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Giurisprudenza

Corte Ue, anche la tassazione previgente pesa sull'imponibile

È la conclusione a cui sono pervenuti gli eurogiudici con la sentenza emanata nella causa C-441/08

la sede della corte di giustizia

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE (dell'articolo 5, n. 3 secondo trattino) relativa alle imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dall'atto di adesione della Repubblica ceca, di Estonia, di Cipro, di Lettonia, di Lituania, di Ungheria, di Malta, di Polonia, di Slovenia e slovacca e agli  adattamenti dei trattati su cui si fonda l'Unione europea. La domanda è stata sollevata da una società nel contesto di una controversia sorta con l'Amministrazione finanziaria locale per l'applicazione della legge relativa alla imposizione degli atti stipulati in merito a operazioni di raccolta di capitali.



Il contesto normativo nel diritto comunitario
L'articolo 1 della direttiva 69/335, autorizza gli Stati membri ad applicare una "imposta sui conferimenti" alle società di capitali, armonizzata in conformità delle disposizioni degli articoli 2-9 di tale direttiva. Inoltre, l'articolo 3 della direttiva 69/335 definisce la nozione di "società di capitali", individuando nell'ordinamento giuridico polacco due tipologie di società. La prima società per azioni e la seconda società a responsabilità limitata. Si capisce l'importanza di tale definizione nel procedere all'esame di quanto stabilito nell'articolo 4, n. 1, lett. c). Infatti l'aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura rientra nel novero delle operazioni sottoposte all'imposta sui conferimenti. L'articolo 5 della direttiva 69/335 stabilisce proprio la base imponibile dell'imposta sui conferimenti. In particolare, nel punto n. 1 di tale articolo si legge che l'imposta è liquidata, sia nella fase della costituzione di una società di capitali, dell'aumento del suo capitale o patrimonio sociale, in misura del valore reale dei beni di qualsiasi natura conferiti o da conferire dai soci, previa deduzione delle obbligazioni assunte e degli oneri sopportati dalla società in ragione di ogni singolo conferimento.   Secondo l'articolo. 5, n. 3, secondo trattino, nell'importo su cui quale l'imposta è liquidata, in caso di aumento del capitale sociale, non vanno considerati il totale dei prestiti contratti dalla società di capitali convertiti in quote sociali e già assoggettati all'imposta sui conferimenti. L'articolo 10 della direttiva 69/335 recita che "Oltre all'imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le società, associazioni o persone giuridiche che perseguono scopi di lucro, nessuna altra imposizione, sotto qualsiasi forma alle operazioni previste all'articolo 4; nonché   per i conferimenti, prestiti o prestazioni, effettuati nel quadro delle operazioni previste dal suddetto articolo".

La normativa nazionale prima e dopo l'adesione polacca all'UE e fino al 31 dicembre 2006
Nel trattare la normativa nazionale occorre distinguere tale normativa in base al momento in cui è avvenuta l'adesione della Repubblica di Polonia all'Unione europea. Prima di tale adesione, quindi, l'articolo 1 della vigente legge relativa all'imposta sugli atti di diritto privato del 9 settembre 2000 assoggettava a imposta, tra gli atti di diritto privato, i contratti di società e loro successive modifiche da cui possano scaturire aumenti della base imponibile. In particolare, nella fattispecie in cui l'atto privato sia un contratto di società, tra le modifiche rientrano i versamenti supplementari, i prestiti concessi dagli azionisti alla società e la cessione in uso gratuito alla società di beni o diritti patrimoniali ad opera dei medesimi azionisti. L'articolo 4, punto 1, prosegue la legge, dispone che all'onere tributario sugli atti di diritto privato,  sono tenuti i soggetti facenti parte degli atti di diritto privato stessi. Preme sottolineare che è intervenuta una legge che ha sostanzialmente modificato la legge relativa all'imposta sugli atti di diritto privato del 19 dicembre 2003. Tra le modifiche apportate ha previsto per gli atti di diritto privato effettuati prima dell'entrata in vigore della presente legge di modifica, l'applicazione delle disposizioni ad essa anteriori. Proprio quest'ultima legge di modifica segna il passaggio alla nuova normativa post adesione all'Ue. Volendo sintetizzare nella legge emendata, il legislatore polacco, non fa altro che ridefinire ai fini dell'imposizione sugli atti di diritto privato, i soggetti, l'oggetto, il momento in cui sorge l'imposizione, l'aliquota oltre a disciplinarne le varie sfaccettature.

Dalla causa principale al rinvio del giudice nazionale 
Una società polacca nel periodo che va dagli anni tra il 2002 ed il 2004, concedeva una serie di prestiti alla sua società controllante e, secondo quanto stabilito dalla legge polacca allora vigente, versava l'imposta sugli atti di diritto privato sui detti prestiti.  Con un accordo del 25 luglio 2005, la società controllante concludeva con la controllata una convenzione che prevedeva il trasferimento a quest'ultima dei crediti di cui disponeva a titolo di prestiti a fronte della sottoscrizione di quote della medesima società.  Tale compensazione comportava l'estinzione del debito della controllata verso la società controllante, nonché l'aumento del proprio capitale sociale.  Secondo la legge polacca, l'aumento del capitale sociale costituiva una modifica del contratto di società ed in quanto tale passiva dell'imposta sugli atti di diritto privato.                      
La società controllata, quindi, si vedeva applicare una doppia imposizione sui conferimenti nel caso di conversione di prestiti in capitale, in violazione dell'articolo 5, n. 3, secondo trattino, della direttiva 69/335, entrata in vigore nella Repubblica di Polonia il 1° maggio 2004 in seguito all'adesione di tale Stato all'Unione europea. In base a ciò, maturava la decisione di inoltrare  un reclamo all'Amministrazione finanziaria. Essendo stato il reclamo successivamente rigettato  la società adiva il giudice amministrativo che respingeva a sua volta il ricorso. Ecco che allora, alla società controllata non restava che presentare un ricorso per cassazione.

