno, o almeno una volta alla settimana, un tragitto dal luogo della sua attività economica a quello della sua residenza.
Alla luce di tali considerazioni la posizione del contribuente francese è fuori dall’ambito di applicazione dell’accordo tra Svizzera e Comunità europea con riferimento alla nozione di “lavoratori autonomi”.
Ne consegue, pertanto, che l’accordo deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella francese, che prevede la tassazione immediata delle plusvalenze latenti relative alle partecipazioni detenute in Francia nel momento in cui il soggetto trasferisce la propria residenza in Svizzera e sempreché non effettui ogni giorno, o almeno una volta alla settimana, un tragitto dal luogo della sua attività economica a quello della sua residenza.
 
È altresì legittima la norma in questione, sia nella parte in cui è ammessa la riscossione differita dell’imposta solo a condizione che siano costituite idonee garanzie atte ad assicurare il recupero erariale, sia nella parte in cui prevede un diverso trattamento nel caso in cui il contribuente continui a risiedere nel territorio francese, nel qual caso il momento impositivo coincide con la cessione delle partecipazioni.
 
Il principio
Alla luce di quanto rilevato in precedenza, la Corte di giustizia europea ha dichiarato il seguente principio:
Poiché una situazione come quella di cui al procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione ratione personae della nozione di «lavoratori autonomi», ai sensi dell’accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, le disposizioni di quest’ultimo devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa di uno Stato parte di tale accordo, come quella di cui al procedimento principale, la quale, quando una persona fisica trasferisce la propria residenza da tale Stato ad un altro Stato parte di tale accordo, pur mantenendo la propria attività economica nel primo di questi due Stati, senza effettuare ogni giorno, o almeno una volta alla settimana, un tragitto dal luogo della sua attività economica a quello della sua residenza, prevede la tassazione immediata delle plusvalenze latenti relative a rilevanti partecipazioni che tale persona detiene nel capitale di società soggette al diritto del primo di detti Stati in occasione di tale trasferimento di residenza e ammette la riscossione differita dell’imposta dovuta solo a condizione che siano costituite garanzie atte ad assicurare il recupero di tale imposta, mentre una persona che detiene anch’essa tali partecipazioni, ma che continua a risiedere nel territorio del primo di tali Stati membri, viene tassata solo al momento della cessione delle suddette partecipazioni.
 
Data della sentenza
15 marzo 2018
 
Numero della causa
C‑355/16
 
Nome delle parti
  • Christian Picart
contro
  • Ministre des Finances et des Comptes publics
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