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Giurisprudenza

Condono al quadrato? Risultato impossibile

Ribaltate le conclusioni dei giudici di merito: inammissibile la “sanatoria di sanatoria”

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"Il raggio di applicazione del condono non può estendersi fino a ricomprendere irregolarità o inadempienze contenute in altri atti, quali appunto quelli relativi a precedenti condoni". Tradotto, le sanzioni e gli interessi dovuti per il ritardato pagamento della rata di un precedente condono (articolo 38 della legge 413/1991) non possono essere sanati con un condono successivo (articolo 18-bis della legge 85/1995). E’, in sintesi, quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1927 del 29 gennaio 2008.

La controversia traeva origine dall’impugnazione di una cartella esattoriale con cui il Fisco chiedeva a una Spa il pagamento di una somma a titolo di sanzioni e interessi moratori per il ritardato versamento della prima rata di condono ex articolo 38, legge 413/1991.

Avverso la cartella il contribuente proponeva ricorso, sostenendo che le sanzioni per il ritardato pagamento non erano più dovute, perché sanate con un condono successivo (articolo 18-bis, legge 85/1995).

I giudici di primo grado accoglievano il ricorso e la Ctr confermava la sentenza, affermando che il contribuente (che aveva aderito al primo condono) poteva avvalersi, trattandosi di “irregolarità formali”, del condono successivo, considerato che il ritardato pagamento era avvenuto entro i termini per potere godere della sanatoria ex articolo 19-bis, legge 85/1995.

L’Amministrazione presentava ricorso per cassazione, deducendo l’inammissibilità del “condono del condono”, con la conseguente impossibilità di estendere la sanatoria concessa dalla legge del 1995 alle somme dovute a titolo di precedenti condoni.

Tanto premesso, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Amministrazione, affermando che "il raggio di applicazione del condono non può estendersi fino a ricomprendere irregolarità o inadempienze contenute in altri atti, quali appunto quelli relativi a precedenti condoni".

In altre parole, oggetto del condono non può essere un altro condono e, quindi, la sanatoria non può allargarsi ai tardivi versamenti relativi alla prima rata della precedente sanatoria.

Nella motivazione della sentenza, è anche precisato che i giudici di appello avevano errato nel ritenere che il versamento effettuato in ritardo, relativo alla prima rata del precedente condono, rientrasse nella fattispecie di cui all’articolo 19-bis della legge 85/1995, che fa riferimento, invece, "alla sanatoria per irregolarità nelle dichiarazioni dei redditi e nelle dichiarazioni Iva".
In realtà, ha proseguito la Corte, "tale disposizione non è applicabile nella fattispecie in esame, nella quale si controverte in merito al ritardato versamento di una rata del condono di cui la società si era in precedenza avvalsa mediante dichiarazione integrativa per definizione automatica ai sensi dell’art. 38 della Legge 413/1991".

Il principio espresso nella pronuncia trova conforto anche in altre sentenze della Cassazione, nelle quali è stato più volte affermato che il contribuente non può contestare (né, peraltro, condonare con successiva sanatoria) l’iscrizione a ruolo non scaturente da un atto impositivo dell’Amministrazione finanziaria, ma dalla liquidazione delle somme che il contribuente stesso, presentando la dichiarazione integrativa, ex legge 413/1991, ha implicitamente riconosciuto di dovere al Fisco (cfr sentenze 13805/2003, 19507/2004, 5092/2005).

Per la suprema Corte, quando il ruolo è emesso a seguito di una liquidazione della dichiarazione integrativa, l’Amministrazione finanziaria non pone in essere alcun atto impositivo, inteso quale pretesa a carattere patrimoniale, ma si limita a liquidare il quantum della dichiarazione integrativa presentata dallo stesso ricorrente, il quale manifesta la volontà di avvalersi del condono di cui alla legge 413/1991.
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