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Giurisprudenza

La “condizione” alla donazione
entra nel reddito del beneficiario

Il lascito avente, oltre al donatario, un terzo destinatario determinato, è considerato doppio. Le liberalità che quest’ultimo ne ricava vanno tassate come prevede l’articolo 50 del Tuir

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Le somme che un contribuente riceve periodicamente a seguito dell’adempimento di un onere apposto a una donazione devono essere dichiarate dal beneficiario, in quanto costituiscono redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente. Questo il principio espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 25858 del 1° settembre 2022.

Per motivare tale decisione, i giudici di legittimità hanno richiamato l’articolo 50 del Tuir.
Questa disposizione stabilisce che sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente, tra l’altro, “gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 10 tra gli oneri deducibili…”.
A sua volta, la lettera d) del primo comma dell’articolo 10 del Tuir, sopra evidenziata, richiama gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione modale.

Prima di esaminare la vicenda concreta, precisiamo che:

  • l’articolo 769 del codice civile, definisce la donazione come il contratto mediante il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione
  • l’articolo 793, sempre del codice civile, disciplina la donazione modale, prevedendo che la donazione possa essere gravata da un onere. Con l’apposizione di un onere alla donazione viene, di fatto, limitato l’arricchimento del donatario il quale sarà tenuto ad eseguire una prestazione a vantaggio del donante o di terzi.


Secondo l’orientamento costante della Corte di cassazione (cfr sentenza n. 6925/2015), la presenza dell’onere non snatura l’essenza della donazione, che resta un negozio a titolo gratuito nonostante l’apposizione dell’onere stesso.

Nel caso esaminato dalla Corte suprema, con la pronuncia in esame, una contribuente aveva donato al proprio figlio un’azienda farmaceutica. Alla donazione era stato apposto l’onere in base al quale il donatario doveva corrispondere la somma di 500mila euro, suddivisa in 10 rate annuali da 50mila euro ciascuna, in favore del padre del donatario stesso, nonché coniuge della donante.
Il donatario ha adempiuto l’onere indicato nella donazione versando le somme prevista al terzo beneficiario. Quest’ultimo, però, non ha indicato nella propria dichiarazione dei redditi, le somme percepite a seguito dell’adempimento dell’onere.

L’amministrazione finanziaria, constatata l’omessa indicazione di tali importi nella dichiarazione dei redditi del beneficiario, ha emesso un avviso di accertamento, ritenendo che le somme in esame costituivano redditi assimilati ai redditi da lavoro dipendente, di cui all’articolo 50 del Testo unico sulle imposte dirette.

L’avviso di accertamento è stato impugnato dal contribuente, il cui ricorso è stato, però, respinto sia dalla Ctp di Rieti che dalla Ctr del Lazio (decisione n. 1069 del 20 febbraio 2015).
La Corte di cassazione, investita della questione, ha richiamato la propria sentenza n. 29506 del 24 dicembre 2020, con la quale aveva precisato che:

  • in base all’articolo 58 del testo unico sulle successioni e donazioni (Dlgs n. 346/1990), gli oneri di cui è gravata una donazione, che hanno per oggetto una prestazione in favore di soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore del beneficiario
  • dal punto di vista fiscale, la donazione modale avente un destinatario determinato, è considerata come una doppia donazione. Vi è una prima donazione in favore del donatario e una seconda donazione in favore del beneficiario dell’onere
  • gli oneri posti a carico del donatario e a favore di soggetti individualmente determinati, rilevano come attribuzioni provenienti dal donante, nonostante l’adempimento dell’onere sia eseguito direttamente dal donatario, mediante beni provenienti dal suo patrimonio.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta l’assimilazione delle somme percepite dal contribuente a seguito dell’adempimento dell’onere, ai redditi da lavoro dipendente, richiamando il citato articolo 50 del Tuir.
Questa disposizione, come anticipato inserisce tra le somme che sono assimilate ai redditi di lavoro dipendente, “gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro…”.
È stato, quindi, respinto il ricorso del contribuente e riconosciuto legittimo l’avviso di accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria.

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