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Giurisprudenza

Consentire una frode è reato,
anche senza l’avvenuta evasione

Fatture con causali generiche estranee all’attività dell’emittente, pagamenti ricevuti retrocessi al cliente e ammissione dei fatti sono sufficienti a provare l’esistenza dell’illecito

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In tema di reati tributari, l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto d'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Infatti per integrare il reato è sufficiente che l'emittente delle fatture voleva consentire a terzi l'evasione dell'imposte, mentre non è necessario l’effettivo conseguimento dell’evasione (Cassazione 31142/2022).
Le sanzioni relative alle violazioni tributarie sono disciplinate in ambito amministrativo e in ambito penale.
In ambito amministrativo tramite il decreto legislativo n. 471/1997 che ha riformato le sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, e dal Decreto legislativo n. 472/1997 che contiene le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.
In ambito penale dal Dlgs n.74/2000, il quale disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
I principali reati penali tributari individuati dal suindicato decreto sono:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
  • dichiarazione infedele
  • omessa dichiarazione
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
  • occultamento o distruzione di documenti contabili
  • omesso versamento di ritenute dovute o certificate, Iva e indebita compensazione
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

Oggetto di questa trattazione è il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, come disciplinato dall’articolo 8 del Dlgs n. 74/2000, il quale prevede come sanzione la reclusione per chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
In particolare, la sezione penale della Cassazione, con sentenza 31142/2022 pubblicata il 16/08/2022, ha ricordato che in tema di reati tributari, l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto d'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Infatti per integrare il reato è sufficiente che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione dell'imposte, mentre non è necessario l’effettivo conseguimento dell’evasione.
 

La vicenda processuale
Al contribuente era stata contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, le cui violazioni sono disciplinate dagli articoli 5 e 8 del Dlgs n. 74/2000.
Il tribunale di Ivrea aveva inflitto, oltre alla confisca per equivalente, la pena della reclusione per il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per il reato di omessa dichiarazione.
La Corte d'appello di Torino, in parziale riforma della suindicata sentenza, rideterminava la pena, tuttavia confermando la sentenza del tribunale di Ivrea, con riferimento ai fatti contestati, ovvero emissione di fatture inesistenti e omessa dichiarazione.
Il contribuente, avverso la sentenza della Corte di appello, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la carenza di motivazione del provvedimento impugnato in relazione all'elemento oggettivo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti; infatti veniva contestato che nessuna indagine era stata effettuata per verificare che il destinatario delle fatture avesse realmente evaso le imposte.
 

La pronuncia della Corte
La Cassazione ha chiarito che, a dimostrazione dell'inesistenza delle operazioni rappresentate nelle fatture oggetto di contestazione, è sufficiente che:

  • tutte le causali delle fatture siano estremamente generiche e non consone all'attività dell’emittente
  • i pagamenti ricevuti vengano retrocessi al “cliente”, ovvero vi siano prelievi in contanti delle somme che possano far presumere la restituzione del pagamento della fattura dall’emittente al committente
  • l’emittente ammetta i fatti.

Tutti questi elementi sono sufficienti a provare con certezza la configurabilità del reato, senza dover dimostrare la presunta evasione del destinatario delle fatture.
A conferma di ciò, i giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che in tema di reati tributari, l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Difatti, l’evasione d’imposta configura un elemento del dolo specifico richiesto per la punibilità dell’utilizzatore, invece per integrare il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è sufficiente che il fine dell’emittente sia quello di consentire a terzi l'evasione dell'imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo consegua effettivamente la programmata evasione di imposte.
Riguardo l’elemento psicologico del reato, è stato evidenziato che l’emittente era consapevole della finalità delle operazioni poste in essere, ovvero rendere possibile al soggetto terzo destinatario delle fatture di poter evadere le imposizioni fiscali.

Conclusione
La sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 31142/2022, pubblicata il 16/08/2022, ha ribadito che, per integrare il reato penal-tributario di emissione di fatture per operazioni inesistenti, è sufficiente che l'emittente delle stesse si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione dell'imposte, invece non è necessario dimostrare l'evasione d'imposta da parte dell’utilizzare della fattura in quanto l’evasione delle imposte non è un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice.
Potrebbe sorgere il dubbio se l’emissione di fatture soggettivamente inesistenti in reverse charge possa configurare una fattispecie penalmente rilevante, la risposta a questo dubbio la si può trovare nella sentenza n. 22727 dello scorso 20 luglio, delle sezioni unite della Cassazione.
La Corte, richiamando anche l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, ha ribadito che il diritto alla detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi di cui trattasi, per cui in difetto della cessione effettiva dei beni o della prestazione dei servizi la detrazione è preclusa. Infatti, la presentazione di fatture per operazioni inesistenti, al pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è atta a compromettere il funzionamento del sistema comune dell'Iva ed è equiparabile a una frode.
Conseguentemente, visto che secondo l’orientamento della giurisprudenza nazionale e comunitaria, è indetraibile l’Iva relativa a fatture per operazioni inesistenti in inversione contabile, l’emissione delle stesse dovrebbe essere penalmente rilevante.

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