Il passaggio agli eurogiudici
In seguito a tale ricorso la Corte amministrativa suprema, esaminata la problematica, decideva di sospendere il procedimento e di appellarsi alla Corte di giustizia europea. In particolare chiedendo innanzitutto agli eurogiudici se, sulla scorta della normativa comunitaria, l'Amministrazione finanziaria, nell'assoggettare un aumento di capitale all'imposta sui conferimenti, debba tener conto di operazioni riguardanti l'apporto di capitale già assoggettato all'imposta sui conferimenti prima dell'adesione della Repubblica di Polonia all'Unione europea. Inoltre se il divieto, sancito all'articolo 5, n. 3, secondo trattino, della direttiva 69/335, tenga conto, per il calcolo dell'imposta da versare in caso di aumento del capitale sociale, dell'ammontare dei prestiti contratti dalla società di capitali convertiti in quote sociali già assoggettati all'imposta sui conferimenti. Infine se tale divieto si applichi, nel caso in cui la conversione in quote sociali dei prestiti concessi ad una società di capitali sia avvenuta dopo l'adesione dello Stato membro all'Unione europea, mentre tali prestiti sono anteriori ad essa e sono stati all'epoca oggetto di un'imposta secondo la legge nazionale.

La posizione della Corte di Giustizia europea
Per risolvere la questione, la Corte ha ritenuto giusto stabilire una corretta interpretazione e applicazione della direttiva 69/335 nel contesto descritto. La Corte ha constatato che la direttiva 69/335 non era applicabile nello Stato polacco prima della sua adesione all'UE. Pertanto, ogni disposizione in materia di imposizione o di esenzione delle operazioni rientranti nella nozione di raccolta di capitali era doverosamente adottata, nell'ordinamento giuridico polacco, prima della summenzionata adesione, in base esclusivamente al diritto nazionale. Seguendo, però, una consolidata  giurisprudenza  la norma nuova si applica immediatamente agli effetti futuri di una situazione creatasi quando era in vigore la norma precedente. Prendendo spunto da tale principio, la Corte ha quindi dichiarato che, in mancanza di disposizioni specifiche in merito all'applicazione di una disposizione del Trattato CE nell'Atto relativo alle condizioni di adesione di uno Stato membro, detta disposizione andava considerata come immediatamente applicabile e vincolante per tale Stato membro fin dalla data dell'adesione, sicché si applicava agli effetti futuri delle situazioni sorte prima dell'adesione di tale nuovo Stato membro alle Comunità. Di contro, un altro ramo della giurisprudenza costante afferma che, per garantire l'osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, le norme comunitarie di diritto sostanziale devono intendersi nel senso che si possono applicare a situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore. Questo, però, solamente se dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito di tali disposizioni sia palese la loro applicabilità  retroattiva.

La decisione finale
Alla Corte non resta che determinare, per poter rispondere alla questione sollevata, se quella prospettata sia una situazione acquisita anteriormente all'entrata in vigore della direttiva 69/335 in Polonia e alla quale quest'ultima non potrebbe quindi applicarsi retroattivamente salvo che si sia esplicitamente voluto produrre tale effetto; oppure se si tratti di una situazione sorta prima dell'entrata in vigore in Polonia di tale direttiva e quindi non applicare in via retroattiva alle situazioni pregresse. La tassazione dei prestiti di cui trattasi nella causa principale, contratti prima dell'adesione della Repubblica di Polonia all'Unione europea, ha avuto luogo in base alla normativa vigente alla data del fatto generatore dell'imposta. A tale data, nella normativa polacca, non esistevano disposizioni che ostassero all'assoggettamento ad imposta di tali atti una prima volta in quanto prestiti ed una seconda volta al momento della loro eventuale conversione in aumento di capitale. Il solo scopo della norma, agli occhi degli eurogiudici, è di impedire una doppia imposizione della stessa base imponibile. Inoltre, tale norma si applica, a decorrere dalla sua entrata in vigore, sia ai prestiti già contratti anteriormente all'adesione della Repubblica di Polonia all'Unione europea e convertiti in quote sociali successivamente a tale adesione, sia ai prestiti che sarebbero contratti dopo tale adesione. Ecco che allora gli stessi eurogiudici arrivano a desumere che l'articolo 5, n. 3, secondo trattino, della direttiva 69/335 costituisce soltanto una disposizione nuova che si applica immediatamente alle operazioni poste in essere dopo la sua entrata in vigore in Polonia. Poste le argomentazioni trattate i giudici della sesta sezione della Corte di giustizia europea non possono che essere concordi nel concludere che la questione pregiudiziale va, pertanto, risolta nel senso che l'articolo 5, n. 3, secondo trattino, della direttiva 69/335 impone di tenere conto, nel calcolo dell'imposta sui conferimenti sull'aumento di capitale di una società mediante la conversione in quote sociali, dopo l'adesione della Repubblica di Polonia all'Ue, di prestiti contratti da questa stessa società prima di tale adesione, della tassazione anteriore di tali prestiti in base alla normativa nazionale del momento.
 

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