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Giurisprudenza

Per la copia di atti in cui non si è parte contraente occorre l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria

Non rientra nelle competenze dell'amministrazione la valutazione dell'interesse che giustifica il rilascio della documentazione

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Il diritto di accesso ai documenti amministrativi (legge n. 241 del 1990), nella fattispecie, agli atti soggetti a registrazione è condizionato, nei confronti di soggetti diversi dalle parti contraenti, dai loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, alla previa autorizzazione del giudice competente (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza n. 159 del 20 dicembre 2002, depositata il 16 gennaio 2003).

La vicenda
Esponendo la necessità di individuare gli eredi del proprio debitore, onde proseguire nei confronti di essi un giudizio civile già instaurato contro il defunto, un contribuente presentava istanza all'ufficio delle entrate di Pescara per ottenere, ai sensi della legge n. 241 del 1990, accesso alla documentazione amministrativa e, quindi, copia della denuncia di successione presentata dagli aventi causa del de cuius.
A seguito dell'inerzia dell'amministrazione, l'interessato, con atto notificato il 17 gennaio 2002, proponeva ricorso al Tar per l'Abruzzo - sezione staccata di Pescara, chiedendo che venisse riconosciuta l'illegittimità del silenzio e, contemporaneamente, che venisse dichiarato l'obbligo dell'ufficio di rilasciare copia della richiesta documentazione.
Il ministero dell'Economia e delle Finanze si costituiva in giudizio, controdeducendo nel merito e chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Tar adito, con sentenza n. 352 del 7 marzo 2002, depositata il successivo 22 marzo, respingeva la richiesta del contribuente, affermando che la domanda di accesso alla documentazione richiesta, nel caso di specie, avrebbe dovuto essere preceduta da specifica autorizzazione da parte del giudice ordinario competente.
L'interessato appellava la pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato.
L'amministrazione si costituiva, ribattendo alle argomentazioni di controparte e chiedendo la conferma della decisione di prime cure.

La pronuncia
I giudici del Consiglio di Stato respingevano il ricorso in appello, riconoscendo la correttezza della pronuncia del Tar e, indirettamente, dell'operato dell'ufficio, sia sul piano formale che su quello sostanziale.
Sul piano formale, i giudici di palazzo Spada rilevavano che la mancanza dell'autorizzazione del giudice competente costituiva un legittimo impedimento all'accesso ai documenti amministrativi ai sensi dell'articolo 24, comma 5 della legge n. 241 del 1990.
Invero, l'articolo 18 del Dpr n. 131 del 1986 (testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), cui rinvia l'articolo 60 del DLgs n. 346 del 1990 (testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), prevede, per il rilascio a soggetti diversi dalle parti contraenti, dai loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, di copia delle denunce e degli altri atti soggetti a registrazione, come condizione necessaria, la previa autorizzazione rilasciata dal pretore (oggi tribunale) competente.
Sul piano sostanziale, veniva sottolineata la portata precettiva dell'articolo 24, comma 5 della richiamata legge n. 241.
Questa norma, disciplinante i casi di esclusione dall'accesso ai documenti amministrativi, espressamente dispone che rimangano ferme tutte le previsioni normative vigenti (tra cui, appunto, quella di cui al citato Dpr n. 131/1986) che limitano il diritto di accesso.

La pronuncia comporta importanti riflessi sia sul piano sistematico che su quello operativo.
Sotto il primo profilo, infatti, è evidente l'intento della giurisprudenza amministrativa di confermare che il diritto d'accesso ai documenti detenuti dall'amministrazione può esercitarsi solo entro i limiti che consentano di contemperare i diversi interessi (quale il correlativo diritto alla riservatezza in capo ad altri soggetti) che entrano in gioco in tale delicato settore.
In particolare, con riguardo alla richiesta di copie delle denunce e degli altri atti soggetti a registrazione, la funzione di filtro all'accesso è svolta, in conformità all'articolo 18, comma 3 del Dpr n. 131/1986, dal giudice competente, al quale l'interessato dovrà preventivamente rivolgersi per ottenere l'autorizzazione al rilascio della documentazione.
Sotto il profilo operativo, viene indirettamente ribadito che a fronte di una richiesta di accesso ai documenti detenuti l'ufficio deve attentamente valutare il ricorrere delle condizioni che legittimano l'accesso.

La legge n. 241 del 1990 che ha sancito quale principio generale dell'ordinamento giuridico il diritto di accesso ai documenti amministrativi (tra i quali rientrano, ai sensi dell'articolo 22, comma 2 della citata legge, anche gli atti detenuti dalla pubblica amministrazione ai fini dello svolgimento delle proprie specifiche attività) prevede, infatti, dei particolari limiti all'esercizio di tale posizione soggettiva.
Ciò in relazione all'esigenza di salvaguardare alcuni interessi, al ricorrere dei quali l'amministrazione è obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso.
Il diritto alla riservatezza, in particolare, che impone una delicata ponderazione tra interessi contrastanti, si rivela in tutta la sua portata con riguardo a situazioni come quella illustrata in precedenza.
In casi del genere, infatti, la valutazione del concreto ricorrere dell'interesse che giustifica l'esercizio del diritto d'accesso non rientra nelle competenze dell'amministrazione, ma spetta al giudice ordinario.
Sarà onere dell'interessato, pertanto, in siffatte ipotesi, adire preventivamente l'autorità giudiziaria, esponendo le ragioni a sostegno della propria richiesta.
Solo dopo avere ottenuto la richiesta autorizzazione, il medesimo sarà legittimato ad accedere ai documenti detenuti dagli uffici.
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