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Giurisprudenza

La commissione al venditore d’asta è prestazione di servizi

In quanto tale è da considerarsi svincolata dallo "status" giuridico del bene e, di conseguenza, é soggetta ad aliquota ordinaria

La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Ue il 9 febbraio, a definizione del procedimento per inadempimento C-305/03 promosso dalla Commissione delle Comunità europee contro il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, concerne la corretta individuazione dell’aliquota applicabile alle prestazioni di servizi rese dai banditori di aste per la vendita di beni di antiquariato provenienti da Stati terzi.
In Europa il mercato dell’arte è particolarmente fiorente nel Regno Unito dove le opere d’arte e gli oggetti di antiquariato provenienti da Paesi extra-Ue vengono temporaneamente introdotti al solo scopo di essere messi all’asta da una casa specializzata, per poi essere nuovamente esportati negli Stati terzi in caso di mancata vendita.
Regime doganale e applicazione dell’Iva
L’importazione e la cessione di beni sottoposti al regime doganale speciale di "ammissione temporanea" nella Comunità sono esenti dall’applicazione dell’Iva che si applica soltanto quando, a seguito della vendita all’asta, le merci sono importate in via definitiva nella Comunità. La ratio dell’esenzione dai dazi doganali e dall’Iva risiede nel fatto che, prima della vendita all’asta, non è ancora certo se l’oggetto d’arte resterà nel territorio della comunità oppure sarà nuovamente esportato verso Paesi terzi. In caso di riesportazione, l’importazione provvisoria deve restare esente da imposte in modo da non rendere più onerose le aste all’interno della Comunità e da non svantaggiare gli operatori comunitari rispetto alla concorrenza internazionale. Laddove, invece, il bene sia acquistato, venendo definitivamente importato e introdotto nel territorio della Comunità, si applicherà l’aliquota Iva ridotta ai sensi dell’articolo 12, n.3, lett.a) e c) della sesta direttiva.
L’origine della controversia
La controversia in esame è stata, in buona sostanza, originata dall’ambiguità della portata applicativa del regime speciale vigente per le vendite all’asta che prevede che la base imponibile per le suddette cessioni sia costituita dal prezzo d’asta comprensivo del margine di guadagno del venditore d’asta. In base alla disciplina in vigore nel Regno Unito per l’importazione degli oggetti d’arte, il compenso del banditore viene ridotto in modo tale che l’Iva ad esso applicabile risulti, nel suo complesso, pari al 5 per cento del prezzo, con un evidente risparmio d’imposta per l’operatore atteso che nel Regno Unito le corrispondenti prestazioni attinenti a beni presenti nel territorio dello Stato sono assoggettate all’ordinaria aliquota di imposta pari al 17,5 per cento.
La posizione della Commissione Ue
La querelle con la Commissione nasce per il fatto che quest’ultima sostiene che l’aliquota ridotta, prevista dal regime speciale, dovrebbe applicarsi unicamente "al valore di importazione e, cioè, alla differenza tra il ricavato dell’asta ed il margine di guadagno del venditore d’asta" e non, come invece ha fatto il Regno Unito, al compenso percepito dal venditore d’asta la cui prestazione deve essere considerata, a parere della Commissione, come una controprestazione per una cessione o prestazione di servizi all’interno dello Stato, non rilevando la circostanza che la stessa attenga ad oggetti d’arte che si trovano ancora in regime di importazione in ammissione temporanea. Né, a parere della Commissione,  la prestazione di servizi del banditore d’asta può essere ritenersi esente ai sensi dell’articolo 14, n.1, lett.i) della sesta direttiva che circoscrive l’esenzione alle sole prestazioni di servizi "connesse con l’importazione di beni" quali, ad esempio, il disbrigo delle formalità di importazione. In relazione a questa obiezione, la Corte osserva che se, da un lato, è vero che l’organizzazione dell’asta non è direttamente connessa con l’importazione, bensì con la cessione di beni, è pur vero  che, quando i beni sono messi all’asta, pur trovandosi nel territorio della Comunità, non sono stati ancora definitivamente importati. Tale frattura tra la situazione effettiva e quella giuridico-doganale  è una diretta  conseguenza della particolarità del regime esistente per le importazioni in ammissione temporanea.
L’interpretazione dei giudici comunitari
A parere della Corte, la questione deve essere risolta alla luce delle indicazioni contenute nell’articolo 16 n.1 della sesta direttiva che, da un lato, dispone che in assenza di una importazione definitiva, non è possibile parlare di cessione all’interno del Paese ma prevede, dall’altro, anche la piena equiparazione delle operazioni svolte in regime di importazione temporanea alle operazioni effettuate all’interno del Paese stesso. Tanto premesso i giudici  comunitari, aderendo all’interpretazione della Commissione europea, rilevano la necessità di separare, nel caso di vendita all’asta di un oggetto in regime di ammissione temporanea, la fase della vendita all’asta  da quella della importazione del bene e, conseguentemente, assoggettare in modo distinto ad imposta le due operazioni.
Le conclusioni
Occorrerà quindi separare, nel prezzo complessivamente pattuito per l’aggiudicazione, la parte corrispondente al costo dell’organizzazione relativa alla vendita all’asta da quella effettivamente corrispondente al valore doganale del bene importato. Ai sensi del citato articolo 16 sarà soltanto questa parte del prezzo che fruirà dell’aliquota ridotta, mentre la commissione dovuta al venditore d’asta dovrà essere ritenuta svincolata dallo "status" giuridico del bene e considerata alla stregua di una prestazione di servizi erogata nel territorio dello Stato e, come tale, da assoggettare ad aliquota ordinaria.
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