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Giurisprudenza

La convocazione non è un obbligo,
ma una “mera” facoltà dell’ufficio

Il mancato invito, a seguito della presentazione dell’istanza di adesione da parte del contribuente, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dall’ufficio

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Con la sentenza n. 21991 del 17 ottobre 2014, la Cassazione ha affrontato diverse e rilevanti questioni giuridiche, in particolare in tema di modalità ed effetti della convocazione del contribuente nel procedimento di adesione, legittimità della delega di firma da parte del direttore dell’ufficio, presupposti per la contestazione dell’elusione fiscale.

Lo svolgimento del processo
Il procedimento riguardava la donazione (tra parenti) di un terreno edificabile e l’accertamento della plusvalenza a seguito della vendita dello stesso terreno da parte del donatario.

La Ctp di Padova rigettava il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento.

Anche la Ctr Veneto rigettava l’appello del contribuente, rilevando in particolare:
  • che la firma del capo team Accertamento (anziché del dirigente) era stata ampiamente giustificata dall’ufficio con il deposito degli atti di delega e degli ordini di servizio da parte del dirigente dell’ufficio. A questo proposito, evidenziava che la sanzione di nullità era prevista dal Dpr 600/1973, articolo 42, solo per le ipotesi (non ricorrenti nel caso di specie) di mancanza di firma o di firma da parte di dipendente non appartenente alla carriera direttiva
  • che sussisteva la dedotta “elusione fiscale”, con conseguente non applicabilità della procedura di cui al Dpr 917/1986, articolo 82, atteso che la donazione era stata fatta tra parenti, in epoca immediatamente precedente la compravendita e con valore dichiarato identico a quello della successiva compravendita. Al riguardo, evidenziava che nessuna prova contraria era stata fornita dal contribuente
  • che la mancanza, da parte dell’ufficio, di riscontri alla richiesta di accertamento con adesione formulata dal contribuente non era sanzionata dalla legge con la nullità.
Avverso la sentenza proponeva ricorso il contribuente.

La decisione
Tra i vari motivi di ricorso (alcuni dichiarati dalla Corte inammissibili ex articolo 366-bis del codice di procedura civile, per mancata chiara indicazione del fatto controverso e carenza del momento sintesi, nonché per assoluta genericità del quesito di diritto), il contribuente deduceva che erroneamente la Ctr, pur non avendo l’ufficio (in presenza di istanza di accertamento con adesione) attivato la procedura prevista dal Dlgs 218/1997, articolo 6, non aveva dichiarato la nullità dell’accertamento.
Il motivo, secondo i giudici di legittimità, era tuttavia infondato.

La convocazione del contribuente nel procedimento di adesione come mera facoltà
La Corte evidenziava infatti che “in tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del Dlgs 19 giugno 1997, n. 218, articolo 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere decisivo degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria” (cfr anche Cassazione 28051/2009 e 3368/2012).
E del resto, come chiarito anche dalle Sezioni unite, “In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza Dlgs 16 giugno 1997, n. 218, ex articolo 6, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge” (cfr Cassazione 3676/2010).

La legittimità della delega di firma
Con altro motivo, il contribuente denunciava poi violazione ed errata applicazione del Dpr 600/1973, articolo 42, affermando che la Ctr non aveva esaminato la questione della legittimità della delega a firmare l’avviso di accertamento e, di conseguenza, erroneamente non aveva dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento.
Il motivo, secondo la Corte, era inammissibile e, comunque, infondato.
I giudici evidenziavano infatti che, anche a prescindere da ogni considerazione sull’idoneità del formulato quesito di diritto, ai sensi del Dpr 600/1973, articolo 42, “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato... l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo...”.
La Ctr, pertanto, dopo avere dato conto del deposito degli atti di delega e degli ordini di servizio, aveva correttamente rilevato che la sanzione di nullità si riferisce solo all’ipotesi di mancanza della firma o di firma da parte di dipendente non appartenente alla carriera direttiva e aveva correttamente precisato che siffatte ipotesi non si ponevano nel caso di specie.

I presupposti dell’elusione
Con altro motivo di impugnazione, il contribuente denunciava infine violazione ed errata applicazione del Dpr 600/1973, articoli 37 e 37-bis, comma 4, chiedendo in particolare alla Corte di affermare il principio secondo cui il breve intervallo di tempo intercorrente tra due negozi giuridici legittimi non è sufficiente per far presumere l’elusione fiscale.
Anche questo motivo, secondo i giudici di legittimità, era infondato, dato che, come già chiarito dalla medesima Corte, “in tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal Dpr 29 settembre 1973, n. 600, articolo 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale chi costituisce il presupposto d’imposta (Cassazione 26571/2013); ciò posto va rilevato che, nel caso di specie, la Ctr ha fondato la presunzione, oltre che sul breve lasso di tempo intercorso tra donazione e cessione, anche sul vincolo familiare tra le parti di cui alla donazione e sull’identico valore dichiarato ai fini fiscali e, in tal modo, ha esaurientemente accertato la sussistenza di più elementi idonei a costituire presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da far ritenere provata la finalità elusiva dell’adottato complesso e artificioso meccanismo negoziale …”.
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