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Giurisprudenza

Contratto di sub-partecipazione,
la nozione di concessione di credito

Risulta determinante per la qualificazione dell’operazione la presenza della messa a disposizione di un capitale e del versamento di una remunerazione

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Rientrano nella nozione di concessione di credito, i servizi forniti da un sub-partecipante in base ad un contratto di sub-partecipazione, consistenti nella messa a disposizione del cedente di un contributo finanziario in cambio del versamento dei proventi dei crediti specificati in tale contratto, i quali rimangono nel patrimonio del cedente. Questo il principio espresso dalla Corte di Giustizia europea, nella causa C 250/2021, depositata il 6 ottobre 2022.

La fattispecie e la questione pregiudiziale
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone l’Amministrazione finanziaria polacca ad un fondo di investimento, in merito alla qualificazione, ai fini dell’esenzione dall’Iva, dei servizi prestati in base ad un contratto di sub-partecipazione.
Nella fattispecie in esame, il fondo è un fondo di cartolarizzazione non standardizzato che intende procedere alla stipula di contratti di sub-partecipazione con banche o fondi di investimento.
Come riportato dal fondo, con la stipula del contratto di sub-partecipazione, il cedente si impegna a trasferire al sub-partecipante tutti i proventi dei prestiti indicati in tale contratto in cambio di un contributo finanziario contrattualmente pattuito da parte di quest’ultimo, al momento della stipula del contratto. I titoli di credito restano nel patrimonio del cedente. La differenza tra il contributo finanziario versato al cedente e l’importo ottenuto, per la durata del contratto, dal sub-partecipante costituisce la sua remunerazione. Il meccanismo della sub-partecipazione risponderebbe quindi ad una duplice funzione, vale a dire, da un lato, quella di strumento di credito, in quanto il cedente riceve liquidità in anticipo in cambio del suo impegno di trasferire al sub-partecipante i proventi dei crediti e, dall’altro, quella di copertura del rischio, in quanto tali liquidità sarebbero svincolate dal rischio di credito connesso ai crediti.
Il fondo ritiene che i servizi forniti in base ai contratti di sub-partecipazione siano esenti dall’Iva; tuttavia la Amministrazione finanziaria ha contestato tale inquadramento e pertanto è sorta una controversia che è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale.
Quest’ultima ha quindi sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue la seguente questione con cui si chiede di conoscere se l’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di concessione di credito, ai sensi di tale disposizione, i servizi forniti da un sub-partecipante in base ad un contratto di sub-partecipazione, consistenti nella messa a disposizione del cedente di un contributo finanziario in cambio del trasferimento al sub-partecipante dei proventi dei crediti specificati in tale contratto, i quali rimangono nel patrimonio del cedente.

Le valutazioni della Corte Ue

Nella fattispecie risulta che, nell’ambito di un contratto di sub-partecipazione, il sub-partecipante e il cedente si impegnano reciprocamente, il primo, a mettere a disposizione del cedente un contributo finanziario e, il secondo, a trasferire al sub-partecipante i proventi dei crediti specificati in tale contratto, conservando nel contempo nel suo patrimonio i titoli di credito. Il cedente beneficia di un servizio in cambio di un corrispettivo che corrisponde alla differenza tra il valore previsionale dei proventi dei crediti e l’importo del contributo finanziario versato dal sub-partecipante.
Pertanto, i servizi forniti da un sub-partecipante ai sensi di un contratto di sub-partecipazione, costituiscono prestazioni di servizi effettuate “a titolo oneroso”, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva.

Risulta infatti inconferente, ai fini della determinazione del carattere oneroso di una prestazione di servizi, il fatto che la retribuzione non assuma la forma del versamento di una provvigione o del pagamento di spese specifiche. Ne consegue che, nel caso di specie, la forma della retribuzione versata al sub-partecipante non incide sul carattere oneroso o meno della sua prestazione.
Inoltre, benché la Corte abbia dichiarato che un operatore che acquisti, a proprio rischio, crediti in sofferenza ad un prezzo inferiore al loro valore nominale non effettua una prestazione di servizi “a titolo oneroso”, ai sensi della sesta direttiva n. 77/388/Cee qualora la differenza tra il valore nominale dei crediti ed il loro prezzo di acquisto rifletta il valore economico effettivo dei crediti medesimi al momento della loro cessione, resta il fatto che, nella controversia in esame, il sub-partecipante non acquista, a proprio rischio, crediti in sofferenza ad un prezzo inferiore al loro valore nominale. Inoltre, tenuto conto delle peculiarità del contratto di sub-partecipazione, l’importo del contributo finanziario messo a disposizione del cedente è generalmente determinato diversamente dal prezzo pagato da un cessionario per la cessione di crediti.
La Corte Ue osserva inoltre che occorre verificare se le prestazioni del sub-partecipante rientrino nella nozione di concessione di credito, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.

