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Giurisprudenza

Copie dell’appello insufficienti: la nullità è sanabile

Confermato l’orientamento giurisprudenziale nell’ipotesi di notifica all’unico procuratore di più parti

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Con la sentenza n. 1574 del 14 dicembre 2006, depositata in data 24 gennaio 2007, la sezione tributaria della Suprema corte ha confermato un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di vizi dell’atto di appello.
Più segnatamente, ha precisato che la notificazione dell’atto di appello a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l’atto è destinato, è di per sé nulla.
Il vizio di nullità può essere sanato, con efficacia ex tunc, o attraverso la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l’impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione, da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice ai sensi dell’articolo 291 del Codice di procedura civile. Qualora l’appellante non provveda a detta rinnovazione, la Cassazione deve rinviare la controversia al giudice di merito affinché ne disponga il relativo adempimento.

I termini della questione
Nella ricostruzione del sistema di notificazioni delle impugnazioni, non si fa alcun rinvio all’articolo 170 del Codice di procedura civile, a detta del quale "Dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni…si fanno al procuratore costituito…".
L’assenza di tale relatio si spiega tenendo conto che nel procedimento di notificazione il difensore non è destinatario della notificazione, ma mero consegnatario dell’atto e, più precisamente, uno dei possibili consegnatari.
Ecco allora che, nell’ipotesi in cui il difensore sia costituito in giudizio per più parti, la notificazione deve essere necessariamente effettuata in tante copie quante sono le parti da lui rappresentate.
Ma quali sono le conseguenze giuridiche della violazione di tale regola?
E’ questa una vexata quaestio che, per lungo tempo, è stata oggetto di accesi dibattiti sia in dottrina che in giurisprudenza, fino a quando si è venuto a cristallizzare un preciso orientamento interpretativo.
Ma procediamo per gradi.

L’orientamento passato
In tempi meno recenti, i giudici di legittimità opinavano nel senso che la violazione della regola relativa al numero di copie dell’atto di appello determinasse l’inesistenza della notificazione per "incertezza assoluta circa l’identità della parte" (Cassazione, sentenza 17 giugno 1995, n. 6854).
Secondo la Suprema corte, sul piano prettamente processuale, il vizio di inesistenza non faceva altro che impedire il decorso del termine breve per l’impugnazione della sentenza, con la conseguenza di determinare l’impossibilità di pervenire a una decisione definitiva della controversia.

Inoltre, si riteneva che rimanesse preclusa la possibilità di rinnovazione della notifica con gli effetti previsti dall’articolo 291 del Codice di procedura civile, con l’eventuale costituzione del destinatario che poteva avere soltanto un’efficacia sanante ex nunc (Cassazione, sentenze 29 aprile 1995, n. 4757; 11 marzo 1994, n. 2371; 29 settembre 1993, n. 9797).
Si assumeva, altresì, che, trattandosi di notificazione inesistente, non potesse operare la sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista dall’articolo 156, ultimo comma, del Codice di procedura civile (Cassazione 29 luglio 1983, n. 5239).

In ultimo, si precisava che la necessità della consegna di tante copie quante fossero le parti rappresentate dal difensore non potesse sussistere qualora vi fosse stata una parte che agisse in proprio e come rappresentante di altri. Al difensore di questa parte, infatti, sarebbe stata sufficiente la consegna di un’unica copia (Cassazione, sentenze 18 febbraio 1995, n. 1814; 11 gennaio 1989, n. 58).

Esaminato tale orientamento, non ci si può esimere dal far presente che la giurisprudenza segnalata ha ricercato la soluzione del problema in esame, rifacendosi non già alla normativa sulla notificazione, bensì a quella sulla citazione e, più segnatamente, alla disciplina antecedente alla riforma operata con legge 26 novembre 1990, n. 353.
Infatti, è dall’articolo 164 del Codice di procedura civile (vigente prima dell’entrata in vigore della legge n. 353 del 1990) che si ricava la regola secondo la quale l’incertezza assoluta del soggetto destinatario dell’atto di citazione determina una nullità rilevabile d’ufficio, sanabile solo con effetto ex nunc e, cioè, con salvezza dei "diritti anteriormente quesiti".
Ove, invece, si riconosca che si tratti di mero vizio della notificazione, il quale, secondo la giurisprudenza, non comporta la nullità dell’atto in senso sostanziale (così espressamente a proposito della nullità della notifica dell’impugnazione: Cassazione, sentenza 19 maggio 1983, n. 3488) si deve necessariamente ammettere:

  • la possibilità della rinnovazione della notificazione ex articolo 291 cpc
  • l’effetto di sanatoria ex tunc sia della costituzione dei singoli destinatari della notificazione, sia della sua rinnovazione, ex articolo 291 cpc.

Per di più, l’articolo 160 del Codice di procedura civile - rubricato "Nullità della notificazione" - fa espressamente salvo quanto disposto dal precedente articolo 156, il quale precisa che "la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato" (terzo comma).

L’orientamento attuale
Le critiche poc’anzi esposte sono state recepite dalla giurisprudenza più recente, che ha mutato il proprio orientamento, concludendo nel senso che – qualora venga violata la regola sul numero delle copie - la notificazione non sia inesistente, bensì nulla.
La conseguenza di quanto esposto è che il relativo vizio può essere sanato con efficacia ex tunc, con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l’impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice.

In tal senso si è espressa la Suprema corte, a sezioni unite, con la sentenza del 10 ottobre 1997, n. 9859. In tale pronuncia, i giudici di legittimità hanno affermato che "La notificazione dell’atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiore rispetto alle parti cui l’atto è destinato, non è inesistente, ma nulla; il relativo vizio può essere sanato, con efficacia “ex tunc”, o con la costituzione in giudizio di tutte le parti, cui l’impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal Giudice a norma dell’art. 291 c.p.c.".

In particolare, appare significativo il seguente passo della citata sentenza: "Proprio perché si è in presenza di un vizio della notificazione, allo stesso devono applicarsi le norme che la disciplinano e, precisamente, gli artt. 291 e 331 c.p.c., con la conseguenza che la rinnovazione della notificazione nel modo previsto dalla legge – o la costituzione volontaria di tutti i destinatari dell’atto – ha efficacia sanante ex tunc, senza alcuna possibilità di invocare l’art. 164 c.p.c. (vecchio testo) dettato per i vizi della citazione".
Nei medesimi termini si è pronunciata la Corte di cassazione con le sentenze 12 giugno 1998, n. 5868, 21 febbraio 2001, n. 2501, 10 marzo 2004, n. 4924, 17 aprile 2004, n. 7347, 9 settembre 2004, n. 12693, nonché, in ultimo, con la sentenza in commento.

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