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Giurisprudenza

Corretto il Pvc per un’annualità
antecedente a quella sotto verifica

Il programmato controllo relativo a un dato periodo d’imposta può comportare l’analisi di una situazione strettamente connessa, occorsa anche nell’esercizio immediatamente precedente

È legittimo l’avviso di accertamento basato su un processo verbale di costatazione redatto all’esito di una verifica fiscale condotta con riguardo a un differente anno d’imposta.
È quanto chiarito dalla sentenza 33572 del 28 dicembre 2018, con cui la Corte di cassazione ha precisato che l’estensione della verifica fiscale a un anno pregresso, non indicato nell’atto di accesso, non integra una violazione del diritto del contribuente a essere informato dell’oggetto della verifica.
 
La vicenda processuale
A seguito di verifica fiscale, avviata con riguardo al solo anno d’imposta 2007, è stato redatto nei confronti della società contribuente un processo verbale di constatazione con cui è stata contestata, anche in relazione al 2006, l’indeducibilità di oneri sostenuti a titolo di canoni di leasing.
Conseguentemente, l’Agenzia delle entrate ha emesso due avvisi di accertamento, di cui uno relativo ai rilievi formulati per l’anno d’imposta 2006 e l’altro relativo a quelli contestati per il 2007, procedendo, ai fini Ires, alla rettifica delle perdite dichiarate dalla società e contestando un maggior valore della produzione ai fini Irap e una maggiore imposta dovuta ai fini Iva.
 
La società accertata ha impugnato l’avviso di accertamento emesso per l’anno 2006, eccependo - unitamente a una serie di ulteriori doglianze - che, in violazione dell’articolo 12, commi 2 e 7, della legge 212/2000, l’Amministrazione finanziaria aveva omesso di inviarle separato processo verbale di constatazione e di avvisarla che avrebbe potuto avvalersi del termine di sessanta giorni per il deposito di osservazioni.
La Commissione tributaria regionale, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato l’eccezione di parte, ritenendo altresì legittimo l’atto impositivo.
 
Avverso la decisione di secondo grado la società ha proposto ricorso per cassazione, contestando, in particolare, con il secondo motivo di impugnazione, la violazione del diritto al contraddittorio preventivo con riguardo all’anno 2006.
 
Brevi cenni normativi
L’articolo 12 della legge 212/2000 delinea i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.
In particolare, il legislatore ha individuato quale presupposto generale legittimante il potere di accesso presso i locali destinati all’esercizio di attività di impresa, agricola o di lavoro autonomo, la sussistenza di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo, quindi la preventiva adeguata valutazione della sua concreta utilità.
In proposito, il comma 2 chiarisce che “Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda…”.
È necessario documentare le attività svolte redigendo il processo verbale delle operazioni di verifica, che va consegnato al contribuente, il quale, come stabilito dal comma 7, “può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori”.
 
La decisione della Corte
La Corte di cassazione ha precisato anzitutto che, in materia tributaria, vige la regola della tassatività delle nullità (cfr Cassazione, sezioni unite, 3676/2010), chiarendo altresì che gli obblighi informativi previsti dal comma 2 dell’articolo 12 della legge 212/2000 non sono stabiliti dalla norma a pena di nullità. Invero, con la precedente pronuncia 8344/2001, la Cassazione ha sostenuto che l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la loro inutilizzabilità, in mancanza di una specifica previsione in tal senso.
 
Prosegue la sentenza in commento, ricordando che le sezioni unite (cfr Cassazione 24823/2015, 2875/2017, 10030/2017, 20799/2017, 21071/2017, 26943/2017) hanno affermato che non sussiste altresì un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale in materia di tributi “non armonizzati”, ma il contraddittorio è necessario solo laddove è specificamente previsto dalla legge. Il contraddittorio endoprocedimentale è, invece, necessario in materia di tributi “armonizzati”, in applicazione degli articoli 41, 47 e 48 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea, ma il contribuente ha l’onere di indicare specificamente le ragioni che avrebbe potuto far valere in quella sede.
 
Tuttavia, anche con riguardo al tributo armonizzato Iva, i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea richiedono il rispetto del contraddittorio solo ogni volta che l’Amministrazione intenda emettere un atto lesivo nei confronti di un soggetto, ma essi non prevedono altresì che tale contraddittorio venga instaurato in un momento ancora antecedente e al fine di raccogliere dati ed elementi.
La giurisprudenza unionale ha, infatti, precisato che “l'amministrazione, quando procede alla raccolta d'informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente, né a conoscere il suo punto di vista” (cfr Corte di giustizia 22/10/2013, in causa C-276/12, Jirl Sabou, punto 41; Cassazione, sezioni unite, 24283/2015).
 
Ciò posto, con la decisione in commento, quindi, la Cassazione ha stabilito che “l’estensione della verifica ad un anno pregresso, non indicato nell’atto di accesso, non è sanzionato da alcuna norma, né integra una violazione del diritto del contribuente ad essere informato dell’oggetto della verifica, sancito dal comma 2 dell’art. 12 della legge 212/2000, atteso che il rappresentante della società è stato informato dell’ampliamento dell’oggetto della verifica nel momento in cui i verificatori gli hanno fatto sottoscrivere il processo verbale di constatazione, da cui risultava espressamente, come rilevato dai giudici di merito, che la programmata verifica relativa all’anno d'imposta 2007 aveva comportato l’analisi di una situazione strettamente connessa, ossia la deducibilità di canoni di leasing verificatasi anche nell’anno immediatamente precedente”.
 
La Corte ha, inoltre, rigettato la doglianza della società contribuente anche con riguardo all’eccepita violazione dell’articolo 12, comma 7, ritenendo che non fosse configurabile la violazione del contraddittorio nella fattispecie in esame – che riguarda sia tributi “non armonizzati” che “tributi armonizzati” – in quanto la contribuente si è limitata a evidenziare la mancata instaurazione del contraddittorio a seguito della chiusura della verifica e prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, senza indicare le specifiche ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio e che avrebbero potuto portare a un diverso risultato procedimentale (Corte di giustizia 3 luglio 2014, Kamino International Logistics SV e Datema HE/Imann Wordldwide Logistics SV, nelle cause riunite C-129/13, C-130/13; punti 75, 76, 77, 78, 79 e 80).
 
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