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Giurisprudenza

Corte Ue: su controllo doganale,
sì a revisione ma nei termini

Gli eurogiudici chiamati a pronunziarsi sulla portata dei principi di certezza del diritto e legittimo affidamento nell’ambito di una controversia tra Fisco lettone e una società

La pronuncia della Corte trae origine da una controversia tra l’Autorità fiscale lettone e una società che ha importato nell’Unione europea, ai fini della loro immissione in libera pratica, biciclette provenienti dalla Cambogia. Sul fondamento del certificato di origine rilasciato dal governo cambogiano, la società importatrice non aveva versato dazi doganali né Iva, in relazione alle merci importate.
 

La posizione dell’Amministrazione fiscale
L’Amministrazione fiscale dopo un primo controllo doganale in cui non contestava nessuna irregolarità, procedeva, a distanza di due anni, a effettuare un secondo controllo a posteriori della dichiarazione doganale. In occasione del secondo controllo, era constatato che il certificato d’origine rilasciato dal governo cambogiano non era conforme ai requisiti imposti dalle disposizioni del diritto dell’Unione. Conseguentemente, l’Amministrazione fiscale imponeva il pagamento dei dazi doganali e dell’Iva, oltre agli interessi di mora.
Ne nasceva un contenzioso circa la legittimità dell’Amministrazione fiscale a effettuare un secondo controllo, dal momento che il primo controllo avrebbe potuto far sorgere un legittimo affidamento circa la definitività del primo controllo, in capo alla società e, che, quest’ultima non poteva essere a conoscenza del fatto che l’autorità cambogiana competente avesse emesso un certificato di origine errato.
 

Il rinvio alla Corte di giustizia
Conseguentemente, il giudice nazionale chiedeva alla Corte europea di chiarire la portata interpretativa dell’articolo 78 del codice doganale comunitario, di cui al regolamento n. 2913 del 1992 secondo cui “Dopo aver concesso lo svincolo delle merci, l’autorità doganale può procedere alla revisione della dichiarazione, d’ufficio o su richiesta del dichiarante”.
In particolare, se:

  • il principio del legittimo affidamento limita la possibilità di reiterare un controllo a posteriori e il riesame dei risultati di un primo controllo a posteriori;
  • se il diritto nazionale di uno Stato membro può stabilire il procedimento per l’esecuzione dei controlli a posteriori e i limiti al riesame dei risultati dei controlli.
  • se la normativa nazionale può prevedere limiti al riesame dei risultati di un primo controllo a posteriori, qualora emerga che la normativa doganale è stata applicata sulla base di informazioni inesatte o incomplete, circostanza che non era nota al momento dell’adozione della decisione sul primo controllo a posteriori.


La decisione della Corte di giustizia
La sentenza, qui in commento, si pronuncia sulla compatibilità del diritto lettone che limitava la possibilità di procedere a ripetute verifiche fiscali e, quindi, del potere delle Autorità doganali di intervenire mediante controlli reiterati sulla dichiarazione doganale, al fine di adottare i provvedimenti necessari alla regolarizzazione della dichiarazione stessa, sulla base di nuovi elementi o di quelli non correttamente valutati in occasione di un primo controllo.
Secondo la Corte di giustizia, gli Stati membri Ue hanno, in via di principio, la competenza ad adottare norme che disciplinino i controlli a posteriori delle dichiarazioni doganali. Nondimeno, precisa la Corte, la misura entro cui uno Stato membro possa prevedere limitazioni al potere di controllo a posteriori delle dichiarazioni deve tener conto della finalità del codice doganale che è quella di garantire una corretta applicazione delle imposte da esso previste e far coincidere la procedura doganale con la situazione reale, correggendo gli errori o le omissioni materiali nonché gli errori di interpretazione del diritto applicabile.
Nel predetto presupposto, secondo i giudici europei, la normativa dell’Unione  consente, in via generale, alle Autorità fiscali degli Stati membri UE di reiterare una revisione o un controllo a posteriori di una dichiarazione doganale e di trarne le conseguenze fissando una nuova obbligazione doganale. Tuttavia, la possibilità per le autorità doganali di procedere a revisioni delle dichiarazioni doganali e di adottare le misure necessarie per regolarizzare la situazione è soggetta al rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, di certezza del diritto e, in quanto corollario di quest’ultimo, dal principio della tutela del legittimo affidamento.
Il principio della certezza del diritto intende garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici e richiede, segnatamente, che la situazione di un debitore, con riferimento ai suoi diritti e ai suoi obblighi nei confronti dell’amministrazione fiscale o doganale, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione. Per quanto riguarda, in secondo luogo, il principio della tutela del legittimo affidamento, rilevano i giudici dell’Unione, qualora un operatore economico prudente e accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento atto a ledere i suoi interessi, egli non può invocare il beneficio di tale principio nel caso in cui tale provvedimento sia adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali.
 

Il limite al potere di controllo della dichiarazione doganale
Sulla base dei predetti chiarimenti, la Corte precisa che il limite al potere di controllo della dichiarazione doganale è ravvisabile solo nella previsione di cui all’articolo 221, paragrafo 3, del codice doganale comunitario, secondo cui le autorità doganali dispongono di un termine di tre anni per procedere alla comunicazione di una nuova obbligazione doganale, dalla data in cui tale obbligazione è sorta. Decorso tale termine, l’obbligazione è prescritta e, pertanto, estinta ai sensi dell’articolo 233 del suddetto codice.
Conseguentemente, nel predetto termine triennale di prescrizione la normativa nazionale di uno Stato membro deve sempre consentire alle autorità doganali di effettuare in maniera reiterata revisioni e controlli a posteriori.
 

Il legittimo affidamento
Sotto il profilo del legittimo affidamento in cui sarebbe incorsa la società, a seguito della definitività del primo controllo, precisa la Corte che un debitore non può nutrire un legittimo affidamento quanto alla validità dei certificati per il fatto che essi siano stati ritenuti inizialmente veritieri dalle autorità doganali di uno Stato membro, dato che le operazioni effettuate da dette autorità nell’ambito dell’accettazione iniziale delle dichiarazioni non ostano affatto all’esercizio di controlli successivi, né pregiudicano le conseguenze che possono derivarne. Infatti, durante il periodo di tre anni dalla data in cui è sorta la prima obbligazione doganale un debitore deve, in quanto operatore economico, accettare il rischio che le autorità doganali rivedano la decisione relativa all’obbligazione doganale tenendo conto dei nuovi elementi di cui eventualmente dispongono a seguito di controlli e adottare i provvedimenti necessari per premunirsi contro tale rischio.

Il valore della buona fede
E’ sempre possibile, rammenta la Corte, per un debitore opporsi a una contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali, invocando la propria buona fede ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale. Tuttavia, tale legittimo affidamento della buona fede del debitore può essere invocato solo se sono state le autorità competenti “medesime” a porre in essere i presupposti sui quali riposava detto affidamento. Circostanze, queste, non sussistenti nel caso concreto in esame, in cui controllo delle Autorità doganali era stato reiterato a seguito di un’informazione relativa al certificato d’origine, risultante da una relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) che non era nota alle autorità doganali alla data dell’adozione della decisione relativa al primo controllo.



Data della sentenza
10 dicembre 2015
Numero della causa
C-427/14
Nome delle parti
• Valsts ieņēmumu dienests
contro
• Veloserviss SIA

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