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Giurisprudenza

Corte Ue, per le deduzioni fiscali
reddito interno o estero pari sono

Al centro della controversia esaminata il metodo per calcolare il limite massimo dell’imputazione della ritenuta alla fonte nell’ambito delle convenzioni bilaterali

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La controversia verte sull’interpretazione dell’articolo 63 del TFUE ed è stata presentata nell’ambito di una controversia tra due coniugi, contribuenti tedeschi, e l’Amministrazione finanziaria tedesca in ordine alla determinazione, nell’ambito dell’applicazione di convenzioni bilaterali dirette ad evitare  le doppie imposizioni, del limite massimo  dell’imputazione della ritenuta alla fonte effettuata all’estero all’imposta sul reddito dovuta, a titolo dei redditi illimitatamente imponibili.
 
I termini della controversia
I coniugi sono stati assoggettati congiuntamente in Germania all’imposta sul reddito. Tutti i redditi mondiali sono stati assoggettati ad imposta: inoltre, nel corso dell’esercizio fiscale controverso, hanno percepito, in aggiunta ai loro redditi realizzati in Germania, redditi da capitale provenienti da loro partecipazioni di minoranza in diverse società di capitali aventi sede in altri Stati membri. I coniugi hanno percepito dividendi a titolo di partecipazioni per un importo che ha dato luogo al pagamento, nei diversi Stati di origine di tali dividendi, di imposte estere.
In attuazione di convenzioni dirette ad evitare le doppie imposizioni, la Germania, quale Stato di residenza dei ricorrenti, può prelevare un’imposta sui dividendi di origine estera. Al fine di evitare la doppia imposizione giuridica di tali dividendi,  la ritenuta alla fonte effettua all’estero è imputata all’imposta sul reddito dovuta, fino a concorrenza dell’imposta tedesca gravante sui redditi.
 
La normativa vigente in Germania
La normativa tedesca prevede un limite massimo dell’imputazione della ritenuta alla fonte effettuata all’estero all’imposta sul reddito dovuta dal soggetto passivo, a titolo dei redditi illimitatamente imponibili. L’Amministrazione fiscale tedesca avrebbe tenuto conto, per il calcolo del limite massimo dell’imputazione, della somma dei redditi prima che fossero computate le deduzioni generali corrispondenti alle spese speciali e agli oneri straordinari, come le spese relative alle esigenze della vita quotidiana o alla situazione personale o familiare.
Tutto ciò premesso, i contribuenti hanno proposto ricorso contro tale imposizione sottoponendo al vaglio pregiudiziale della Corte UE la seguente questione: se l’articolo 63 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea), sulla libera circolazione dei capitali, osti alla normativa di uno Stato membro per la quale, nel rispetto delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, nel caso di persone soggette illimitatamente ad imposta i cui redditi prodotti all’estero siano soggetti, nello Stato in cui tali redditi sono prodotti a una imposta corrispondente all’imposta nazionale sul reddito. E che l’imposta pagata all’estero sia imputata all’imposta nazionale sul reddito sui redditi provenienti da questo Stato, in modo tale che l’imposta nazionale sul reddito calcolata sulla base del reddito imponibile, comprensivo di quello estero, sia frazionata in funzione della proporzione tra i redditi esteri e la somma dei redditi, senza considerare le spese straordinarie e gli oneri eccezionali come i costi di natura personale e quelli legati alle circostanze personali e familiari.
 
Le valutazioni della Corte
La Corte rileva che le misure vietate dall’articolo 63 del TFUE, in quanto restrittive della libera circolazione dei capitali, comprendono quelle idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di tale Stato membro dal farne in altri.
Con riferimento al caso di specie, il metodo per il calcolo del limite massimo dell’imputazione della ritenuta alla fonte effettuata all’estero, prevista dalla specifica disciplina tedesca, non tiene conto delle spese relative alle esigenze della vita quotidiana e alla situazione personale e familiare del contribuente.
La normativa controversa segue la logica per cui il contribuente residente beneficia interamente delle deduzioni di tipo personale e familiare se tutti i suoi redditi sono stati percepiti in Germania, mentre ciò non avviene quando una parte dei suoi redditi è stata percepita all’estero.
Una parte di tali deduzioni non è quindi computata dalla Stato di residenza ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito dei contribuenti.
La Corte respinge l’argomentazione della controparte secondo cui la normativa in questione non sarebbe contraria alla libera circolazione dei capitali in quanto l’integralità delle deduzioni di natura personale e familiare è stata computata nel calcolo dell’importo dell’imposta sul reddito dovuta, che costituisce la prima parte della formula utilizzata per determinare il limite massimo dell’imputazione della ritenuta alla fonte effettuata all’estero.
I contribuenti residenti in uno Stato membro che hanno percepito una parte del loro reddito all’estero sono svantaggiati rispetto ai contribuenti residenti nel medesimo Stato membro che hanno percepito in quest’ultimo l’integralità dei loro redditi e che beneficiano pertanto dell’integralità delle deduzioni corrispondenti alle spese speciali e agli oneri straordinari in quanto spese relative alle esigenze della vita quotidiana o alla situazione personale o familiare.
Pertanto, tale differenza di trattamento è idonea a dissuadere persone assoggettate all’imposta in uno Stato membro dall’investire i loro capitali in società aventi sede in un altro Stato membro o in uno Stato terzo.
Ne consegue che una normativa, quale quella controversa in esame, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali di cui all’articolo 63 del TFUE.

Le conclusioni della Corte
Secondo l’articolo 63 del TFUE è contraria al diritto Ue la normativa di quello Stato che, a contribuenti assoggettati illimitatamente all’imposta, nell’ambito di un regime diretto a limitare la doppia imposizione, consenta di assolvere, sui redditi di origine estera e nello Stato di origine di detti redditi, un’imposta equivalente all’imposta sul reddito prelevata da questo Stato membro più l’imputazione dell’imposta estera e che l’importo dell’imposta sul reddito sia effettuata moltiplicando l’importo dell’imposta dovuta, a titolo dei redditi imponibili nello Stato membro e comprensiva dei redditi di origine estera, per il rapporto tra i redditi di origine estera e la somma dei redditi. Tale somma, ricorda la Corte, non tiene conto delle spese speciali e degli oneri straordinari che sono spese per le esigenze di vita quotidiana, la situazione familiare e personale.



Fonte:
Data della sentenza
28 febbraio 2013
Numero della causa
Causa C-168/11 
Nome delle parti
Manfred Beker, Christa Beker
contro
Finanzamt Heilbronn
 
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