Con riferimento all’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, la concessione di credito ai sensi di tale disposizione, consiste, in particolare, nella messa a disposizione di un capitale dietro corrispettivo.

A tal proposito, sulla base della giurisprudenza risulta che, anche se la remunerazione è realizzata tramite pagamento di interessi, altre forme di corrispettivo non possono impedire che un’operazione sia qualificata come concessione di credito, ai sensi del predetto articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Infatti, la Corte ha già dichiarato che costituisce operazione finanziaria assimilabile alla concessione di un credito e, pertanto, esente dall’Iva in forza di tale disposizione, il finanziamento anticipato dell’acquisto di merci a fronte di una maggiorazione dell’importo rimborsato dal beneficiario di tale finanziamento.
Inoltre, le operazioni esenti ai sensi di tale disposizione sono definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non in funzione del prestatore o del destinatario del servizio.
Pertanto, l’applicazione di tali esenzioni non dipende dallo status del soggetto che fornisce tali servizi. Ne consegue che l’espressione “concessione (…) di crediti” ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2006/112 non può essere limitata ai soli prestiti e crediti concessi da organismi bancari e finanziari.
Nel caso di specie, risulta che il servizio fornito dal sub-partecipante al cedente in base al contratto concluso tra loro è costituito da una sola prestazione che consiste, essenzialmente, nel versamento di un capitale in cambio di un corrispettivo.
Occorre esaminare se, valutata globalmente, una tale prestazione abbia la natura di una concessione di credito, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
A tal proposito, il contratto di sub-partecipazione dà luogo, fin dalla sua stipula, alla messa a disposizione, da parte del sub-partecipante, di un capitale al cedente in cambio di una remunerazione costituita dalla differenza tra il capitale versato al cedente e gli importi ricevuti dal sub-partecipante durante la vigenza del contratto di sub-partecipazione in relazione ai proventi dei crediti specificati in tale contratto. Poiché i titoli di credito rimangono nel patrimonio del cedente, il sub-partecipante non ha diritto di rivalersi verso quest’ultimo in caso di inadempimento dei debitori dei crediti di cui trattasi.
Il fatto che il sub-partecipante sia esposto a perdite potenziali e sopporti pertanto il rischio di credito è insito in qualsiasi operazione di concessione di credito, a prescindere dal fatto che tale rischio derivi dal mancato pagamento dei debitori dei crediti i cui proventi gli sono trasferiti o dall’insolvenza della sua controparte contrattuale diretta.
Allo stesso modo, l’assenza di garanzie costituite a favore del sub-partecipante non è determinante ai fini della qualificazione del contratto di sub-partecipazione come operazione di concessione di credito.
Infatti, le misure adottate per attenuare il rischio di credito, che consistono generalmente nella costituzione di garanzie, immobiliari o di altro tipo, possono variare in funzione del tipo di finanziamento e non rivestono un carattere essenziale per tale qualificazione, essendo questa unicamente subordinata al soddisfacimento di due elementi, vale a dire la messa a disposizione di un capitale e il versamento di una remunerazione.
Pertanto, il fatto che il sub-partecipante non abbia il diritto di rivalersi verso il cedente in caso di inadempimento dei debitori dei crediti i cui proventi gli vengono trasferiti e il fatto che i titoli di credito rimangano nel patrimonio del cedente, o ancora che l’origine del capitale che sarà utilizzato per soddisfare il sub-partecipante sia menzionata nel contratto di sub-partecipazione, non pregiudicano la natura essenziale di un’operazione di sub-partecipazione consistente nel finanziare i prestiti iniziali.
Una tale interpretazione della nozione di concessione di credito ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, è conforme all’obiettivo perseguito da tale disposizione che consiste, in particolare, nell’evitare un aumento del costo del credito al consumo.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di concessione di credito, i servizi forniti da un sub-partecipante in base ad un contratto di sub-partecipazione, consistenti nella messa a disposizione del cedente di un contributo finanziario in cambio del versamento dei proventi dei crediti specificati in tale contratto, i quali rimangono nel patrimonio del cedente.
                                                                                                                             
Data sentenza
6 ottobre 2022

Numero sentenza
Causa C 250/2021

Nome delle parti  
Szef Krajowej Administracji Skarbowej
contro
O. Fundusz Inwestycyjny Zamknięty reprezentowany przez O S.A.

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