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Giurisprudenza

La competenza non si deroga per mancanza di accordo tra le parti

Limitata l’insussistenza del requisito di obiettiva determinabilità dei componenti di reddito alle sole ipotesi in cui non si può proprio quantificare ex ante il costo, neanche tramite ulteriori criteri di determinazione

aula cassazione
In aderenza al principio di competenza economica fissato dall’articolo 2423-bis del Codice civile in materia di redazione del bilancio, l’articolo 109, comma 1, del Tuir sancisce, in ambito fiscale, che "I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza" (la necessaria correlazione tra costi e ricavi consente all’Amministrazione finanziaria il recupero delle basi imponibili determinate in violazione del principio di competenza. Come ricorda la Corte di cassazione, con la sentenza del 21 maggio 2003, n. 8000 "…le regole sull’imputazione temporale delle componenti di reddito hanno carattere inderogabile, per il contribuente e per l’Ufficio, sicché il recupero a tassazione dei ricavi relativi ad un determinato esercizio finanziario non è impedito dalla circostanza che i costi siano stati dichiarati e detratti in un esercizio diverso").

Il principio di competenza, che consente la correlazione dei costi e dei ricavi, può essere derogato qualora il componente reddituale non presenti la simultanea presenza di due requisiti: la certezza (an) e l’obiettiva determinabilità (quantum). In tal caso, la deduzione del costo deve essere rinviata all’esercizio in cui tali condizioni siano entrambe soddisfatte.

Con la sentenza n. 10988 del 14 maggio 2007, la Corte di cassazione è intervenuta sul concetto di obiettiva determinabilità affermando che:

 

  • l’obiettiva determinabilità di un costo ricorre anche quando non sussiste ancora un accordo sul prezzo di un servizio, potendo questo essere desunto da parametri diversi dalla volontà delle parti
  • spetta al contribuente, qualora voglia dedurre componenti negativi di reddito, fornire la prova della sussistenza di elementi che giustificano la deroga al principio di competenza ex articolo 109, comma primo, Tuir (in questo senso la Cassazione si era già pronunciata con la sentenza n. 20521/2006, statuendo che l’onere di provare il requisito della certezza e della obiettiva determinabilità dei componenti positivi di reddito spetti all’Amministrazione finanziaria, mentre per quelli negativi l’onere grava sul contribuente; vd. “Certezza e determinabilità obiettiva orientano la competenza dei ricavi”, in FISCOoggi del 6/11/2006).

Il fatto
L’Amministrazione finanziaria, con avvisi di accertamento Irpeg e Ilor per gli anni di imposta 1992 e 1993, contestava l’indebita deduzione di costi relativi a fatture per servizi di assistenza e consulenza prestati dalla società controllante dal 1985 al 1992. In particolare, il suddetto costo si contestava per un ammontare pari a 7/8 del costo complessivo per difetto di competenza, in quanto relativo a prestazioni fruite negli anni precedenti.

Avverso la sentenza dei giudici di secondo grado, i quali ritenevano corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria, stante il difetto di competenza dei costi contabilizzati nel 1992, la società proponeva ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, eccependo, tra i diversi motivi di censura, l’illegittimità della sentenza in quanto assolutamente infondata in diritto per violazione dei criteri legali che regolano la deduzione dei costi dal reddito d’impresa.

La doglianza si fonda sulla circostanza che, essendo intervenuta solo nel dicembre 1992 la transazione inerente la determinazione del costo e il titolo giuridico dell’utilizzo dei macchinari per il periodo 1985-1992, prima della stipula dell’accordo il costo in questione non era assolutamente determinabile perché su questo mancava l’accordo delle parti, sicché in conformità dell’articolo 75 (ora 109), comma 1, Tuir, correttamente lo stesso veniva correlato all’esercizio del 1992, quando cioè era divenuto oggettivamente determinato.

La decisione della Corte
La Suprema corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso del contribuente, evidenziando che la mancanza di un preventivo accordo sul prezzo è una circostanza irrilevante posto che "l’obiettiva determinabilità sancita dalla legge non è collegabile o collegata all’accordo delle parti, rectius alla manifestazione della loro volontà". La mancanza di accordo delle parti "non significa necessariamente che questo" (il costo) "non sia, prima dell’accordo, obiettivamente determinabile potendo a tali fini soccorrere strumenti diversi quali la parametrazione ad altre operazioni simili, al valore di mercato dei beni utilizzati in rapporto al numero delle ore di utilizzo dei medesimi, eccetera".

La ratio interpretativa, secondo i giudici di piazza Cavour, deve rinvenirsi nell’esigenza di evitare scelte di convenienza da parte dei contribuenti che disattendono il principio di competenza. Infatti, diversamente argomentando, e quindi ricollegando l’obiettiva determinabilità del costo all’accordo delle parti, si demanderebbe loro "la scelta di stabilire a quale esercizio di competenza imputare la relativa componente del reddito d’impresa".

La sentenza in commento, pertanto, restringe il campo alla derogabilità del criterio di competenza ex articolo 109, comma 1, Tuir, limitando l’insussistenza del requisito di “obiettiva determinabilità” dei componenti di reddito alle sole ipotesi in cui non sia assolutamente possibile addivenire alla quantificazione ex ante del costo, neanche attraverso l’utilizzo di ulteriori criteri di determinazione, diversi dalla mera volontà delle parti.

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