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Giurisprudenza

Composizione negoziata della crisi,
il risanamento richiede “concretezza”

L’istituto offre una chance alle imprese in condizioni di crisi patrimoniale o economico-finanziaria, a condizione che abbiano comunque ancora le potenzialità necessarie per restare sul mercato

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Il Tribunale di Lecco, sezione I, con sentenza del 2 gennaio 2023, ha detto no all’applicazione delle “misure protettive” del patrimonio, previste dall’istituto della composizione negoziata della crisi d’azienda, nei confronti di un’impresa il cui piano di risanamento appariva assolutamente embrionale rispetto a quanto richiesto dall’agevolazione e privo di concrete prospettive di risanamento.

In tema di composizione negoziata la concretezza delle prospettive di ripristino delle condizioni di equilibrio patrimoniale, economico e finanziario deve essere giudicata tenendo conto, tra l’altro, del grado di chiarezza, completezza e coerenza del progetto di piano di risanamento, dei risultati del test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, dell’adesione alle trattative di uno o più creditori che rappresentano la maggioranza del debito da ristrutturare, della disponibilità del sostegno finanziario dei soci o di terzi investitori.

Il Tribunale di Lecco, con la sentenza in commento, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di composizione negoziata della crisi d’azienda, specificando, in particolare, cosa si debba intendere per “concretezza” delle prospettive di ripristino delle condizioni di equilibrio dell’impresa.

Nel caso esaminato, per quanto di interesse, la società aveva chiesto di confermare le misure protettive (divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione non concordati con l'imprenditore; divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa; improcedibilità delle azioni per l'apertura della procedura d'insolvenza, ecc.), ex articolo 18 del Codice della crisi d’impresa e dell'insolvenza (CCII), per la durata massima di 120 giorni, o per la diversa durata ritenuta dal Tribunale.
Secondo quanto emergeva dagli atti del procedimento, la società versava in una condizione di pre-insolvenza, se non di vera e propria insolvenza, e non di mera “crisi” (intesa quest'ultima come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi), anche considerato che la stessa presentava debiti tributari e contributivi per più di due milioni di euro, nonché debiti scaduti verso fornitori, che non era in grado di pagare regolarmente.

Rileva il Tribunale che l'accesso al procedimento di composizione negoziata della crisi, secondo l'opinione più attendibile (cfr Tribunale Bologna, 8 novembre 2022, Tribunale Modena, 3 dicembre 2022 e Tribunale Arezzo, 16 aprile 2022), non è di per sé precluso dalla condizione d'insolvenza dell'imprenditore, ma piuttosto dalla sua irreversibilità, come si desume dal rilievo che l’articolo 17, comma 5, CCII, prescrive la chiusura anticipata del procedimento di composizione stragiudiziale solo allorché l'esperto si persuada dell'assenza di concrete prospettive di risanamento dell'impresa e non, invece, quando sia ravvisabile una situazione d'insolvenza.

In tal senso, l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, intesa come ragionevole (cioè basata su dati attendibili e ipotesi realistiche) possibilità di superamento degli squilibri finanziari, patrimoniali ed economici dell'impresa, costituisce, dunque, non soltanto un presupposto necessario per l'avvio e il fisiologico svolgimento della composizione negoziata, ma anche una condizione imprescindibile per la conferma delle misure protettive, atteso che soltanto una prognosi positiva in ordine al buon esito delle iniziative già assunte, o prefigurate, per la regolazione della crisi o dell'insolvenza può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni dei creditori sul patrimonio del debitore in un contesto, quale quello della composizione, connotato in senso stragiudiziale e privo delle garanzie (nomina di un commissario giudiziale e obblighi informativi periodici) disposte per l'ipotesi di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza con riserva (articolo 44 CCII).
Pertanto, concludono i giudici, non può condividersi l'affermazione secondo cui il Tribunale deve confermare le misure protettive quando, pur ritenendo il raggiungimento del risanamento di difficile realizzazione, l'alternativa liquidatoria riuscirebbe a soddisfare in minima parte le aspettative dei creditori (cfr Tribunale Bologna, 8 novembre 2022), né quella secondo cui il giudizio del Tribunale dovrebbe essere unicamente rivolto a verificare che il risanamento non appaia un obiettivo manifestamente implausibile (cfr Tribunale Modena, 3 dicembre 2022).

Tali regole di giudizio, secondo la pronuncia in commento, sono infatti incompatibili con i tratti di “concretezza” e “ragionevolezza” che devono comunque connotare le iniziative di superamento della crisi d'impresa nella composizione negoziata.
Il controllo di ragionevolezza delle prospettive di risanamento in fase di conferma delle misure protettive, aggiunge il Tribunale, deve del resto essere tanto più esteso e rigoroso quanto più deteriorata appare la situazione aziendale.

In conclusione, viene quindi rilevato che la “concretezza” delle prospettive di ripristino delle condizioni di equilibrio patrimoniale, economico e finanziario, da calibrare in relazione alla natura, all'origine e alla gravità degli squilibri manifestati dall' impresa, deve essere giudicata tenendo conto dei seguenti criteri di valutazione:

  • grado di chiarezza, completezza e coerenza del progetto di piano di risanamento, predisposto secondo le linee guida indicate all'articolo13, comma 2, COI
  • risultati del test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento
  • adesione alle trattative di uno o più creditori che rappresentano la maggioranza del debito da ristrutturare
  • stato di avanzamento delle trattative ed eventuale formulazione di proposte alle parti interessate
  • disponibilità del sostegno finanziario dei soci o di terzi investitori (o presenza di manifestazioni di interesse all'acquisto dell'azienda in ipotesi di continuità indiretta)
  • sostenibilità finanziaria del progetto di risanamento risultante dal piano finanziario per i sei mesi successivi al deposito della domanda.

Tanto premesso, nel caso in giudizio, secondo il Tribunale, non era possibile formulare una prognosi positiva in ordine alle prospettive di risanamento, atteso che, tra l’altro, il progetto di piano di risanamento appariva assolutamente embrionale rispetto alle indicazioni contenute nella lista di controllo di cui all'articolo 13, comma 2, richiamato (e così le azioni e gli interventi ipotizzati per il superamento della crisi) e non era stato effettuato il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. Neppure, infine, era emersa la disponibilità del socio o di terzi investitori a fornire sostegno finanziario al risanamento.
Insomma, a parere dei giudici, difettava manifestamente la concretezza della prospettiva di risanamento, indispensabile invece, come detto, per la conferma delle misure protettive nell'ambito della composizione negoziata.

Con riferimento allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.
Di fronte all’aumento delle imprese in difficoltà, il legislatore ha introdotto la composizione negoziata della crisi d’impresa come specifico strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi.
Tale istituto permette il risanamento delle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che abbiano comunque ancora le potenzialità necessarie per restare sul mercato, con concrete prospettive di risanamento.

L’impresa può, dunque, in questi casi, richiedere alla Camera di commercio la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà.
Tale istituto non avvia una procedura concorsuale, in quanto, durante le trattative, l’imprenditore continua a gestire la propria impresa, senza ingerenze o controllo da parte del Tribunale o dell’esperto.
Tuttavia, come nelle procedure concorsuali, per salvaguardare la possibilità di superare effettivamente la crisi, viene concessa all’imprenditore la possibilità di beneficiare di “misure protettive” del proprio patrimonio da eventuali iniziative dei creditori.
Per poterne usufruire, però, come visto, le prospettive di risanamento devono essere effettivamente concrete.

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